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La Repubblica-Il Foglio Rassegna Stampa
26.08.2016 Anna Frank non è siriana
Quando lo scoop diventa negazionismo: è il caso di Nicholas Kristof

Testata:La Repubblica-Il Foglio
Autore: Nicholas Kristof-Editoriali: IC,Il Foglio
Titolo: «Perchè la bambine della Siria sono le nostre nuove Anna Frank-Anne Frank non è siriana-»

Pubblicato ieri sul New York Times, viene ripreso oggi, 26/08/2016, da REPUBBLICA a pag.1/25.  Lo riprendiamo, facendolo seguire da un nostro commento e da quello, molto approppriato del FOGLIO a pag.3.

La Repubblica-Nicholas Kristof: " Perchè la bambine della Siria sono le nostre nuove Anna Frank "

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Amsterdam - Il 30 aprile del 1941, un ebreo di Amsterdam scriveva una lettera disperata a un amico americano, supplicandolo di aiutarlo a emigrare negli Stati Uniti. Sono il solo Paese in cui potremmo andare», scriveva. «È soprattutto per il bene dei bambini». Una volontaria ha trovato questo accorato appello nel 2005, mentre metteva in ordine vecchie pratiche di profughi della Seconda guerra mondiale a New York. Non sembrava avere nulla di diverso da un’innumerevole quantità di altre pratiche del genere, finché non ha visto i nomi dei bambini. «Dio santo», disse, «ma questa è la pratica di Anna Frank». La lettera era una delle tante scritte da Otto Frank, che cercava di scampare alla persecuzione nazista ottenendo un visto per l’America, la Gran Bretagna o Cuba, ma andò a sbattere contro l’indifferenza del mondo alla sorte dei profughi ebrei. Sappiamo tutti che i ragazzi Frank furono assassinati dai nazisti: meno noto è che a segnare il destino di Anna fu una cinica paura nei confronti dei rifugiati, fra le persone più disperate del pianeta. Vi suona familiare? Il presidente Obama si è impegnato ad ammettere nel Paese 10.000 profughi siriani, una quantità minuscola, appena lo 0,2 per cento del totale, e Hillary Clinton ha lasciato intendere di volerne accogliere di più. Donald Trump ha attaccato duramente entrambi per la loro disponibilità ad accogliere, e ha invocato un divieto di ingresso per i musulmani. La paura del terrorismo ha fatto dei profughi di fede islamica una merce tossica in Occidente, e quasi nessuno li vuole, esattamente come nessuno voleva una ragazzina tedesca-olandese di nome Anna. «Nessuno nasconde sé e la propria famiglia nel cuore di una città occupata se non ha esaurito tutte le altre possibilità», osserva Mattie J. Bekink, consulente della Casa di Anna Frank ad Amsterdam. «Nessuno porta il suo bambino su una nave che cade a pezzi per attraversare il Mediterraneo se non è disperato». Io sono figlio di un profugo della Seconda guerra mondiale. Come lascia intendere Bekink, i paralleli con la situazione odierna sono impressionanti. Per la famiglia Frank, una nuova vita in America sembrava fattibile. Anna aveva studiato stenografia inglese e suo padre parlava la lingua, aveva vissuto sulla 71ª strada ovest a Manhattan ed era amico di Nathan Straus Jr., un funzionario dell’amministrazione Roosevelt. L’ostacolo era la diffidenza degli americani verso i profughi, una diffidenza più forte della solidarietà. Dopo la Notte dei Cristalli, il pogrom antiebraico del 1938 in Germania, un sondaggio indicò che il 94% degli americani disapprovava il trattamento degli ebrei da parte dei nazisti, ma il 72% rimaneva contrario ad ammetterne un gran numero nel Paese. Le ragioni di questa contrarietà erano le stesse del rigetto che osserviamo oggi nei confronti dei siriani o degli honduregni: dobbiamo pensare prima agli americani, non possiamo accettare tutti, ci toglieranno il lavoro, sono pericolosi e diversi. «Se continueranno a essere il rifugio e l’ospizio di carità del pianeta, presto manderemo in rovina la vita economica» avvisava la Camera di commercio di New York nel 1934. Sento già le obiezioni di alcuni lettori: ma gli ebrei non erano una minaccia come sono i profughi siriani! Ma negli anni 30 e 40 era gli ebrei erano visti da molti come potenziali comunisti o addirittura nazisti. C’erano diffusi timori che la Germania potesse infiltrare spie e sabotatori facendoli passare per profughi. «Quando la sicurezza del Paese è in pericolo, sembra pienamente giustificabile risolvere ogni possibile dubbio in favore del Paese, piuttosto che in favore degli stranieri», erano le istruzioni diramate dal dipartimento di Stato nel 1941. Il New York Times nel 1938 citava la nipote del presidente Ulysses Grant mettendo in guardia dai «cosiddetti profughi ebrei» e insinuando che si trattasse di comunisti «che vengono in questo Paese per unirsi alle fila di coloro che odiano le nostre istituzioni». I mezzi di informazione contribuivano, tragicamente, a diffondere la xenofobia: il New York Times pubblicò un articolo in prima pagina sui rischi che gli ebrei diventassero spie naziste, e il Washington Post pubblicò un editoriale che ringraziava il Dipartimento di Stato per il suo impegno nel tenere fuori dal Paese nazisti mascherati da rifugiati. In questo clima, Otto Frank non riuscì a ottenere i visti per i suoi familiari. La storia fa rima con se stessa. Come ho periodicamente sostenuto, la riluttanza del presidente Obama a fare di più per mettere fine alla carneficina siriana getta un’ombra sul bilancio della sua presidenza, e non c’è alcuna scusante per l’incapacità collettiva del mondo di garantire che i bambini siriani profughi nei Paesi confinanti possano almeno andare a scuola. Oggi, per nostra vergogna, Anna Frank è una bambina siriana.

