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La Stampa Rassegna Stampa
29.07.2016 Dobbiamo sacrificare qualcosa della nostra libertà per sconfiggere il terrore?
Stefano Stefanini risponde a una lettrice

Testata: La Stampa
Data: 29 luglio 2016
Pagina: 24
Autore: Stefano Stefanini
Titolo: «Terrorismo, la correttezza può diventare un limite all'azione»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/07/2016, a pag. 24, con il titolo "Terrorismo, la correttezza può diventare un limite all'azione", la lettera di una lettrice e la risposta di Stefano Stefanini.

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Stefano Stefanini

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Lasciamo i numeri a chi se ne occupa. Ma nella nostra coscienza sono ormai troppe le vittime, già abbastanza gli attentatori di origini arabe fattisi conoscere e instancabili gli sbarchi a cui abbiamo assistito a partire dal 1° Gennaio di quest’anno. Prima grandi metropoli ed eventi di spicco, ora frazioni sperdute e attività quotidiane.
Si dà la colpa alla scarsa sicurezza, ma non è forse palesemente riduttivo? Come si può pensare di garantirla in ogni luogo frequentato da persone? E non si può certo dire che le vittime di una chiesa di paese siano più sacrificabili di quelle che assistono a un concerto nella capitale. Perché, dunque, non ci armiamo tutti di coraggio e ci arruoliamo in massa nelle forze armate?
Se, invece, si vuole trovare la causa degli attentati in Europa di matrice islamica nella facilità con cui si reperiscono informazioni di propaganda sul web, perché non filtriamo milioni di siti, video e immagini? Potremmo pensare di donare il nostro 5 per mille alla polizia postale.
Entrambe potrebbero essere delle soluzioni. Ma è davvero possibile trovare solamente rimedi temporanei oppure occorre valutare scelte che vadano a contenere il problema alla radice?
Abbiamo forse votato per legalizzare la cannabis oppure paghiamo sei mesi di tasse all’anno per reclamare il diritto a una vita sicura? Eppure questi sono gli esiti di ciò in cui abbiamo creduto e che abbiamo contribuito a creare. Il perbenismo di cui ci siamo vestiti, infatti, non si è rivelato un pregio e dunque, forse, sarebbe meglio privarsene e guardare con occhi comuni a questa Europa che volente o no è casa nostra. Potremmo provare a unirci per davvero al fine di tutelare il più forte degli interessi: la nostra vita. Usciamo dal guscio e pretendiamo norme più stringenti perché tra poco saremo noi a richiedere asilo.

Francesca

Cara Francesca, quello che spesso impedisce di affrontare con realismo e lucidità le due emergenze, terrorismo e immigrazione, è la correttezza politica. In circostanze normali riflette sentire collettivo, rispetto di opinioni e sensibilità altrui. Dal linguaggio si è calata nella forma mentis. Rispecchia l’accresciuta maturità delle società civili occidentali.
Di fronte all’emergenza, al nuovo e al devastante questa correttezza diventa una camicia di forza intellettuale. Di conseguenza un limite all’azione. Ci sono voluti il coraggio e il buon senso comune di papa Francesco per fare eccezione al torrente di condanne sincere ma banali.

In emergenza le misure parziali sono necessarie. Quando c’è una falla si tappa come meglio si può. Dei rimedi cui lei accenna è sicuramente valido il controllo della propaganda e del proselitismo jihadista che avvengono in buona parte su Internet. E, spiace ripetermi, è necessaria anche una contro-propaganda sullo stesso medium. Giusto pure avere forze armate e di polizia più numerose; la Francia, sotto assedio da quasi un anno, è allo stremo sicurezza. Il problema è di bilancio non di arruolamenti: le domande superano già largamente i posti. Un altro lettore suggeriva il reclutamento di volontari. L’intenzione è buona ma la difesa dal terrorismo richiede un alto livello di addestramento e professionalità. Non c’è posto per l’eroismo western dei «Magnifici Sette» o del Clint Eastwood di «Per un pugno di dollari».

I numeri sono importanti. Nelle ultime due settimane, 11 attacchi terroristici in Europa e in Asia hanno fatto 14 vittime italiane. Non si trovavano in Italia, ma che differenza fa? Siamo sulla stessa barca dei Paesi direttamente sotto attacco. Quanto alle matrici arabe di molti attentatori (non tutti: in Germania, uno era di origine afgana, un altro iraniana – non è la stessa cosa) è un dato di fatto, ma non dimentichiamo che la strage peggiore è stata quella del 3 luglio a Baghdad: 292 morti, tutti arabi e musulmani. Opera di Isis, come Nizza, Dacca, Kabul, Istanbul e Monaco. Moltissime vittime del terrorismo sono arabe e islamiche: attenti a non farne di tutt’erba un fascio con i loro assassini.

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direttore@lastampa.it

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