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Shalom Rassegna Stampa
03.07.2016 Sharia in Europa: Dossier SHALOM 2
Analisi di Daniele Toscano, Mario Del Monte

Testata: Shalom
Data: 03 luglio 2016
Pagina: 4
Autore: Daniele Toscano - Mario Del Monte
Titolo: «I quartieri europei dove l'integrazione non esiste... e nessuno la vuole - Quelle piccole Molenbeek italiane»

Riprendiamo da SHALOM di giugno 2016, a pag. 4, con il titolo "I quartieri europei dove l'integrazione non esiste... e nessuno la vuole", l'analisi di Daniele Toscano; a pag. 5, con il titolo "Quelle piccole Molenbeek italiane", l'analisi di Mario Del Monte.

Ecco gli articoli:

Daniele Toscano: "I quartieri europei dove l'integrazione non esiste... e nessuno la vuole"

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La popolazione di religione musulmana nel mondo è in continua crescita e sempre più significativa è la sua presenza in Europa. Un trend demografico che pone interrogativi di stampo politico e sociale: è possibile e come realizzare una felice integrazione? Come bisogna gestire questa multietnicità? Gli attentati di Bruxelles di novembre 2015 hanno portato sotto la luce dei riflettori il quartiere di Molenbeek, che già aveva legato il suo nome all’estremismo islamico in occasione dell’attentato al Museo ebraico della Capitale belga nel giugno 2014 e di quello di Parigi di gennaio 2015. Centomila persone, prevalentemente di etnia araba, in pochi chilometri quadrati non lontano dal centro, che possono usufruire di oltre 20 moschee. Ma Molenbeek non è che uno dei molteplici esempi di questo tipo di presenze in Europa.

Eredità dell’epoca coloniale, diverse ondate migratorie e qualche opportunità in più rispetto ai Paesi d’origine tra le motivazioni principali. Tra i quartieri europei dove i musulmani sono prevalenti spiccano numerose città francesi, come Lille, Lione, Parigi. Nel nord della Capitale, Boulevard Barbés, nel quartiere Goutte d’Or, è dal 2012 inserito dal governo francese nella 64 zone di sicurezza prioritaria: aree degradate, dove circolano armi e in cui il controllo delle strade sembra di competenza della criminalità organizzata; disoccupazione, delinquenza e traffico di droga diventano terreno fertile anche per i predicatori più estremisti. Discorso che si amplia ancor più se applicato ai Quartieri nord di Marsiglia, ma che si ritrova anche in centri minori come a Fafet-Brossolette, ad Amiens, definita “area priva di diritto”.

La questione si pone inevitabilmente anche nella multietnica Londra, dove i musulmani costituiscono la più ampia minoranza religiosa: oltre 600mila persone secondo il censimento del 2001, più del 12% della popolazione secondo i dati del 2011, superando il 30% nei quartieri di Newham e Tower Hamlets. La peculiarità dell’Islam londinese che lo distingue da quello francese è l’origine dei suoi fedeli, provenienti soprattutto da India, Pakistan, Bangladesh, Turchia, Afghanistan: un’origine che spesso si traduce in una maggiore moderazione, come ha mostrato anche il neosindaco Sadiq Khan all’indomani della sua elezione. Ciò non toglie che vi siano anche comunità originarie del Maghreb e della Somalia, nonché tensioni sociali nelle aree più degradate come East Ham, Barking e Dagenham: da qui parte anche il successo dell’estrema destra del British National Party. Il problema dell’integrazione e della convivenza è comunque comune a quasi tutto il continente e non fanno eccezione i Paesi dell’Europa settentrionale.

Ad Amsterdam c’è il popolare quartiere Slotevart, dove sono affluiti numerosi arabi e turchi; a Copenaghen ci sono Mjølnerparken e Norrebro, a cui sono riconducibili i terroristi degli attacchi di febbraio 2015. A Malmö, Rosengård è dai primi anni 2000 considerato il primo quartiere islamico d’Europa: quando nel 2009 la nazionale di tennis israeliana fu impegnata in Coppa Davis proprio contro la Svezia, scattò il boicottaggio, con violente proteste in piazza della popolazione di fede musulmana. In alcune periferie si è raggiunta una pacifica convivenza, come a Neukölln a Berlino; prevalgono però i casi in cui le differenze etnico-religiose si sono sommate alle tensioni socio-economiche preesistenti e sono aumentati i rischi di contaminazione del fondamentalismo islamico: in Europa l’integrazione sta diventando una sfida sempre più complessa e non si arresterà nel breve periodo.

