Riprendiamo dal SOLE 24 ORE - DOMENICA di oggi, 10/07/2016, a pag. 33, con il titolo "L'ebraismo polacco dopo il '45", la recensione di David Bidussa.
David Bidussa
Wlodek Goldkorn, II bambino nella neve, Feltrinelli, Milano, pagg. 208
Riaprire un dossier a lungo rimasto sospeso, su cui si sono accumulati racconti a metà è omplicato. Ne sa qualcosa Jan Tomasz Gross, che, sia con I carnefici della porta accanto (Mondadori) e ora con Un raccolto d'oro (Einaudi), ha dimostrato che antinazismo e lotta all'antisemitismo non sono naturalmente coincidenti.
Non meno problematico è misurarsi con i silenzi dei sopravvissuti. È il capitolo che apre Wlodek Goldkorn con Il bambino nella neve (Feltrinelli). Sulla falsa riga di ricostruire la storia della sua famiglia ciò che Goldkorn propone è un viaggio inquieto in quel mondo ebraico-polacco di tradizione non sionista, laico, che ha investito speranze nel progetto bundista, il movimento socialista ebraico antisionista, che ha rinnovato la sua speranza di libertà e di emancipazione nella Polonia del secondo dopoguerra. Due i temi centrali del libro: da una parte quell'ebraismo polacco non sionista che prova a riprendere un percorso drasticamente interrotto con la Shoah; dall'altra come sia possibile che quei conti a lungo sospesi si facciano per davvero.
Di coloro che tornano in Polonia dopo il 1945, scrive Wlodek: «Erano superstiti della fine del mondo. Si dice che non volessero parlare. Non è vero. Forse non volevano ricordare, ma desideravano parlare e vivere. Pochi, invece, volevano ascoltarli e pochissimi pensavano che le loro vite avessero un valore» (pagina 42). La Polonia del secondo dopoguerra non è un Paese liberato dal suo antisemitismo. Come molti anni fa ha detto Marek Edelmann, - l'ultimo comandante della rivolta del ghetto di Varsavia, bundista, non sionista una figura molto importante per Goldkorn - i polacchi sono convinti che «gli ebrei siano la disgrazia della Polonia» (Goldkorn - Edelman, L'antisemitismo in un paese senza ebrei, «Micromega», 1991, n. 4, pagina 264).
Un sentimento che nicchia dopo il 1945, riprende nel 1956 e soprattutto si riaccende a partire dal marzo 1968. L'effetto è che molti di quelli che erano rimasti sono "caldamente" invitati ad andarsene. Capita anche alla famiglia Goldkorn. È il settembre 1968. Dunque esilio ed emigrazione in Israele, dove peraltro una parte della famiglia risiede, ma dove il processo di rimozione del passato è forte o che del passato vede solo l'elemento persecutorio, fondato su un progetto nazionalistico, lontano o estraneo alla cultura e alla sensibilità di Wlodek. Risultato, nuova fuga, questa volta in Italia, ma ancora con gli occhi e la testa volti a Varsavia. La ripresa di un movimento d'opinione pubblica che fa della libertà e della democrazia la propria bandiera, non elimina i non detti già vissuti in Polonia tra anni 40 e anni 60.
Si apre un nuovo capitolo, intriso di passato. Nella Polonia che a partire dal 1978 sviluppa lentamente Solidarnosc, un'esperienza che Goldkorn non manca di sostenere con Edelmann, ciò con cui non si è fatto i conti prima è destinato a tornare. È il tema con cui si apre l'ultimo terzo del libro dove il pellegrinaggio nei luoghi dello sterminio è un viaggio appunto attraverso il vetro smerigliato di quell'antisemitismo non risolto che in Polonia è rimasto e con cui pubblicamente non si sono mai fatti i conti per davvero. Un viaggio nel buio profondo di un Paese che racconta la sua condizione reale di vittima plurisecolare delle potenze limitrofe ma che insieme ha maturato un nazionalismo con forti tratti xenofobi, e antisemiti.
Una condizione che oggi non riguarda solo la Polonia. Anche per questo questa storia dice molto di più di una biografia famigliare. Nel 1986, Goldkorn aveva scritto che non tutti i pogrom portano ad Auschwitz («Micromega»,1986, n. 4, pagine 39-47). Non è vero solo per il passato. Continua a essere vero anche nel presente e non è un'esclusiva polacca. È la carta dei sentimenti profondi in molte parti dell'Europa di oggi dove il vento dell'intolleranza ha ripreso a soffiare con insistenza.
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