|
|
||
La realpolitik di Bibi Netanyahu Cari Amici, Abbiamo la fortuna di vivere in tempi interessanti, ma non troppo; turbolenti, ma non eccessivamente. La guerra è assente in Europa (a parte alcuni episodi terribili ma minori, come la dissoluzione della Jugoslavia) da settant’anni buoni; gli Stati Uniti hanno avuto il loro Vietnam quasi cinquant’anni fa e da allora gli episodi militari hanno colpito solo marginalmente la popolazione civile.
E’ vero che Ben Gurion disse che in Israele chi non crede nei miracoli non è realista, ma - si parva licet... - all’inizio della fuga dall’Egitto, quando tutto il popolo è terrorizzato dall’arrivo dell’esercito del Faraone, sono bloccati dal mare davanti e Mosè stesso esita e invoca aiuto divino, dall’alto gli viene risposto (Esodo 14: 15) “Perchè gridi a me? Ordina ai figli di Israele di partire”, cioè nella spiegazione di Rashi “Non è questo il momento di dilungarsi in preghiere, giacché Israele è in strettezze”; in altri termini quando si è in pericolo è meglio darsi da fare e non aspettare miracoli - che poi nella Bibbia arrivano, eccome; ma solo dopo che gli ebrei si sono decisi a muoversi. Un pericolo sta nell’idea che in tempi interessanti si possa fare quel che si trova più simpatico o che ti dicono essere più elegante o morale. Un buffo esempio di questo atteggiamento è uscito in un sondaggio appena pubblicato, dove si dice che gli israeliani, interrogati sulle elezioni americane, hanno espresso con la maggioranza di 57% a 13% la convinzione che Hillary Clinton farebbe più pressioni su Israele per fare concessioni al “processo di pace” e, con una percentuale minore ma significativa (37% contro 36%), hanno detto di pensare che l’elezione di Trump sarebbe nell’interesse di Israele più di quella di Clinton e (43% contro 34%) che Trump avrebbe migliori relazioni con Netanyahu di Clinton; ma poi, quando si tratta di esprimere la loro preferenza, dicono che voterebbero (42% contro 35%) per Clinton. (http://www.algemeiner.com/2016/06/23/poll-israelis-would-vote-for-clinton-over-trump-despite-seeing-the-mogul-as-better-for-israel/ ) Bizzarro, no? Clinton è meno conveniente per me, ma voterei per lei... probabilmente perché fa più bella figura, è meno “impresentabile”. Ancora restano sei mesi della sua presidenza, particolarmente pericolosi perché tecnicamente irresponsabili: i prezzi per le forzature di Obama non le pagherà lui, ma eventualmente solo la candidata democratica e il paese. Lo si è visto già con il rifiuto pratico di Obama di adempiere a una importante decisione della Corte Suprema sugli immigrati (http://www.politico.com/story/2016/06/obama-slams-supreme-court-immigration-decision-224728 ). Ma il più è fatto. Questo più è frutto di attivismo e spregiudicatezza. Nelle ultime settimane Netanyahu ha di nuovo visto Putin (la quarta volta in pochi mesi), ieri a Roma ha firmato la normalizzazione dei rapporti con la Turchia senza cedere sul punto fondamentale, il blocco di Gaza (e nel frattempo Erdogan ha posto le premesse per la riconciliazione con la Russia), poi ha incontrato di nuovo Kerry in teoria per parlare della riapertura delle trattative con l’Autorità Palestinese, ma probabilmente soprattutto per informarlo sulle novità. Ben lungi dall’essere emarginato e isolato come volevano i palestinisti e i loro alleati, Israele fa una politica di movimento. L’accordo con la Turchia permetterà una maggiore vicinanza col blocco sunnita, cioè toglierà un blocco all’avvicinamento all’Arabia Saudita e tutto questo contribuisce ad allontanare proprio quei “pericoli esistenziali” di cui vi parlavo all’inizio: perché la Turchia può almeno in parte bloccare le aggressione di Hamas, Egitto e Israele contrastano insieme l’Isis nel Sinai, e con l’Arabia vi sono interazioni operative che non conosciamo, ma certo c’è in comune l’inimicizia con l’Iran e i suoi protetti di Hezbollah.
|
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |