IC7 - Il commento di Enrico Fubini
Dal 3 al 9 luglio 2016
Israele e l'Africa
Nei nostri media si parla spesso del crescente isolamento internazionale d’Israele causato della sua ostinazione a non ottemperare mai alle risoluzioni dell’ONU e alle ingiunzioni di tutti paesi occidentali, Stati Uniti ed Europa a chiudere il contenzioso con i palestinesi. In realtà, se si analizza con attenzione le linee direttrici della sua politica estera, si può facilmente constatare che Israele non ha nessuna vocazione all’isolamento: fin dai giorni della sua fondazione Israele ha tessuto reti alternative di relazioni rispetto ai più tradizionali legami con l’Occidente che sembravano aver segnato in modo irreversibile la sua collocazione geo-politica.
E’ vero che i legami con gli Stati Uniti sono tuttora insostituibili, per lo meno sul piano militare, ma Israele è sempre più consapevole che essi devono essere integrati con altri legami con l’Est e con il Sud del mondo. I governi che si sono succeduti in questi ultimi decenni hanno coltivato con attenzione e con spirito d’iniziativa relazioni antiche e nuove verso l’Africa e verso i grandi paesi emergenti dell’Est: India, Cina, Indonesia, Corea, Vietnam, Russia compresa, ampliando notevolmente i commerci, le relazioni politiche, i legami militari ed economici.
Al tempo stesso si può notare che molti paesi del terzo mondo oggi hanno volto il proprio sguardo e le proprie attenzioni verso Israele, superando spesso tabù politici. Il primo ministro Netanyahu ha intrapreso un viaggio in vari paesi africani, Uganda, Kenia, Etiopia, Ruanda, il primo viaggio di un capo di Stato israeliano nell’Africa subsahariana. Fin dagli anni della sua fondazione Israele ha mostrato la sua vocazione ad intessere relazioni con molti Stati africani, inviando tecnici per insegnare le tecniche più avanzate soprattutto per lo sviluppo dell’agricoltura in paesi che, come Israele, avevano grossi problemi per la carenza d’acqua e per la scarsità di generi alimentari insufficienti alla sopravvivenza delle popolazioni. Tali legami nei decenni passati sono stati spesso messi in crisi dagli eventi politici e dal timore di questi paesi di compromettere i loro rapporti con i paesi arabi e con il blocco comunista, cedendo alle forti pressioni messe in atto perché interrompessero i loro rapporti con lo Stato ebraico.
Le bandiere di Israele e Ruanda
Oggi Israele cerca di recuperare ciò che aveva in parte perso e di stringere nuovi rapporti con paesi che mostrano interesse e amicizia al di là delle loro collocazioni politiche. Il Ruanda sotto questo profilo appare come un paese che da tempo mostra amicizia e desiderio di cooperazione verso Israele e non per nulla rientra tra le visite di Netanyahu nel viaggio nei paesi africani. Il Ruanda ha alcune affinità con Israele per dimensioni, per numero di popolazione (circa 11 milioni di abitanti) e soprattutto per essere uno Stato che ha subito un genocidio (800.000 Tutsi trucidati nel 1994 nella guerra civile che ha devastato il paese) e quindi disposto ad apprezzare la resistenza degli ebrei agli eventi drammatici che li hanno colpiti nella Shoà e la loro rinascita nello Stato d’Israele.
Rutabana, il nuovo ambasciatore del Ruanda in Israele, così ha affermato in una recente intervista: “Il Ruanda può imparare dalla vostra esperienza. Il nostro popolo è stato ucciso e tutto il mondo è stato a guardare. Noi dobbiamo sopravvivere e Israele è un modello di popolo che ha saputo resistere e che sa che deve basarsi su se stesso e sulle proprie forze per risolvere i propri problemi…”.
Il presidente Kagame con studenti ruandesi in Israele
Israele aveva stabilito relazioni diplomatiche con il Ruanda nel lontano 1962, quando il paese, colonia del Belgio, aveva conquistato la sua indipendenza. Relazioni interrotte nel 1973 su pressioni degli stati arabi, ma riprese nel 1994. Come Stato che fa parte a rotazione del Consiglio di sicurezza nel 2014 ha evitato insieme alla Nigeria di far passare le risoluzioni che richiedevano il ritiro di Israele dai cosiddetti territori occupati e la creazione dello Stato palestinese su tali territori con Gerusalemme capitale, ed ha votato ancora contro altre importanti risoluzioni che riguardavano Israele. Merita bene oggi il Ruanda la visita di Netanyahu insieme a cinquanta uomini d’affari. Il Ruanda ha necessità, afferma ancora l’ambasciatore di aiuto per modernizzare l’agricoltura, per variare la propria economia (oggi il 60% della popolazione è dedito all’agricoltura!), per la desalinizzazione dell’acqua, per la conserva dei prodotti agricoli, per la cooperazione militare.
L’interesse che Israele ha sempre mostrato per molti stati africani e oggi in particolare per il Ruanda ha una valenza non solo economica ma anche etica in senso lato. E’ della massima importanza per Israele, nella sua politica estera, proiettare nel futuro una sua collocazione politica che vada oltre la definizione di Stato unicamente legato all’Europa, agli Stati Uniti e all’Occidente. Israele oggi non può e non deve dimenticare l’ovazione di oltre mezzo minuto che il Consiglio d’Europa ha riservato all’ignobile discorso tenuto a Bruxelles da Abu Mazen che è riuscito persino nella sua rete di menzogne a far rivivere la medievale accusa di avvelenamento dei pozzi a cui ignoti rabbini avrebbero incitato la popolazione ebraica per uccidere i palestinesi.
Enrico Fubini, già docente di Storia della musica presso l'Università di Torino