Il Pew Research Center ha riportato a questo proposito alcuni dati utili: la popolazione musulmana nel continente europeo (Turchia esclusa) era di circa 30 milioni nel 1990, 44 milioni nel 2010 e ci si aspetta un incremento fino a 58 milioni nel 2030. Francia (4,8 milioni) e Germania (4,7) sono i Paesi dell’Unione Europea con il più ampio numero di musulmani; sull’intero continente, il record è comunque della Russia con i suoi 10 milioni. Recentemente, l’aumento di musulmani in Europa è stato dell’1% ogni decennio, dal 4% del 1990 al 6% nel 2010: un trend determinato a proseguire e ad aumentare, con previsioni per il 2030 di un 8% di musulmani sulla popolazione europea; i musulmani sono infatti anche più giovani (età media 32 anni) degli altri europei (40).

Mario Del Monte: "Quelle piccole Molenbeek italiane"

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Musulmani in preghiera in Piazza del Duomo, a Milano

All’indomani dei tragici attentati di Bruxelles su tutti i media, nazionali ed internazionali, si è parlato a lungo di Molenbeek, il quartiere situato alla periferia ovest della capitale belga. Divenuto famoso per essere stato il quartier generale da dove sono stati pianificati gli attacchi jihadisti e per aver dato rifugio al super ricercato Salah Abdeslam dopo il 13 novembre di sangue a Parigi, il quartiere multiculturale si è trasformato nell’estremo esempio di cosa si può generare nei luoghi dove tendono ad aggregarsi quelle minoranze che non si riconoscono nella società occidentale fondata sul laicismo e sullo stato di diritto.

In Italia casi del genere non si sono ancora verificati, probabilmente a causa della diversa provenienza degli immigrati, che nella maggior parte dei casi non arrivano da paesi in cui è in vigore la legge coranica, ma è possibile constatare in particolari aree del nostro paese una certa tendenza che lascia pensare che l’Italia non sia del tutto immune da fenomeni di questo tipo. Due casi meritano attenzione: Brescia ed Eboli. Nella città lombarda, a pochi metri dal centro storico, esiste un quartiere chiamato “il Carmine” in cui vivono circa trentasettemila immigrati. Si tratta in prevalenza di pakistani e nordafricani che hanno totalmente ridisegnato la zona eliminando ogni traccia delle tradizionali attività artigiane rimpiazzandole con macellerie halal, call center e negozi di frutta e verdura. Il Carmine però non ha mai goduto di buona fama ed è stato considerato per secoli un luogo malfamato, legato ad attività illecite e frequentato solo dai clienti delle prostitute che vi lavoravano.

La presenza massiccia di immigrati non è di per sé un problema ma, come a Molenbeek, hanno trovato qui un posto sicuro diversi jihadisti di casa nostra: nel 2009 Mohammad Yaqub Janjua, 60 anni, e suo figlio Aamer Yaqub, 31 anni, furono arrestati dalla Digos e dalla Guardia di Finanza perché ritenuti coinvolti negli attentati di Mumbai del 2008 e per aver effettuato più di trecento trasferimenti di denaro, attraverso la loro attività di money transfer, a favore di personaggi indagati per terrorismo in Pakistan, furono poi in seguito rimessi in libertà dal Tribunale del riesame; Essaadi Moussa Ben Amor Ben Ali, latitante dal 2009, ha vissuto per un lungo periodo di tempo nel quartiere bresciano prima di fuggire in seguito alla diffusione di una lista nera stilata da Washington, un’inchiesta successiva lo ha definito “uomo-ponte” fra l’Italia e le reti terroristiche di al-Qaeda; infine il caso più recente, quello di Abu Rawaha Al-Itali, il primo kamikaze italiano fra i foreign fighters in Siria, passato per il Carmine prima di andare a combattere per lo Stato Islamico.

Ad Eboli invece una zona della Piana del Sele è stata ribattezzata “Selestan” per l’elevata presenza di immigrati islamici. Qui la presenza di elementi legati al jihadismo è ridotta ad un caso relativo a due algerini arrestati dalle forze dell’ordine con l’accusa di far parte di al-Jamaa al-Islamiyya al-Musallaha, un gruppo fondamentalista nordafricano. La trasformazione del quartiere è però molto simile a quella avvenuta al Carmine dove le insegne dei negozi sono rigorosamente in arabo e gli immancabili call center sono ad ogni angolo. A marzo 2016 si è verificato anche un triste incidente: al grido di “maledetti cristiani” un uomo si è messo a fracassare le statue della Madonna di Lourdes scatenando l’ira dei residenti cristiani. Solo l’intervento congiunto di imam e preti ha scongiurato il peggio. Questi casi non servono ad indicarci l’Islam come portatore di un virus incompatibile con il nostro modo di vivere ma devono farci tenere a mente l’idea che lo Stato ha il dovere di vigilare nei quartieri più a rischio perché sono proprio quelli i luoghi dove il fondamentalismo islamico procede al reclutamento. Fra i disperati e gli emarginati, fra chi non trova le sue opportunità di vita e lavoro e chi sceglie autonomamente di rinchiudersi in una enclave religiosa come al Carmine o nel Selestan.

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