Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 19/08/2016, a pag.3, con il titolo: "I cattivi maestri francesi dell'islamofobia che predicano l'islamismo", il commento di Mauro Zanon.
Approfondito come sempre il commento di Mauro Zanon, al quale vorremmo però chiedere di cancellare l'uso del verbo "radicalizzarsi" e suoi derivati. Lasci che lo usino i giornaloni, che non hanno il coraggio di chiamare le cose con il loro nome.
Ecco l'articolo:
Mauro Zanon Marwan Muhammad
Per la gauche radicale è l’esempio lampante di compatibilità tra islam e valori repubblicani, Libération gli ha messo per molto tempo a disposizione le sue pagine di opinione per accusare il primo ministro francese, Manuel Valls, di incarnare “la République del disprezzo”, e nei talk-show parigini è un evergreen quando c’è da rappresentare il cosiddetto islam moderato. Ma di moderato, nella figura di Marwan Muhammad, leader del Collectif contre l’islamophobie en France (Ccif) e protagonista in questi giorni dell’acceso dibattito attorno all’affaire burkini, c’è ben poco. Nel suo ultimo numero, il Canard enchaîné ha raccontato in un’inchiesta la vera storia di Muhammad, che a cadenza mensile accusa la Francia di “islamofobia di stato” e di contribuire con le sue politiche all’“esclusione dei musulmani”. Il settimanale parigino ha fatto un riassunto, nel suo ultimo numero, del pedigree molto poco democratico di Marwan Muhammad, evocando un momento del suo passato stranamente di- menticato da quell’ultrasinistra che lo invita a colloqui e tavole rotonde per pontificare su come la Francia deve comportarsi con la comunità musulmana. Muhammad, “l’esperto di statistica dall’aria pulita”, scrive il Canard enchaîné, con la barba curatissima e la camicia stiratissima, ha lavorato come consigliere presso l’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo, principale istituzione dell’Osce (l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) nel campo della dimensione umana, quale responsabile delle questioni di islamofobia nei paesi membri de l’organizzazione. Ma invece di portare avanti la causa, il presidente del Ccif ha approfittato del suo posto per fare “lobbying pro islamista”, come raccontato dal Canard Enchaîné, fino a quando alcuni suoi colleghi non hanno spalancato gli occhi sul suo doppio gioco, costringendolo alle dimissioni. Il leader del Ccif, che ha annunciato di voler attaccare per vie legali tutti i sindaci che in questi giorni hanno emesso ordinanze anti burkini, è spesso invitato nel Regno Unito, alla televisione e nelle moschee dell’est londinese, come esperto del tema dell’“islamofobia à la francese”. In Francia, non si fa problemi a partecipare a conferenze in presenza dell’imam radicale di Aubervilliers, Hassen Bounamcha, e neppure con l’ormai celebre imam di Brest, Rachid Abou Houdeyfa, quello che disse a un gruppo di bambini (il video è facilmente reperibile su YouTube) che se ascoltavano la musica si sarebbero “trasformati in scimmie e maiali” e che una “donna senza velo è senza onore e merita lo stupro”. “Des islamistes avance mosquée”, ha titolato il Canard enchaîné, giocando con le parole “mosquée”, moschea, e “masqué”, mascherato. Il leader del Ccif è il massimo esempio di islamista col sorriso, esperto nella pratica della taqiyya, la dissimulazione islamica, e ancor più abile nell’instillare il senso di colpa nei francesi e nei loro rappresentanti politici, accusandoli di essere “islamofobi” e di non favorire la conviven- za. Nel luglio scorso, per esempio, la sua associazione ha costretto la ministra della Salute, Marisol Touraine, a comparire davanti all’Onu per rispondere alle accuse di un rapporto fabbricato dallo stesso Ccif sull’“islamofobia istituzionale” in Francia. “In Francia, l’islamofobia, una forma di razzismo e di sessismo, è ampiamente istituzionale. Lo stato francese e le sue istituzioni sono responsabili del 70 per cento degli atti islamofobi”, si legge nel rapporto. E ancora: “L’islam e i musulmani sono criminalizzati” attraverso il divieto di portare il velo. Davanti al premier Valls, Muhammad arrivò a dire che la “disoccupazione è islamica”. Nella Francia in cui l’islamofobia sembra una colpa più grave della radicalizzazione, Muhammad è solo uno dei tanti cattivi maestri e professionisti dell’antirazzismo che dietro a un volto istituzionale nascondono l’odio nei confronti della società che li accoglie
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