'Rumiyah', la rivista dello Stato islamico per la conquista di Roma
Analisi di Valentina Colombo
Nel novembre 2006 lo Stato Islamico in Iraq, a pochi mesi dalla morte del proprio leader Abu Mus’ab al-Zarqawi, pubblicava un discorso del successore di quest’ultimo Abu Hamza al-Muhajir dal titolo “Il giudizio spetta solo ad Allah” che conteneva la seguente esortazione: “O muwahhidin, per Allah, non ci fermeremo nel nostro jihad se non sotto gli ulivi di Rumiyah (Roma)”. È quantomeno interessante che il 5 settembre scorso, ovvero a pochi giorni dalla morte di Abu Muhammad al-‘Adnani – responsabile dell’Emni, i servizi segreti dello Stato islamico, e mente degli attentati in Occidente - l’ufficio stampa Al-Hayat dell’ISIS abbia lanciato non solo una nuova rivista dal titolo Rumiyah, ma che abbia anche sottotitolato quest’ultimo con l’appena menzionata frase di Abu Hamza che viene altresì lodato e celebrato all’interno della pubblicazione con un articolo che ne narra la vita e le prodezze.
Rumiyah non è solo più agile e leggera quantitativamente con circa 38 pagine rispetto alle circa 80 pagine di un numero di Dabiq, la rivista ufficiale dello Stato Islamico, ma rappresenta altresì una svolta tattica della principale organizzazione jihadista dei nostri tempi. Rumiyah si pone a metà strada tra Dabiq, di cui mantiene la struttura grafica e i contenuti diversificati dal semplice aggiornamento sulle operazioni militari agli approfondimenti dottrinali e giuridici, e la newsletter al-Nabà, cui si avvicina come peso e numero di pagine. Le prossime settimane confermeranno se la cadenza sarà quella di Dabiq, quella di al-Nabà oppure una via di mezzo. Per ora il dato certo è che la rivista è stata lanciata in contemporanea in sette edizioni diverse in inglese, francese, tedesco, turco, indonesiano, pashtun e uyguro, mentre pare non esistere in arabo.
Il messaggio più chiaro deriva dal titolo Rumiyah che, come già accennato, indica un mutamento di prospettiva e tattica. Da Dabiq, che fa riferimento alla località in Siria dove secondo un detto di Maometto avverrà lo scontro finale tra musulmani e cristiani e aprirà la via alla conquista di Roma, si è passati a Rumiyah, termine con cui si indica sempre in un detto profetico Roma e la sua conquista. Quindi da un focus in Medio Oriente, lo Stato islamico sembra, nel momento in cui i territori centrali e la Libia sono messi a ferro e fuoco, volgere la propria attenzione e quella dei propri adepti e i propri obiettivi in Occidente e usare come obiettivo finale Roma che nell’immaginario jihadista rappresenta l’Occidente, il cuore della cristianità e il luogo della riconquista finale. Innanzi alla perdita di una figura di raccordo e carisma come al-‘Adnani si tratta di una mossa strategica e pragmatica e inoltre corrisponde appieno a quanto affermato di recente da Rob Wainwright, direttore dell’Europol, circa la decisione dello Stato Islamico di preparare nuovi attentati in Europa grazie anche al rientro di numerosi foreign fighters dal Medio Oriente. A questo riguardo, un’analisi dei contenuti delle tre edizioni in lingue europee (inglese, francese, tedesco) attesta che potrebbero esserci però strategie diverse a secondo dei paesi e delle condizioni esterne.
Le tre edizioni, se presentano un minimo comune denominatore, contengono altresì dei messaggi specifici per il proprio pubblico. Ad esempio, l’edizione inglese contiene un articolo, dal titolo eloquente “The Kafir’s blood is halal for you, so shed it” (Il sangue del miscredente è lecito per voi quindi spargetelo), che si conclude come segue: “Ai musulmani che attualmente vivono nel territorio della miscredenza (dar al-kufr) bisogna rammentare che il sangue dei miscredenti è lecito ed ucciderli è una forma di adorazione di Allah, il Signore, il Re e Dio dell’umanità. Ciò include uccidere l’uomo d’affari che si reca al lavoro in taxi, i giovani adulti (una volta entrati nella pubertà) che praticano gli sport al parco, il vecchio che è in coda per acquistare un panino. Anche il sangue del venditore di fiori miscredente è un dovere.” In altre parole, viene dato il semaforo verde a colpire nel modo più semplice, banale e quindi meno intercettabile, come è già accaduto in Francia, Belgio e Germania.
Nell’edizione tedesca il capitolo appena citato viene sostituito da uno simile quanto a messaggio generale, ma con un focus diverso. Il titolo, scritto con caratteri grondanti sangue su una fotografia in cui si riconoscono Papa Francesco e padre Jacques Hamel, è “Das Urteil über die Tötung von Mönchen und Priestern” (Il giudizio sull’uccisione di monaci e preti). Qui si ribadisce che il sangue dei miscredenti è lecito sia che attacchino o meno i credenti, ma al contempo si precisa che monaci e preti non sono da escludere a meno che non si tratti di veri e propri eremiti che non si mescolano per nulla con i miscredenti. L’appello finale, più ampio e dettagliato rispetto a quello inglese che sembra indicare di colpire persone comuni, è il seguente: “O tu combattente, ovunque ti trovi, uccidi i miscredenti ovunque li trovi, sia che si tratti di cosiddetti civili oppure di militari, catturali e uccidili sia che si tratti di miscredenti comuni o guide dei miscredenti come pastori, sacerdoti, vescovi o papi.” Si tratta tuttavia ancora una volta di un appello ad attacchi più isolati che coordinati.
L’edizione francese invece si contraddistingue per l’assenza dell’appello ad attaccare che potrebbe essere un richiamo alla calma e alla cautela nel momento in cui molte indagini sono in corso non solo in Francia, ma anche in Belgio. D’altronde nei giorni scorsi, un canale Telegram legato allo Stato islamico in francese metteva in guardia “i lupi solitari in Europa in generale e in Francia in particolare” di prendere precauzioni perché “molti fratelli sono stati perquisiti e arrestati prima di effettuare le loro operazioni, per questo motivo consigliamo ai nostri fratelli di eliminare ogni cosa che si riferisca allo Stato Islamico, sia che si tratti di fotografia/video o applicazioni e soprattutto di passare all’azione prima che sia troppo tardi.”
Con la rivista Rumiyah, lo Stato islamico ha deciso di investire nella comunicazione rivolta a tutte le aree periferiche da Occidente a Oriente, dall’Europa all’Indonesia, affinché la macchina dei simpatizzanti e adepti si metta nuovamente in moto, per creare quel terrore del quale si nutre la sua credibilità e la sua azione. Gli ordini impartiti sono tanto chiari, quanto inafferrabili, ma non v’è dubbio che se lo Stato islamico vuole sopravvivere deve agire e dimostrare la propria forza. E Rumiyah, con le sue sette edizioni mirate, è ormai parte integrante dell’ennesima operazione di pubbliche “relazioni pericolose” dello Stato islamico.
Valentina Colombo