Buongiorno, ringrazio per la risposta, ma a mia personale opinione, la formulazione del concetto di "responsabilità collettiva dei popoli" imporrebbe a priori la riflessione sul concetto della "personalizzazione della nazione" così come intesa nel 1800, concetto che proviene dallo "stesso brodo primordiale ideologico" a cui attinse il nazionalsocialismo tedesco ed il fascismo italiano. Concetto originario di nazione (non dimentichiamo che il concetto di nazione è un prodotto del pensiero occidentale del 1800, e non sempre di facile applicazioni in altre realtà) che al giorno d'oggi viene messo in discussione, o sarebbe meglio dire è in evoluzione, dalla vita che scaturisce dall'essere oggi all'interno del villaggio globale mondale e a contatto con altre esperienze di vita. Mentre il Libero Arbitrio del singolo se può essere condizionato da tanti fattori, rimane sempre una facoltà del singolo scegliere, rimane sempre a lui in ultima istanza scegliere il suo destino, e questa scelta è indipendente dal tempo storico e dai luoghi in cui avviene, perché l'Umanità è sempre e dovunque immutabile. Sarà uno studio di tutte le scienze del sapere umano cercare di fare luce sul perché in quei tempi, soprattutto in Europa, così pochi singoli scelsero per l'Umanità, e così molti scelsero di essere "volontari carnefici". Mi permetta una nota prima dei saluti, qualche giorno fa mi è capitato di leggere il dialogo fra Abramo e Dio circa Sodoma e Gomorra, se estrapoliamo il discorso di Fede, e riflettiamo sulle possibili considerazioni etiche del dialogo, grosso modo siamo lì, su cosa potremmo intendere per responsabilità collettiva di un popolo; mentre riguardo alla scelta del singolo, un famoso giudice Lord Atkin nel 1932, in un contenzioso giuridico ricorse alla parabola del Buon Samaritano per definire le scelte da adoperare verso il nostro vicino e l'attenzione che dobbiamo avere verso di esso, è un delle pietre miliari da cui si evolve il moderno diritto sulla garanzia del produttore.
Cordialmente
Franco Licciardello
Gentile lettore, che il concetto di nazione sia stato inventato dalla cultura europea del Novecento e che si confonda con l'ideologia nazifascista è uno di quei miti inventati dalla storiografia dei comunisti in ritardo a partire dagli anni Sessanta (per citare solo un esempio Hobsbawn). Lo spiegassero a Mazzini, che era un prefascista. Lo dicessero ai sovietici, che chiamarono la seconda guerra mondiale "grande guerra patriottica". Lo raccontassero a Dante, Petrarca, Leopardi, Orazio (dulce et decurum pro patria mori) e Pericle (l'encomio di Atene) che usano la nozione di patria esattamente nel senso che sarebbe stato inventato dall'ideologia borghese. Si rileggessero il libro dell'Esodo che racconta esattamente la nascita di una nazione, come notano autori così diversi come Jan Asman e Antony D. Smith... Sulla realtà dei comportamenti collettivi e dunque sulla responsabilità collettiva si basa tutta la sociologia a partire dal libro sul suicidio di Durkheim e la psicologia sociale a partire da quello sull'imitazione di Tarde, un secolo e passa fa. Che il libero arbitrio e la determinazione debbano convivere è un tema ben presente nel pensiero ebraico a partire dall'ossimoro nel celebre aforisma di Pirkei Avot III, 21: "tutto è previsto e all'uomo è lasciato il libero arbitrio." Il tema è comunque di gran lunga troppo grande per essere trattato in questa maniera, suggerisco di concludere qui questo dialogo.
Ugo Volli