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Corriere della Sera Rassegna Stampa
04.09.2016 Ma è Israele il 'guardiano' del mondo libero?
Un ragionamento sballato di Sergio Romano

Testata: Corriere della Sera
Data: 04 settembre 2016
Pagina: 39
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Perchè Israele si astiene dal fare la guerra all'Isis»

Riprendiamo da CORRIERE della SERA di oggi, 04/09/2016, a pag.39, con il titolo
"Perchè Israele si astiene dal fare la guerra all'Isis" la risposta di Sergio Romano a un lettore.

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Sergio Romano

Romano avrebbe potuto rispondere con un ragionamento molto più semplice: Israele - a differenza degli Usa -il fu impero guardiano del mondo libero - ha il suo da fare a difendersi dal terrorismo arabo-palestinista, non si capisce perchè dovrebbe sostituirsi a quelle potenze - come le definisce Romano più armate ma di certo non più attrezzate - che sono direttamente colpite da Califfato.
Romano preferisce lasciarsi andare  ai ricordi, citando una presunta 'obbedienza' a Washington di Israele, che in ogni caso non spiega nulla di quanto avviene oggi.

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Israele 'guardiano'del mondo libero?

Mi scuso per la domanda posta probabilmente in modo semplicistico e forse anche infondata, ma Israele «fa qualcosa» o, se già lo fa, potrebbe fare di più per combattere l'Isis? Più in generale, si sente al riguardo «parte» dell'Europa con le implicazioni del caso nei tragici attuali frangenti o ritiene di essere già troppo impegnata sul fronte palestinese?

Paolo Quattrin studioquattrin@gmail.com

La risposta di Sergio Romano:

Caro Quattrin,

Forse dovremmo chiederci anzitutto perché l'Isis si sia astenuto sinora dall'organizzare in territorio israeliano attentati comparabili a quelli di cui è stato responsabile in Francia, Belgio e Turchia. Leggo in alcuni blog che il «Califfato» non vorrebbe misurarsi militarmente con un Paese di cui conosce l'esperienza e l'efficacia. Ma questo non gli ha impedito di sfidare la Francia e la Turchia che sono, insieme alla Gran Bretagna, i Paesi più armati e attrezzati d'Europa. Credo piuttosto che la prudenza dell'Isis sia dovuta alle misure di sicurezza con cui lo Stato ebraico, dopo l'inizio della Intifada dei coltelli, controlla il proprio territorio. Gli islamisti di Al Baghdadi sono pronti a morire per il successo di operazioni particolarmente pericolose, ma preferiscono colpire là dove hanno maggiori possibilità di raggiungere l'obiettivo prima di immolarsi. Quanto alla prudenza di cui Israele darebbe prova verso l'Isis, esiste un episodio precedente che può servire a comprenderne i motivi. Nel iggi, quando gli Stati Uniti invasero l'Iraq per costringerlo ad abbandonare il Kuwait, di cui si era impadronito un anno prima, Saddam Hussein reagì colpendo il territorio israeliano con un lancio di missili Scud. Israele si preparava a reagire, ma fu fermato dall'intervento del presidente degli Stati Uniti (era George H. W. Bush) e del suo segretario di Stato. Gli americani sapevano che Saddam stava cercando di trasformare il conflitto in una ennesima guerra arabo-israeliana e volevano impedire che questo accadesse. Gli israeliani prestarono attenzione ai consigli di Washington e sopportarono pazientemente la pioggia degli Scud sino a quando gli iracheni dovettero concentrarsi sulla difesa del loro territorio. Oggi, molto probabilmente, gli israeliani sanno che una eventuale azione militare contro l'Isis consentirebbe al «Califfo» di proclamare la «guerra santa» contro lo Stato ebraico e di mettere in imbarazzo alcuni Paesi musulmani. Gli Stati Uniti e altri Paesi occidentali ne sono consapevoli e non mi risulta che facciano pressioni sul governo di Gerusalemme per coinvolgerlo.

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lettere@corriere.it

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