Riprendiamo da LIBERO di oggi, 21/07/2016, a pag. 3, con il titolo "Ecco i tre segreti della sicurezza israeliana", l'analisi di Carlo Panella.
Carlo Panella
«Dobbiamo imparare a vivere come in Israele»: finalmente, con anni di ritardo, molti comprendono in Italia e in Europa che l'unico modo per ridurre - non per annullare - la minaccia terroristica è imparare dagli israeliani, che convivono da sempre con un terrorismo islamico feroce, ma sanno contrastarlo e contenerlo come nessuno al mondo.
Purtroppo, per seguire questa giustissima consegna, bisogna innanzitutto che in Europa ci si renda conto che abbiamo lo stesso nemico di Israele. Pochi lo capiscono, ma il terrorismo arabo-palestinese che colpisce da sempre Israele ha le stesse, identiche radici, gli stessi "cattivi maestri" che fanno ora strage in Europa e nel resto del mondo. Non perché non esista una specifica "questione palestinese", più che reale, ma semplicemente e drammaticamente perché questa questione non può essere risolta con una trattativa (come sono state risolte tune le più brucianti questioni nazionali, persino quella basca dell'Eta e irlandese dell'Ira) proprio e solo a causa del terrorismo jihadista (incluso quello promosso da Arafat, che laico non era per nulla).
In Occidente, invece, si continua a rifiutare la presa d'atto che siamo vittime del jihadismo prodotto da uno scisma dell'Islam e continuiamo - continuano - col trastullo, con la falsa coscienza di analisi farlocche su terroristi motivati da turbe psichiche, omosessualità repressa e amenità simili (come se le Ss naziste non fossero afflitte da turbe psichiche e omosessualità repressa, vedi la fine delle Sa).
Dobbiamo ancora prendere coscienza che i terroristi sono mossi da una ideologia chiara e netta, di marca islamica. Da una nuova religione di morte. Diffusa. Bisogna poi comprendere che, in Israele, tutti i cittadini hanno ben chiaro da sempre che sono in guerra, che sono minacciati individualmente, non solo come Stato. In Europa, in Italia, invece, si mette la testa sotto la sabbia e ci si rifiuta di capire che "loro" ci fanno una guerra di civiltà e che non conta nulla che noi non abbiamo nessuna voglia di fare questa guerra. Una volta introiettata questa realtà di una guerra diffusa, incombente, feroce, bisogna capire che però potremo vivere solo parzialmente come in Israele, perché là ogni cittadino e cittadina fa un lungo servizio militare per tre anni (gli uomini) o per due anni (le donne). Poi entra nella Riserva e può essere richiamato - ed è richiamato - sino a tarda età. Nessuna delega ad altri della difesa. In Occidente, invece, deleghiamo la nostra difesa a professionisti, a corpi separati dal nostro contesto sociale: polizia, Forze Armate, Servizi Segreti ecc...
La sicurezza israeliana all'opera
Fatta questa differenza, arriviamo al punto: il segreto di Israele si basa su alcuni pilastri. Il primo è il patto che ogni israeliano stipula con lo Stato: accetta che le ragioni della sicurezza prevalgano su quelle della sua privacy. Sino a poco tempo fa lo Stato poteva ad esempio sequestrare per ragioni di sicurezza le automobili private. Ogni cittadino israeliano accetta con serenità di subire interrogatori di ore agli aeroporti. Non batte ciglio se viene perquisito pesantemente persino all'ingresso di una pizzeria o di un hotel. È un patto su cui però vigila una magistratura rispettata e autorevole (un ex presidente della Repubblica è stato condannato al carcere da un giudice monocratico arabo-israeliano, e questo non ha provocato alcuna polemica). Differenza non piccola con l'Italia.
Il secondo pilastro è una capillare - ma calma - sorveglianza sociale dei comportamenti deviati, che possono indicare iniziative di terrore e morte. In Israele il Tir di Nizza, per due giorni in divieto di sosta, sarebbe stato perquisito subito e mai un poliziotto lo avrebbe lasciato entrare sulla Promenade des anglais sulla base della motivazione verbale di una consegna di gelati. Ma l'elemento di forza di Israele è anche un altro: ogni situazione di emergenza è prevista da protocolli minuziosi (al Bataclan le teste di cuoio della Gnr, pronte subito, non poterono intervenire a causa della esclusiva competenza della polizia di Parigi, che arrivò tre ore dopo...) e i principali snodi della security civile - come gli aeroporti - sono affidati a ex militari, che importano la loro grande professionalità nel contesto civile. In Italia, invece, mandiamo in pensione a 63 anni (!!!) ufficiali e generali che hanno contrastato per decenni il terrorismo interno, quello algerino degli anni '90 e quello islamico recente. Professionalità straordinarie sprecate in omaggio a norme sindacal-amministrative. Dobbiamo, insomma, percorrere ancora un lungo cammino...
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