Riprendiamo dalla GAZZETTA del MEZZOGIORNO di oggi, 07/08/2016, a pag.29, con il titolo " Intervista a Daniel Silva " l'articolo di Enzo Verrengia.
Complimenti al quotidiano di Bari per avere intervistato Daniel Silva, i suoi libri di spionaggio, con al centro l'agente del Mosaad Gabriel Allon, sono best seller ovunque, mentre in Italia faticano a imporsi. Il motivo è semplice: non vengono mai recensiti, sono passati da un editore all'altro, senza aver mai avuto nemmeno uno straccio di pubblicità.
Eppure hanno tutti numeri per essere ancora più popolari di James Bond, non vogliamo essere sospettosi, ma non sarà per caso dovuto al fatto che le storie sono tutte legate a Israele?
Un'occasione per leggerli, l'ultimo in italiano è "La spia inglese", mentre in questi giorni è uscito il nuovo " The Black Widow", reperibile in Italia anche se ancora nella versione originale inglese.
Seguite il nostro consiglio, ci direte grazie...
Daniel Silva Enzo Verreggia
Ecco il pezzo:
Daniel Silva, e il suo protagonista, l'agente del Mossad Gabriel Allon, da oltre un decennio veleggiano con successo nelle librerie. Il protagonista è un restauratore, che nel passato ha ucciso i terroristi palestinesi responsabili del massacro di Monaco, alle Olimpiadi del 1972. Figlio di ebrei tedeschi detenuti nei lager, inevitabilmente ha fatto sua la causa di Israele. Ha anche sposato una bellissima italiana di Venezia, Chiara Zolli, coinvolta anche lei nel mondo dei restauri. Esce in Italia il nuovo volume del ciclo, La spia inglese (Harper Collins ed., tr it. di G. Zucca, pp. 430, euro 18,00), e ne parliamo con Daniel Silva.
Silva, come lames Grady quando scrisse " I sei giorni del Condor», lei vive a Washington. Sembra il luogo perfetto per una spy-story, eppure Gabriel Allon lavora prevalentemente in Europa, in particolar modo in Italia. Come mai questa scelta?
«Spesso mi viene rivolta questa domanda sulla motivazione che mi ha portato a non ambientare i miei romanzi a Washington. La risposta è semplice: vivo a Washington, una realtà da perfetto thriller... Ogni singolo giorno. Allontanarmi dalla mia città è un modo di evadere dalla quotidianità, preferisco viaggiare con la mente e non solo».
La spia inglese si apre con l'attentato su uno yacht di lusso nel Mar dei Caraibi. Il bersaglio è una donna, una principessa, che ricorda molto Lady Diana. È un caso?
«Non del tutto. L'ispirazione per la mia "principessa senza nome" è senza dubbio Lady Diana, ma - come specificato nella nota in calce al libro - non era mia intenzione insinuare che la scomparsa della principessa sia stato un assassinio: lei è morta a Parigi, in un incidente stradale, per colpa del conducente. Non si è trattato di un complotto». L'assassinio iniziale, però, rientra davvero in un complotto a più ampio raggio. I suoi romanzi, grazie al taglio giornalistico, sono estremamente realistici. È una scelta riconducibile al suo «background»?
«Devo ammettere che leggo molto e faccio molte ricerche per approfondire; se possibile preferisco vedere dal vivo i luoghi descritti nei miei romanzi, viaggio spesso attraverso l'Europa con la mia famiglia, pongo domande e penso sia a causa del mio background professionale. Ho iniziato a lavorare come giornalista, poi sono diventato produttore esecutivo di alcuni programmi della CNN e di talk show dedicati alla politica. L'obiettivo, però, è sempre stato quello di diventare uno scrittore e tutto quello che ho fatto negli anni precedenti è stato un percorso volto a intraprendere questa direzione. Dopo tutto, il giornalismo è un'ottima scuola per apprendere l'arte della narrazione».
Ha in comune con Allon la passione per le opere d'arte?
«L'arte mi ha sempre affascinato, ma in particolar modo mi incuriosiscono i crimini legati a questo ambito specifico. Credo ci sia una sorta di tendenza a considerare il furto d'arte come qualcosa di romantico, un gioco o una sfida tra gentiluomini. Secondo le mie ricerche, i furti d'arte coprono un valore tra i 4 e i 6 miliardi di dollari all'anno e, stando a quanto dichiarato dall'Interpol, sono al quarto posto tra le attività più remunerative nel mondo della criminalità, dopo il traffico di droga, di armi e l'estorsione. Se tutte le opere rubate potessero essere raccolte in un unico museo, il Museo degli oggetti scomparsi, sarebbe il più grande del mondo.
Alcuni la paragonano a Ian Fleming. Pensa che íl creatore di James Bond sia la colonna portante per gli autori di questo genere?
«Non ho mai pensato a dei canoni di riferimento specifici, anche se non c'è dubbio sulla portata e il valore di questi autori. Per quanto riguarda me e il personaggio di Gabriel Allon, non immaginavo un seguito, figuriamoci l'idea di arrivare al quindicesimo volume.
Al termine del primo romanzo Gabriel Allon scompare e in teoria nessuno avrebbe mai più dovuto sentir parlare di lui. Le cose sono andate diversamente. Il mio editore mi ha chiesto di pensare a un seguito e devo ammettere di averci meditato a lungo. Avevo diversi dubbi, per esempio credevo che Gabriel Allon fosse un personaggio troppo malinconico, troppo solitario... ed ero perplesso riguardo alla sua età, in relazione alla professione che svolge. Tutto questo a corollario di un dubbio più significativo, quello sulla sua nazionalità: la questione israeliana è un argomento spinoso sotto diversi punti di vista e porta con sé anche il problema dell'antisemitismo che - più o meno dichiarato - è reale, anche se spesso latente. Per fortuna mi sbagliavo.Gabriel Allon è diventato un bestseller e se fosse dipeso da me non saremmo mai arrivati a questo punto».
Come spiega íl fascino di Gabriel Allon? «Penso che dipenda dal suo carattere e dalle molteplici sfaccettature della sua personalità. Non è solo un brillante agente dei servizi segreti israeliani, ma anche uno tra i più esperti restauratori di opere d'arte al mondo. Questa insolita combinazione mi ha permesso di creare trame e ambientazioni diverse da quelle che si incontrano nelle spy-story tradizionali».
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