Dopo Brexit: che deve fare Israele ?
Analisi di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Angelo Pezzana)
Non sapremo le precise conseguenze politiche, economiche e sociali di Brexit in Gran Bretagna, Europa e nel mondo intero. Ad esempio, in molti paesi membri della UE, diversi partiti si stanno preparando ad un referendum simile a quello inglese. Il confuso impatto iniziale ha colpito i mercati finanziari, ci vorrà tempo per ricondurli a una certa stabilità. Sicura è invece la nomina del successore di David Cameron.
È improbabile che Brexit produca delle conseguenze nei rapporti con Israele. Se ci saranno, non sarà entro un breve termine. Che deve fare allora Israele? La prima cosa riguarda il governo, è meglio esimersi da ogni valutazione immediata, non ne trarrebbe alcun vantaggio. Reazioni diverse potranno essere causate dal caos che si sta verificando nella UE, ma resta da verificare se Israele potrà intervenire, così come ci potranno essere sviluppi imprevisti che potranno offrire opportunità a Israele, ma anche contenere minacce. Per questo il governo dovrebbe provvedere a monitorare attraverso un comitato che tenga sotto controllo il dopo Brexit. Se non lo farà, Israele subirà le minacce senza poterne cogliere i benefici.
Negli scorsi anni Israele è stata danneggiata dall’imperialismo post coloniale della UE, con iniziative anti-semite causate dalle politiche del doppio standard. Lo testimonia la frequenza con la quale la UE condanna le costruzioni israeliane nei territori, paragonate al quasi silenzio sui crimini che avvengono nel mondo islamico. Questo vale anche nei confronti della alta percentuale di criminalità che permea la società palestinese, dove il partito di maggioranza è l’islamo-nazista Hamas, il cui scopo è il genocidio degli ebrei. Il doppio standard anti-semita è particolarmente visibile nella etichettatura dei prodotti del West Bank e del Golan, misure che non vengono applicate a molti altri paesi, come la Turchia, che occupa la parte nord di Cipro. Questo doppio standard è anti-semita, second la recente definizione di anti-semitismo approvata dalla IHRA (International Shoah Remembrance Alliance), una istituzione che persegue educazione, ricordo e ricerca sulla Shoah. Venne votata da 31 paesi, 24 dei quali sono membri dell’Unione Europea.
Il messaggio politico che Israele può inviare alla UE è il seguente: “avete fallito nel mantenere l’unità dei paesi membri, risultato di una lunga serie di errori. Da molti anni non siete in grado di capire ciò che fate. L’abbiamo detto da molto tempo che la vostra ingerenza negli affari israelo-palestinesi è sempre stato il danno maggiore. Per cui mettete fine al vostro caos interno e astenetevi del continuare a seccarci". Ovviamente il Ministero degli Esteri israeliano può formulare questo messaggio con espressioni più diplomatiche. In vista di prossimi screzi con la UE, sarà bene rendere pubblico questo messaggio.
All’origine la UE aveva importanti obiettivi e aveva intrapreso passi utili. L’Europa era stata tenuta lontano dalle guerre che avevano coinvolto il continente per secoli. Anche l’aver abolito le frontiere ha reso più competitive e redditizie la economie dei paesi membri. Ma negli ultimi decenni, gli errori grossolani si sono susseguiti uno dopo l’altro. È stato da irresponsabili aver creato il trattato di Shengen, aprendo le frontiere a tutti coloro che volevano entrare senza prevedere adeguati controlli. Assurdo aver creato una moneta unica, l’Euro, senza una comune politica economica e fiscale. Aver lasciato la Grecia ad adottare l’Euro e dopo maltrattarne i cittadini è stato un altro passo falso. Le politiche verso i migranti, senza una selezione preventiva è stato un altro grande fallimento. La scorsa settimana il Presidente di Israele Reuven Rivlin ha incontrato a Bruxells Donald Tusk, il Presidente del Consiglio europeo, l’istituzione che comprende soprattutto i capi di stato dei paesi membri. Tusk ha detto a Rivlin che una pace durevole in Medio Oriente è una alta priorità per l’Unione europea. Ora, è evidente quanto sia invece prioritario per la UE che i paesi membri rimangano insieme, dopo la decisione dell’Inghilterra di uscire, è su questo che devono investire i loro massimi sforzi.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte.