Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/07/2016, a pag. 12, con il titolo "Il politico padre del terrorista: 'Non leggeva nemmeno il Corano' ", la cronaca di Niccolò Zancan.
Niccolò Zancan si metta d'accordo con se stesso.
Nel suo pezzo del 4 luglio scorso (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=62945) dava un quadro chiaro della provenienza culturale sociale ed economica dei terroristi. Che il padre di uno di loro si senta in dovere - non per ripulire la memoria del figlio, cosa impossibile, ma per salvare l'onore della famiglia - di fare simili dichiarazioni è comprensibile. Non è invece comprensibile che Zancan scriva un articolo in cui di fatto assolve l'ambiente in cui notano indisturbati quei "giovani belli colti e ricchi" che ci aveva fatto conoscere nell'articolo precedente.
Ecco l'articolo:
Niccolò Zancan
Il ricordo sul luogo dell'attentato di domenica
Il padre in parlamento, il figlio terrorista dell’Isis. «Ho fallito come genitore. Mi scuso con la nazione intera. Rohan era un ragazzo che, per come lo conoscevo io, non avrebbe potuto uccidere nemmeno uno scarafaggio. Eppure aveva con sé un’arma tanto grande. Chi fornisce loro queste armi? Chi li indottrina, chi dà loro i soldi?».
Così ieri ha parlato Imtiaz Khan Babul, uno degli esponenti politici di punta del partito di governo bengalese, rendendo questa tragedia se è possibile ancora più cupa e disperata. Il figlio era scomparso a dicembre, al ritorno da un viaggio dei suoi genitori in India. La madre è un’insegnante di matematica. Il padre ieri ha parlato ai giornalisti con le lacrime agli occhi: «Avevamo chiesto aiuto a tutti. Cercavamo nostro figlio negli obitori. Ho incontrato personalmente altri genitori di bambini scomparsi. Non so spiegarmi come abbia potuto fare una cosa così atroce. Sono stordito. Non c’era nulla nel suo comportamento che facesse presagire un percorso di radicalizzazione. Quasi non leggeva i libri religiosi. Forse gli hanno fatto il lavaggio del cervello online».
Per chi ama le sociologie, il quadro della strage di Dacca è persino più complesso di come era apparso inizialmente. La polizia ha spiegato che tre terroristi sono figli di famiglie ricche e altolocate, ma uno è della classe media, mentre l’ultimo è un ragazzo povero cresciuto in una scuola coranica. I genitori e parenti degli ultimi due sono stati arrestati. Ieri è toccato al padre ed al fratello del terrorista Shafiqul Islam Uzzal. Badiuzzaman Uzzal, 55 anni, ha una fattoria in un villaggio del Nord, mentre il fratello lavora nel tessile dove lo stipendio medio è di 60 dollari al mese.
Questo per dire quanto sia difficile decifrare una storia così trasversale e trovare la risposta che cerca il padre di Rohan Imtiaz. Lui stesso rappresenta uno specie di cortocircuito istituzionale. Perché mentre chiede di capire, il governo bengalese continua a ribadire che i cinque del commando facevano parte di organizzazioni terroristiche locali. Il ministro dell’Interno Asaduzzaman Khan esclude infiltrazione dell’Isis in Bangladesh, cosa che pare smentita dai fatti. Almeno considerando la rivendicazione. E poi: i collegamenti sul web con alcuni predicatori di morte. Il ruolo sospetto di un professore universitario con contatti in Inghilterra. I viaggi di tre terroristi in Malesia ancora da approfondire. Oltre a sospetti su presunti contatti con il Pakistan, subito smentiti ieri. Ma tant’è. Il ragazzo che non avrebbe avuto il coraggio di uccidere nemmeno uno scarafaggio ha tagliato teste con la mannaia.
In tutto erano cinque, armati e ben organizzati. Come cinque sono stati i nomi diffusi dall’Isis nella rivendicazione della strage. Ieri si è risolto il mistero del sesto uomo. Come reclamava a gran voce il signor Chowider Solaiman in un’intervista alla Afp, suo cugino non era uno del commando: «Era un uomo laborioso, uno dei migliori cuochi di pizza e pasta di tutto il Bangladesh. Aveva 39 anni e niente a che spartire con i terroristi». Ieri la polizia ha infine ammesso l’errore: «Crediamo di averlo ucciso accidentalmente». Il cuoco Saiful Islam Chowkider è stato colpito dal fuoco amico, come si dice in questi casi. Era lì per lavorare, è stato scambiato per quello che non era.
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