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La Repubblica Rassegna Stampa
12.08.2016 'Se l'italia mi estrada in Iran sono un uomo morto'
Paolo Berizzi intervista il dissidente iraniano Mehdi Khosravi

Testata: La Repubblica
Data: 12 agosto 2016
Pagina: 8
Autore: Paolo Berizzi - Lucia Tironi
Titolo: «Il dissidente iraniano: 'Se l'Italia mi estrada sono un uomo morto'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 12/08/2016, a pag. 8, con il titolo "Il dissidente iraniano: 'Se l'Italia mi estrada sono un uomo morto' ", l'intervista di Paolo Berizzi e Lucia Tironi a Mehdi Khosravi.

L'Iran chiede al governo italiano l'estradizione di un rifugiato politico nel nostro paese e la risposta è la carcerazione per 5 giorni del medesimo: non abbiamo parole sufficienti per esprimere la nostra indignazione, che vergogna!

Abbiamo già discusso i giorni scorsi della inaccettabile richiesta di estradizione del dissidente iraniano Khosravi da parte del regime degli ayatollah: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=63387; http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=63379
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=4&sez=120&id=63407

Ecco l'intervista:

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Paolo Berizzi

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Mehdi Khosravi

«È stato un tentativo di rapimento internazionale. L’Italia mi ha arrestato su mandato di un regime, l’Iran. Ha provato a estradare un attivista dei diritti umani. È una vergogna per il vostro Paese. Appena rientrerò in Gran Bretagna ne chiederò conto al governo Renzi». La voce di Mehdi Khosravi, alias Yashar Pasra, arriva al telefono a metà pomeriggio. La Corte d’Appello di Milano lo ha appena scarcerato accogliendo la richiesta presentata dal legale Nicola Canestrini. Lasciato il carcere di Lecco il blogger dissidente iraniano dice di essere «a disposizione dell’autorità giudiziaria italiana». Ma ora sfoga tutta la sua rabbia.

Come sta? «Sono stressato sia fisicamente che mentalmente. Mi hanno tenuto cinque giorni in prigione senza motivo, per delle accuse infondate. Un rifugiato politico, perseguitato da anni dal suo Paese, che viene arrestato qui, in Italia... È assurdo».

C’era un mandato di cattura internazionale (per corruzione) della magistratura di Teheran. Non lo sapeva? «Certo. Sono accuse false e ridicole a cui non intendo nemmeno rispondere. L’Iran è uno dei paesi più corrotti del mondo, e nessuno se ne preoccupa. È dal 2009 che mi perseguitano per le mie idee e la mia attività in favore della democrazia e dei diritti civili. Sono segretario esecutivo di un gruppo politico di opposizione, l’Iran National Council... Non me lo perdonano».

Per la sua liberazione sono scesi in campo, tra gli altri, l’Onu e Amnesty international. Come l’hanno trattata in questi giorni? «In carcere bene. Ma prima di trasferirmi in carcere no. Non mi hanno permesso di parlare con l’ambasciata inglese (Khosravi vive a Londra con lo status di rifugiato politico, quando la polizia lo ha arrestato era a Lecco con amici in vacanza, ndr), né con l’avvocato né coi miei familiari. Ho rivissuto l’incubo di quando mi arrestarono in Iran».

Dopo l’arresto ha tentato il suicidio. «Sì. Preferivo morire subito piuttosto che venire ucciso in Iran. Sono andato in confusione vedendo i poliziotti piombare nell’albergo sul lago dove ero in vacanza. Ho rivisto il passato, un passato orribile».

Se dovessero estradarla verrebbe ucciso? «Certamente sì. Ma ora spero di tornare al più presto in Gran Bretagna. È il Paese che nel 2010 mi ha riconosciuto lo status di rifugiato politico. Sono sicuro che loro non mi estraderanno. E a Londra dirò anche di più su quello che mi è accaduto in Italia».

Può raccontare del suo primo arresto in Iran? «Nel ‘99. Ho partecipato a manifestazioni contro il regime iraniano. Mi sono fatto alcune settimane di carcere dove ho subito torture. Ma i servizi segreti del mio paese non volevano che morissi in cella e quindi mi hanno portato fuori... Sono sopravvissuto e nel 2003 ho cominciato a fare il mio blog “Gomnamian” (Gente senza nome, ndr), il più visitato in Iran. Nel 2006 sono scappato a Dubai (fino al 2008), perché nel mio blog trattavo argomenti tabù per il mio Stato, la democrazia, i diritti, la libertà».

Poi si è rifugiato nel Regno Unito. «Sì. Nel 2011 il mullah di turno mi ha fatto una fatwa e dei killer hanno cercato di uccidermi. Sono stato sotto protezione della polizia. Nel 2012 ho fondato l’Iran National Council insieme al figlio dell’ex Scià di Persia Reza Pahlavi. Lui è stato uno dei primi a chiedere che non venissi estradato. Vogliamo elezioni libere e democrazia».

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