Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 04/07/2016, a pag. 2, con il titolo "Ricchi, belli e colti: il Bangladesch scopre i volti del terrore", il commento di Carlo Pizzati.
Come per il politico e per molti altri mestieri, la bellezza conta anche nel terrorismo. E' anch'esso un modo per cercare di conquistare nuovi fanatici alla propria causa.
La finiranno quelli che continuano a citare l'umiliazione di chi vive nelle periferie delle metropoli, a mo' di giustificazione del terrorismo ? Questi erano 'ricchi, belli e colti', come la mettiamo d'ora in poi ? con quale coraggio scriveranno ancora "islam, religione di pace" ?
Ecco l'articolo:
I terroristi di Dacca
«Erano tutti eleganti, belli e colti» ha detto il cuoco Sumir Barai, sopravvissuto al massacro dell’Holey Artisan Bakery di Dacca. «Vedendoli per strada, non avresti mai detto che tipi così avrebbero potuto fare una cosa del genere».
Appaiono dissonanti le immagini di questi giovani assassini colti, educati, sorridenti e spietati. E invece sono proprio loro. Nomi di battaglia (anche se come fai a chiamare battaglia esecuzioni e torture così vigliacche?): Abu Omar, Abu Salmah, Abu Rahim, Abu Muslim e Abu Muharib al-Bengali. Sono soprannomi posticci, da fanatici religiosi, come se cambiare nome possa aiutare ad agire in maniera così feroce. I veri nomi sono altri. Nibras Islam, bel ragazzo di famiglia ricca, scomparso dal 29 gennaio scorso, ma che su Twitter aveva scritto «Addio per sempre» già a novembre del 2014 dopo una delusione amorosa.
Il figlio del politico
Poi, Rohan Imtiaz Kahn, figlio di un politico del partito Awami League che è al governo, fatto che causa non pochi imbarazzi. E poi anche Shameem Mubashar, che prima di scomparire a marzo, dopo gli esami di fine anno, abitava con la famiglia proprio nel quartiere diplomatico di Gulshar dov’è avvenuto l’attentato. Sui social network amici e conoscenti di Dacca sfogano le loro paure, terrorizzati dallo scoprire che il nemico è nella porta accanto.
«Ragazzi per bene» come tanti serial killer di tutto il mondo. Nelle foto sui social network scherzano e sorridono con un bicchiere in mano accanto a mamma e sorella, o in un pomeriggio come tanti, con una polo a righe sportiva, in un video in macchina a ridere con gli amici.
Ragazzi della Dacca ricca, mandati a studiare alla rinomata Scholastica e alla Scuola Internazionale Turca, dove s’impara da subito l’inglese. Alcuni di questi assassini appena ventenni (tra i 20 e i 22 anni) erano iscritti alla North South University, come Nibras Islam che qualche anno fa s’è fatto ritrarre in un video con un’attrice di Bollywood, Shraddha Kapoor.
Erano militanti cui si stava dando la caccia, secondo il capo della polizia nazionale Shahidul Hoque. «Abbiamo tentato di prenderli più volte». «Venivano da famiglie ricche o perlomeno influenti e l’hanno fatto perché è una moda» ha dichiarato il ministro degli Interni Khan Kamal, convinto che non siano possibili collegamenti con l’Isis. Altre rivelazioni potrebbero arrivare dal settimo terrorista acciuffato mentre scappava.
Smontata anche questa volta l’idea fallace che le madrasse radicalizzate si nutrano della povertà causata dal sottosviluppo. Scorrendo l’elenco dei terroristi più famosi dalle Torri Gemelle a oggi, si scopre che non è così. Il successo del terrore islamico si basa su menti istruite, non su pazzi analfabeti. È nelle università che l’estremismo cerca le menti più agitate e malleabili, anche tramite il reclutamento on-line. Come sempre, è tra i ragazzi della borghesia che si trovano i leader delle rivoluzioni più sanguinarie e dissennate.
E sono ragazzi di buone maniere come conferma il cuoco che ci ha avuto a che fare nelle ore dello sfacelo sanguinario all’Holey Artisan Bakery. «Non siate così tesi» ha detto uno dei killer con voce ragionevole, come se li stesse convincendo a cambiare operatore telefonico, non ad affrontare le loro pistole o lame.
Ma invece di trovarsi di fronte guerrieri mascherati, hanno trovato ragazzini rasati di fresco, in jeans e maglietta, normalissimi. «Non uccidiamo i bengalesi. Uccideremo solo gli stranieri», ha detto uno di loro, con lo stesso tono calmo. Poi, un altro ha chiesto di accendere il wi-fi per postare le foto.
«Ci parlavano con toni amichevoli» ha raccontato il cuoco Barai. «Si lamentavano del fatto che gli stranieri, con i loro abiti succinti e la loro sete di alcol, ostacolano la crescita dell’Islam».
«Il loro stile di vita incoraggia la nostra gente a imitarli» spiegava uno degli assassini al personale del ristorante, come li volesse convincere che era logico che stessero facendo questo.
L’inglese perfetto
Parlavano bene e in un buon inglese con gli stranieri. Con la stessa pacatezza, uno di loro ha indicato i cadaveri e ha detto: «Vedete quello che abbiamo fatto qui? La stessa cosa succederà a noi».
Alle 7 e mezza i militanti hanno imboccato la porta e congedandosi con la solita buona educazione hanno detto, letteralmente: «Ora ce ne andiamo. Arrivederci in Paradiso». In quel momento il commando ha fatto irruzione. Poco dopo erano tutti e sei distesi a terra, insanguinati come le loro vittime, un foglietto numerato di plastica gialla per l’identificazione dei cadaveri gettato sul loro petto.
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