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La Stampa Rassegna Stampa
20.07.2016 Lupi poco solitari: il terrorismo islamico e l'effetto emulazione
Analisi di Giordano Stabile, Gavriel Levi

Testata: La Stampa
Data: 20 luglio 2016
Pagina: 7
Autore: Giordano Stabile - Gavriel Levi
Titolo: «Isis, quel marchio che scatena l'effetto emulazione tra i jihadisti - L'identità comune di lupi solitari e assassini feroci»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/07/2016, a pag. 7, con il titolo "Isis, quel marchio che scatena l'effetto emulazione tra i jihadisti", l'analisi di Giordano Stabile; a pag. 23, con il titolo "L'identità comune di lupi solitari e assassini feroci", l'analisi di Gavriel Levi.

Ecco gli articoli:

Giordano Stabile: "Isis, quel marchio che scatena l'effetto emulazione tra i jihadisti"

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Giordano Stabile

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Attacchi, organizzati o spontanei, che si alimentano a vicenda. Il pendolo del terrore dello Stato islamico è tornato a oscillare in modo frenetico. Il massacro di Nizza ha innescato nuovi lupi solitari. Le rivendicazioni, il richiamo «all’appello» lanciato dal Califfo due mesi fa, che invitava a colpire i Paesi «crociati» colpevoli di compiere raid sulle città controllate dall’Isis, sono un’ulteriore motivazione. Una strategia ibrida per unire in un’unica rete «soldati» effettivamente addestrati e indottrinati e altri fai-da-te. Con il «marchio Isis» che arriva dall’agenzia ufficiale Aamaq a inquadrarli nell’offensiva estiva contro l’Occidente. E questo nonostante una certa ripetitività del linguaggio, la scarsità di materiale originale, indichino come anche la macchina della propaganda sia sotto pressione e con il fiato corto.

Soldati e mujaheddin
In ogni caso, in cinque attacchi «il marchio» ha giocato un ruolo importante. Il primo è quello del 12 giugno a Orlando, in Florida. Omar Mateen è un giovane allo sbando e confuso, senza legami con l’organizzazione. Come è confusa la sua dichiarazione di appartenenza all’Isis che mescola al plauso per Hezbollah, uno dei più implacabili nemici degli islamisti sunniti. Eppure in meno di 24 ore arriva il lancio dell’agenzia Aamaq. Prudente. Dice «fonti ad Aamaq», quindi non interne, attribuiscono l’azione nel nightclub Pulse a un «soldato del Califfato». Il termine mujaheddin, «coloro che combattono la jihad», di solito si applica solo ai combattenti inquadrati, jund, «soldato» sia agli interni che ai lupi solitari. Mateen si è dichiarato tale e tanto basta. All’Isis serve che il suo esempio venga imitato al più presto. Dall’appello ai lupi solitari lanciato il 22 maggio dal portavoce Mohammed al-Adnani sono passati 20 giorni e nessun attacco è stato ancora compiuto.

Qualcosa si innesca. A poche ore dalla rivendicazione, a Magnanville in Francia, un jihadista francese armato di coltello, Larossi Abballa, penetra nella casa di una coppia di poliziotti francesi e li sgozza. Qui i legami sono più netti, perché il 25enne aveva già subito una condanna per terrorismo. Il giuramento di fedeltà all’Isis arriva in diretta su Facebook e ricalca il linguaggio jihadista. Aamaq rivendica e usa la stessa formula: «fonti» confermano. Significa che un altro «soldato» ha risposto all’appello e bisogna emularlo.

Ma non basta. Nella notte fra l’1 e il 2 luglio cinque giovani universitari bengalesi fanno irruzione nel ristorante Holey Artisan Bakery di Dacca. Sono stati radicalizzati sul posto da una rete jihadista locale, Jmb, che però lavora in franchising con il Califfato. Questa volta il «marchio» è più. Vuole spaventare e convertire. I jihadisti postano sul Web le foto delle vittime sgozzate in un lago di sangue. Aamaq rivendica. E pubblica anche una foto dei cinque con la bandiera dell’Isis. Ma cambia linguaggio. I cinque sono «inghimasyin», truppe speciali infiltrate, che hanno colpito dopo «accurati sopralluoghi». Quindi un’operazione preparata direttamente dall’apparato militare dell’Isis. Così almeno si vuol far credere. E poi l’avvertimento più esplicito: «Sappiano i cittadini dei Paesi crociati che non avranno posti sicuri dagli attacchi dei mujaheddin finché i loro aerei uccideranno musulmani».

Colpire e spaventare
È un martellamento. Colpire e spaventare l’Occidente finché non si fermeranno i raid che stanno fiaccando i combattenti a Raqqa e Mosul. Viene innescato un altro lupo solitario borderline, Mohamed Lahouaiej Bouhlel a Nizza, ma più inquadrato, con contatti e radicalizzazione profonda. La rivendicazione arriva due giorni dopo il 14 luglio di sangue. La formula è quella usata per i lupi solitari. «Fonti interne ad Aamaq», un «soldato» che ha colpito per punire i cittadini di un Paese della coalizione.

