Elie Wiesel: In memoriam
di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Angelo Pezzana)
Elie Wiesel
La vita di Elie Wiesel è stata interpretata in molti modi. Barack Obama ha dichiarato “ Elie Wiesel ha rappresentato i valori più alti del nostro tempo e, per molti livelli, la coscienza del mondo. Ha combattuto non solo contro l’anti-semitismo ma contro l’odio, l’ipocrisia e l’intolleranza in tutte la forme”. L’ex presidente israeliano Shimon Peres l’ha ricordato così “ Wiesel ha lasciato un segno su tutti noi preservando e difendendo l’eredità della Shoah, con un messaggio di pace e rispetto fra tutti i popoli del mondo. Ha subìto le più gravi atrocità, è sopravvissuto e ha dedicato la propria vita a trasmettere un messaggio: ‘Mai Più’ “. Ho incontrato, brevemente, qualche volta Wiesel, ma anche prima del nostro incontro aveva scritto un commento molto positivo sul mio libro “L’abuso della Shoah,distorsioni e risposte”.
C’era stato un altro legame, pur se esile, tra noi, un amico in comune, Ted Comet. Più che novantenne è ancora impegnato in attività ebraiche negli Usa. Nel dopoguerra era stato un volontario nei centri che portavano aiuti ai sopravvissuti della Shoah, fu lui a trovare Wiesel in un orfanatrofio a Parigi. Un personaggio di grande statura, che ha sicuramente influenzato Wiesel a dedicare la vita al popolo ebraico. Certe persone diventano dei simboli quando sono ancora vivi, per come sono vissuti e per quello che hanno compiuto. Il Talmud dice che non è il luogo che onora l’uomo, ma è l’uomo a onorare il luogo. È il caso di quando nel 2007 a Wiesel venne offerta la carica di Presidente di Israele. Sarebbe stato un buon presidente? Ho dei dubbi. Una funzione di pura rappresentanza come quella richiede regole formali, stringere migliaia di mani, partecipare a cerimonie, ascoltare discorsi malevoli, a Wiesel non sarebbe piaciuto. Respinse l’invito, come Albert Einstein, un altro ebreo diventato un simbolo in vita, che disse no a Ben Gurion che glielo proponeva.
Fra le molte cose che una persona divenuta un esempio di grande moralità può fare, è dare importanza alle dichiarazioni. In Romania, il paese dove Wiesel nacque, furono in molti a respingere le responsabilità per quanto avvenne durante la Shoah. Fu grazie a lui se venne istituita una Commissione Internazionale sulla Shoah in Romania, presieduta sempre da Wiesel, che produsse nel novembre 2004 una documentazione inoppugnabile sulle colpe della Romania. Wiesel dichiarò “ di tutti gli alleati della Germania nazista, la Romania porta la responsabilità dello sterminio di ebrei più di ogni altro paese, dopo la Germania” Il crescente abuso della Shoah addolorava Wiesel. Prima di tanti, lo denunciò nel 1988 con parole commoventi “ non posso più usare la parola Shoah. Primo, perché non esistono più modi per farlo, e poi perchè è stata così banalizzata da non poterla più adoperare. Qualunque disgrazia capiti, la chiamano in questo modo. L’ho verificato in televisione nel paese in cui vivo, quando un cronista ha descritto una sconfitta sportiva definendola ‘olocausto’. Un abuso che continua a moltiplicarsi. La distorsione della Shoah e la falsificazione della sua memoria sono argomenti che fanno parte dei miei interessi, per questo, fra le molte iniziative di Wiesel, voglio ricordare il suo ruolo conto lo scandalo Bitburg.
Nel 1985 il presidente Ronald Reagan si recò in visita al cimitero militare di Bitburg. Quando venne annunciata la sua visita in Germania, venne detto chiaramente che non avrebbe visitato nessun campo di concentramento. Inizialmente si ebbe l’impressione che ad essere sepolti nel cimitero di Bitburg fossero stati soltanto soldati e ufficiali della Wehrmacht, l’esercito tedesco. La visita, organizzata dal governo tedesco, era un chiaro segnale di ripulitura dell’immagine del passato regime. La Wehrmacht, infatti, aveva collaborato con le SS, responsabili dello sterminio di massa degli ebrei. Soltanto dopo anni si venne a sapere del ruolo significativo che la stessa Wehrmacht aveva avuto nella Shoah.
Subito dopo l’annuncio della visita, si seppe che membri delle Waffen SS erano stati sepolti nello stesso cimitero, suscitando enormi proteste contro la visita. Reagan aveva accettato di recarsi a Bitburg per dimostrare che gli Stati Uniti avevano relazioni normali con la Germania e il suo cancelliere filo-americano Helmut Kohl. A causa delle proteste decise di visitare anche il campo di concentramento di Bergen Belsen. Nelle sue memorie, Wiesel ha dedicato un intero capitolo all’affare Bitburg, spiegandolo così: La tattica tedesca era ovvia, ripulire l’immagine delle SS. “ E’ l’ultimo passo di un piano ben congegnato, per risollevarsi la Germania riabilita la “mite”, “innocente”, Wehrmacht. Ora, grazie a kohl, tocca alle SS. Prima di tutti, i “buoni”, dopo verrà il turno degli altri. Una volta che la porta si è spalancata, i torturatori e gli assassini potranno entrare anche loro. Tocca a Bitburg aprire quella porta… dal Dipartimento di Stato mi è stato detto che Kohl porta la piena responsabilità per questo scandalo, ha convinto Reagan che se la visita fosse stata cancellata sarebbe stato lui, Kohl, a portare il peso della sconfitta, seguita dalla fine dell’alleanza tra Stati Uniti e Germania”.
Nel 1986 Wiesel ricevette il Premio Nobel per la Pace, un esempio di come sia stato Wiesel a onorare il premio e non viceversa. Dopo alcuni anni, quando a ricevere lo stesso premio fu Yasser Arafat, fu il premio ad essere disonorato, visto che non smise mai di far assassinare i cittadini di Israele. Lo dimostra una lista con i pagamenti destinati ai terroristi palestinesi firmata da Arafat ritrovata nella sede dall’Orient House di Gerusalemme, una documentazione recante la sua firma sotto le somme di denaro da consegnare a ogni singolo assassino. Nel mondo occidentale, anche se si definiscono progressisti, c’è chi dimostra comprensione per il terrorismo palestinese con la scusa che sono vittime. Wiesel è stato la vittima simbolo, molto più dei palestinesi, ma non l’ha mai usato per trasformarsi in un assassino o appoggiare i criminali, ma, al contrario, ha dimostrato al mondo che l’essere umano, per quanto possa essere torturato, può ergersi a grandi livelli di moralità.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte.