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Oh Dio mio! “Non sono sicura di voler vivere in un mondo senza Dio. Questo arguto scambio di battute che intercorre fra la psicologa Ella e il misterioso signor D. è tratto dall’originale e divertente testo teatrale “Oh Dio mio!” di Anat Gov che la casa editrice Giuntina manda in libreria in questi giorni con la traduzione e l’adattamento di Enrico Luttman e Pino Tierno. Andato in scena nei più importanti teatri italiani per la regia di Nicola Pistoia, il testo di Anat Gov, una fra le più importanti drammaturghe israeliane, autrice televisiva, giornalista e attivista de “Il campo della pace” , ha un ritmo incalzante pervaso dall’arguta ironia della tradizione Yiddish e racconta dell’incontro/scontro piuttosto serrato fra Ella, psicologa ebrea laica con un figlio autistico, e un misterioso personaggio che ha insistito per avere un appuntamento di un’ora con lei. All’inizio Ella crede che quel signore un po’ depresso e in cerca del suo aiuto sia un pazzo ma poi si rende conto che ha di fronte Dio in persona, non solo perché assiste ad alcune situazioni a dir poco anomale (Ella si trova completamente immobilizzata per alcuni minuti) ma soprattutto perché quel signore misterioso conosce perfettamente i suoi pensieri più intimi.
Dio è depresso e malato da ormai 2000 anni; deluso dall’aver creato il mondo, l’ha abbandonato al libero arbitrio degli uomini. Dopo l’iniziale sconcerto Ella decide di aiutarlo e ha inizio uno scambio di batture, dal tono surreale, in un capovolgimento continuo dei ruoli. Con humor tutto yiddish e con dialoghi incalzanti, (sicuramente molti vorrebbero essere al posto di Ella almeno una volta nella vita per “confrontarsi” con Dio!), il testo, che induce a riflessioni teologiche, indaga sui problemi esistenziali dell’uomo, rivisita il mistero della Creazione in una continua alternanza fra il punto di vista di Dio e quello dell’uomo che si sente sopraffatto da un essere superiore, poco conciliante. Ella, figura di forte impatto emotivo, è una donna determinata che ha cresciuto un figlio autistico da sola, dopo l’abbandono del marito; piena di dubbi e di domande, forte e fragile al contempo, rivela la sua inconsapevole ricerca di Dio nella scelta di non uccidersi insieme al figlio nel giorno del suo trentaquattresimo compleanno. (“…all’improvviso ho sentito che lei… Cosa? Che io cosa? Che lei ci ama. E da quel momento ho guardato al mio bambino come a un regalo. E sebbene non parli e non l’abbia mai sentito dire “mamma” o qualunque altra parola, lui mi dà delle cose che non sono sicura che avrei ricevuto da un bambino normale, mi capisce?”). Anche Dio, seppur onnipotente, rivela una fragilità tutta umana, una paura dell’abbandono che si mescola al desiderio di spazzare via il mondo e i suoi abitanti in un nuovo diluvio universale. Fra battute sagaci e riflessioni sul senso della vita in relazione alla fede, oltre che sul rapporto fra l’uomo e il suo Creatore, il testo teatrale di Anat Gov procede verso un finale liberatorio e commovente e si chiude con l’abbraccio consolatorio di Ella a Dio (“Lentamente lui si abbandona alla sua stretta e si lascia abbracciare. Piange. Il suo corpo trema tra le braccia di Ella. Anche lei piange”) e con la parola “mamma” che scaturisce per la prima volta dalle labbra del figlio Lior. L’autrice, che ha portato in scena “Oh Dio mio!” nel 2010 a Tel Aviv e ha vinto premi prestigiosi per le sue commedie, è stata giornalista per il più diffuso quotidiano israeliano “Yedioth Ahronoth” e si è sempre battuta per il rispetto dei diritti per i cittadini arabi d’Israele e per una pacifica convivenza con i Paesi vicini. La fiamma del suo talento si è spenta il 9 dicembre 2012 dopo una lunga lotta contro il cancro. Leggere questo testo straordinario è un modo per ricordarla e per non dimenticare ciò che aveva affermato nel corso di una delle ultime interviste: “L’umorismo è la migliore medicina. Migliore di qualsiasi terapia. E per di più gratis”.
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