La valanga sembra autoalimentarsi. A soli quattro giorni da Nizza arriva l’attacco al treno di Würzburg. La rivendicazione è rapidissima. La formula è identica a Nizza. «Fonti ad Aamaq», «soldato del Califfato». Ma il 17enne afghano «si è preparato meglio». Ha lasciato un video di 2 minuti e 20 secondi e in qualche modo l’ha fatto avere all’agenzia. Questo spiega la reattività ma soprattutto dà modo agli islamisti di amplificare la portata dell’azione. Muhammad Riyad minaccia attacchi in «ogni città, villaggio, aeroporto» finché non si fermeranno i raid.

L’offensiva estiva ha ormai una sua dimensione e Aamaq pubblica addirittura un’infografica sulla Francia, con il numero dei «nemici» uccisi, come fa regolarmente per la Siria, l’Iraq o il Sinai. Si rivolge anche a un pubblico occidentale e non gonfia i dati, per non perdere credibilità. Un aspetto «moderno» che preoccupa ancora di più.

Gavriel Levi: "L'identità comune di lupi solitari e assassini feroci"

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Gavriel Levi, Professore Emerito alla Sapienza di Roma

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Due notizie, come prima impressione, slegate.
A Roma un giovane viene condannato per aver indotto, lentamente, la sua compagna al suicidio. Maltrattandola ed assuefacendola ad avere disprezzo di sé. A Nizza un giovane, ispirandosi alla ideologia del terrorismo, uccide almeno 84 persone. Comunque, sapendo e ignorando di trovare la propria morte.

I commenti psicoanalitici, psicologici e psichiatrici convergono. Nel primo caso: personalità dominanti e manipolatrici scaricano le loro problematiche su personalità dipendenti e pronte al collasso. Dentro queste relazioni, il suicidio diventa l’unica soluzione, quando l’omicidio per difesa non è pensabile. Ma esiste un induttore. Nel secondo caso: personalità marginali che già vivono ai confini del loro stesso mondo, vengono raccolte da un messaggio fortissimo. Trovando una identificazione magnetica, nel Paradiso, di una doppia morte omicida e suicida. Ma esiste un mandante.

Sono due situazioni umane lontanissime fra di loro. Una sembra del tutto privata. L’altra irrompe subito come pubblica. Ma sono ambedue testimonianze della nostra attualità. Una realtà di nuove solitudini dentro una rete di immagini globalizzate. Ma l’inevitabile selfie è fatto per guardarsi, tante volte, da soli. Forse possiamo pensare ad un punto di contatto, dove scatta un corto circuito in qualche modo similare.

La contrapposizione tra omicidio e suicidio non è sempre vera; qualche volta è assoluta; qualche volta è oggettivamente confusa; molto spesso esiste una saldatura profonda tra spinta omicida e spinta suicida. Nell’omicida esiste una qualche consapevolezza suicida. Nel suicida esiste anche una fantasia omicida. Ognuno di noi è legato alla propria ombra. Ognuno di noi cerca di mettere l’immagine di sé nell’altro. Ma per riuscirci dovrebbe anche assumere le emozioni dell’altro dentro di sé.

Con una antica scena paradigmatica: lo scontro fra Caino ed Abele racconta, anche, questa storia. Caino ed Abele oltre che fratelli sono anche la stessa persona. Abele dalla nascita è in attesa della propria morte. Con il suo stesso nome che vuol dire soffio o vuotezza. In qualche modo provoca Caino imitandolo e determinando così la sua perdita di esclusività, la sua esclusione e la sua implosione. Caino sente di non essere una vera persona, perché sente di aver perso la capacità di donare e di scambiare doni. Nel momento in cui cerca di superare la propria umiliazione, uccide il suo Doppio e, diventando il primo omicida, sa di fuggire verso la propria morte.
Credo che queste considerazioni debbano essere ripensate, per avere un risvolto pratico, educativo e preventivo.

Le proposte di intervento politico nelle diverse aree e dimensioni conservano la loro necessaria validità. Ma debbono essere inserite in una strategia culturale adeguata ed innovativa. Dobbiamo iniziare prendendo atto che da quasi un quarto di secolo stiamo assistendo a due fenomeni: l’aumento degli omicidi/suicidi nel privato; l’esplosione di un nuovo spettacolare suicidio/omicidio ideologico. Ambedue i fenomeni hanno una nuovissima capacità di contagio reciproco, che dobbiamo considerare con maggiore attenzione. Ambedue i fenomeni trovano la loro forza in un selfie immaginario e globalizzato. Ma pur sempre anestetizzante e solitario.

Ci sono altre due differenze fra questi nuovi suicidi e quelli delle persone melanconiche. Primo: il dolore. I suicidi/omicidi non hanno alcuna consapevolezza del dolore altrui perché non hanno una vera consapevolezza del proprio dolore. Secondo: il rispetto. I suicidi/omicidi non hanno alcun rispetto della vita altrui perché non hanno alcun rispetto della vita propria. In particolare: il suicida spettacolare non ha rispetto perché vive soltanto nella propria ombra. E cerca un sole accecante e mortale.

Abbiamo individuato due diversi tipi di omicida/suicida. Il lupo solitario spettacolare che accetta di suicidarsi per poter uccidere qualcuno che non conosce. Il borderline implosivo che per potersi suicidare pretende di portare con sé qualcuno che crede di conoscere.

Esaminarli uno di fronte all’altro può aiutarci a capire come una rappresentazione ideale, e/o l’assoluta non rappresentazione della morte, possono nell’attualità favorire in alcune persone una fuga distruttiva da una vita vuota. Dobbiamo imparare a lavorare su questi temi. Il buio non è al di là della siepe. Il buio è dentro la siepe.

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