Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 01/09/2016, a pag.12, con il titolo "Israele,sì ad altre 466 case nelle colonie. L'America: 'Profondamente preoccupati' " un redazionale preceduto dal nostro commento.
Il quotidiano dei vescovi lancia l'allarme: Achtung! l'America è profondamente preoccupata! Perchè cosa?
1. la notizia è vecchia di qualche mese, ma dato che può servire per attaccare Israele, Avvenire la riprende. Costruire nei territori dell'area C, rientra negli Accordi di Oslo. Lo fanno i palestinisti nell'area A, non si capisce perchè debba fare altrettanto Israele nell'area C.
2. Avvenire segue attenzione le attività della Ong israeliana Peace Now, ci stupiremmo del contrario. Ci piace l'avverbio 'costantemente', per sottolineare il pesante lavoro che quei poveri disgraziati di 'pacifisti' di Peace Now devono sobbarcarsi ogni giorno. Hanno tutta la nostra comprensione. Avvenire però li segue sempre, questo dovrebbe alleviare le loro sofferenze.
Tutto il tono della breve sa poi di ramanzina a quei birbanti di israeliani, se ne stessero un po' più calmi, che sarà mai ! prendano esempio dai consigli del Papa, porgano l'altra guancia!
Non ci crede più nessuno, ma rimane una litania buona a tutti gli usi
Ecco il pezzo:
Nonostante i ripetuti appelli inter-nazionali al congelamento dell'attività edilizia nelle colonie, Israele ha approvato la costruzione di 466 nuove case per i coloni negli insediamenti in Cisgiordania. La denuncia arriva da Peace Now, Organizzazione israeliana che monitora costantemente la situazione nei Territori occupati. Delle 466 abitazioni, 50 hanno ricevuto l'approvazione finale, mentre per 237 è arrivata la luce verde iniziale. Oltre a queste, sono state legalizzate retroattivamente altre 179 case già realizzate nella colonia di Ofarim. L'aggressività edilizia israeliana è uno dei principali ostacoli alla ripresa del processo di pace con i palestinesi. Per questo gli Stati Uniti hanno espresso «profonda preoccupazione» per la decisione di Israele di autorizzare le nuove costruzioni. E alle parole di Washington si sono presto unite quelle di altri Stati che hanno condannato la decisione di Gerusalemme, possibile miccia di nuove tensioni in un contesto già estremamente difficile. Sempre ieri, per esempio, l'Esercito israeliano, in un'operazione condotta in collaborazione con lo Shin Bet (la sicurezza interna), ha chiuso «per istigazione» la stazione radio palestinese Al-Sanabel a Dura, a sud di Hebron, in Cisgiordania, arrestando cinque persone e confiscando equipaggiamenti tecnici e trasmettitori. L'agenzia palestinese Maan ha evidenziato che il fatto è avvenuto a pochi giorni dalla denuncia dell'Ong palestinese Mada (che monitora la libertà di stampa), secondo cui le violazioni israeliane contro i media nei Territori «sono aumentate del 17% nel 2016».
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