Riprendiamo dal FATTO quotidiano di oggi, 28/08/2016, a pag.14, con il titolo "Al Baghdadi, dimmi in che prigione americana sei stato e ti dirò chi sei" il pezzo di Giampiero Gramaglia.
Al Baghdadi
Agli Stati Uniti si possono rivolgere molte critiche, a patto che siano motivate. Non ci pare sia questo il caso del carcere Abu Ghraib, simile a quello di Guantanamo, dove ai reclusi vengono garantiti tutti i diritti tranne uno: la libertà. Poi possono studiare, laurearsi, l'uso degli strumenti informatici, la cucina halal se musulmani e via dicendo. Possono anche venire traslocati nei paesi d'origine o in carceri di altri paesi. Anche l'Italia ne ha accettati alcuni.
Che Abu Ghraib fosse un luogo dove avvenivano episodi decisamente condannabili è vero. Ma va anche detto che Al Bghdadi ci è rimasto qualche mese e poi se n'è uscito per continuare la sua missione criminale. Persino Gramaglia, che se potesse scriverebbe Amerika con la kappa, riconosce che gli americani l'hanno liberato per 'buona condotta', commettendo un grave errore. Gramaglia si decida, i militari Usa o sono fanatici torturatori dei loro prigionieri o sono dei bonaccioni, nemmeno in grado di riconoscere un terrorista come Al Baghdadi. Gramaglia è poi sempre in attesa di sapere che fine ha fatto il Califfo, non glielo dicono gli altri giornali stranieri, non glielo dicono gli americani, perchè non si fa un giretto lui da quelle parti, ha presente quello che si chiama giornalismo investigativo ?
Ecco l'articolo:
Giampiero Gramaglia
Magari adesso ne sappiamo un po' di più del suo passato, stile 'dimmi in che prigione sei stato e ti dire chi sei': se hai frequentato' le universite del jihadismo per antonomasia, come le carceri americane di Abu Ghraib e Camp Bucca, e ne sei uscito con una patente di buona condotta, sei quasi destinato a essere Califfo, sia pure autoproclamato. Ma di sicuro continuiamo a saperne ben poco del suo presente: che cosa faccia ora, dove sia, in che condizioni viva (se vive). Non abbiamo più notizie certe da oltre due anni di Ibrahim Awad Ibrahim al-Badry, alias Abu Bala al Baghdadi, Califfo del sedicente Stato islamico dal 29 giugno 2014: l'ultima sua immagine risale al 5 luglio 2014, una settimana dopo l'autoproclamazione, quando tenne un discorso nella Grande Moschea al-Nun i di Mosul, citta da poco presa dalle sue milizie. Da allora, l'integralista terrorista che era stato combattente contro l'occupazione americana e aveva poi guidato al Qaida in Iraq prima di affrancarsene e creare la sua propria rete, è stato dato più volte per ferito o addirittura ucciso, sotto i bombardamenti o in scontri armati, ma l'intelligence Usa non ha mai avallato tali informazioni. C'è chi l'ha segnalato a Sirte, quand'era una roccaforte jihadista in Libia, a Raqqa in Siria, a Mosul o altrove in Iraq. Ma nessuna notizia è sicura. Che al Baghdadi avesse perfezionato odio versogli Stati Uniti nelle prigioni americane in Iraq era già noto. IL sito The Intercept di Gleen Greenwald, ex reporter del Guardian e partner della talpa dell'Nsa Edward Snowden, nel diffondere le intercettazioni di massa dei servizi americani, ha ora rivelato qualche dettaglio supplementare, ci-ando fonti dell'Esercito Usa. Risulta che il futuro Califfo fu detenuto ad Abu Ghraib, una trentina di chilometri a sud di Baghdad, dal 4 febbraio 2004, quando fu catturato a Fallujah, uno dei focolai dell'insurrezione, al 13 ottobre. Poi venne trasferito a Camp Bucca, nel sud dell'Iraq, vicino a Bassora: Ii restò appena due mesi, dal 14 ottobre al 9 dicembre, quando venne rilasciato, dopo che una indagine di un Comitato congiunto ne raccomande la "liberazione incondizionata", giudicandolo una figura di basso profilo. Una circostanza talmente improbabile da alimentare nel tempo teorie del complotto d'ogni genere. Fino a qualche tempo fa, si credeva che al-Baghdadi fosse stato detenuto fino al 2009. Poi si seppe che la sua prigionia era durata appena 10 mesi: il percorso carcerario del futuro Califfo non è certo al100 %, ma la ricostruzione di The Intercept appare compatibile con i documenti disponibili. Il detenuto Ibrahim Awad Ibrahim al-Badry è identificato dalla matricola US91Z-157811CI: le cifre 157 stanno per il carcere di Abu Ghraib, ha riconosciuto un portavoce dell'Esercito, Troy Rolan; ma i documenti di al-Badry non citano mai esplicitamente la prigione della vergogna'. Abu Ghraib è l'infemo dove m ilitari americani in qualità di guardie umiliavano e torturavano prigionieri, aizzando loro contro i cani, tenendoli al guinzaglio, accatastandoli nudi, sottoponendoli a scosse elettriche: le immagini di quelle abiezioni cominciarono a fare comprendere agli Usa quanto l'invasione dell'Iraq fosse sbagliata e foriera di altri terrori.
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