Informazione Corretta: " Quando lo scoop diventa negazionismo: è il caso di Nicholas Kristof"

L'opinione di Nicholas Kristof è di quelle che si possono definire come
" negazionismo umanitario". Da un lato ci fa sapere quanto si sente coinvolto nei crimini causati da guerre civili che stanno sconvolgendo il Medio Oriente arabo musulmano, dall'altro, come succede spesso ad alcuni intellettuali che sentono il bisogno di liberarsi dal peso dei sensi di colpa sulla Shoah, ne sottopone il ricordo a una dose massiccia di revisionismo, sino a giungere a un vero e proprio negazionismo. Anna Frank è lo strumento adatto per una speculazione ignobile. Va bene per finire sul New York Times e garantisce una traduzione sui maggiori giornali internazionali.

Il Foglio-Editoriale: "  Anne Frank non è siriana "

Suona familiare?”, ha chiesto ieri sul New York Times Nicholas Kristof nel paragonare Anne Frank ai migranti siriani. “Per la famiglia Frank, una nuova vita in America sembrava possibile. Anne aveva studiato stenografia inglese, suo padre parlava inglese e aveva vissuto sulla West 71st Street a Manhattan. L’ostacolo è stata una diffidenza americana verso i profughi. Le ragioni per l’opposizione erano le stesse di oggi per respingere i siriani. Oggi, per nostra vergogna, Anne Frank è una ragazza siriana”. Come è possibile paragonare gli ebrei degli anni Quaranta, ghettizzati, messi sui treni, espropriati dei loro beni, marchiati con la stella gialla, infine gassati con lo Zyklon B nei campi di concentramento, alle attuali vittime delle guerre in medio oriente, i bimbi di Aleppo, i migranti che cercano di raggiungere l’Europa? Nessun siriano, centroafricano o iracheno, se non i cristiani e gli yazidi massacrati dall’Isis, è oggi sottoposto a genocidio industriale. Non è soltanto un paragone sinistro, stabilito anche dalla vicepremier svedese Asa Romson fino a Emma Bonino. E’ pure politicamente fallace. I campi di concentramento in Europa, e quel che restava dell’ebraismo europeo, sono stati liberati dalle forze angloamericane in una guerra giusta e nobile. Oggi i liberal come Kristof non sanno far altro che piangere, alzare le mani e lasciare che il medio oriente imploda su se stesso. Non si ricordano eroici editoriali del New York Times quando gli americani scoprirono altre fosse comuni, quelle che Saddam Hussein aveva approntato per sciiti e curdi. Dunque no, caro Kristof, non suona affatto familiare.

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