Israele, oggi 27/06/2016, è al centro delle cronache internazionali. La diplomazia del governo Netanyahu ha lavorato bene, i risultati sono positivi per lo Stato ebraico. Cambiano i rapporti con la Turchia, Hamas a Gaza dovrà rivedere le iniziative terroriste per non pregiudicare la collaborazione con Istanbul, anche il rapporto con l'Arabia Saudita e la Russia diventano più pragmatici di fronte alla minaccia rappresentata dall'Iran.
Bibi Natanyahu
Riprendiamo dalla STAMPA e dalla REPUBBLICA i servizi che ci paiono più interessanti da commentare.
La Stampa-Francesca Sforza:"Israele apre sugli aiuti a Gaza e sigla il disgelo con la Turchia
Adesso Prima
L'embargo su Gaza continuerà, ma alla Turchia verrà consentita una serie di interventi per migliorare le infrastrutture della Striscia, mai realizzate da Hamas, che investiva unicamente in azioni terroriste contro Israele gli enormi finanziamenti che riceveva dall'estero. L'accordo con la Turchia, se verrà rispettato, obbligherà Hamas a porre fine alla guerra contro Israele. Putin ci ha messo del suo, migliorando così la presenza russa nella regione, una politica scaltra favorita dagli errori dell'Amministrazione Obama in Medio Oriente. L'alleanza sunnita isola l' Iran e questa è sempre una buona notizia.
I colloqui avvengono a Roma, un'occasione per governo italiano di controbilanciare l'esposizione pro-Iran fin qui dimostrata. Entro il mese di luglio la verifica.
Il titolo "Israele apre sugli aiuti a Gaza e sigla il disgelo con la Turchia" risente della ancora troppa benevolenza verso la parte ostile a Israele, non è Israele che 'apre' sugli aiuti a Gaza, ci sono sempre stati, Israele l'ha sempre consentito previo controllo su quel che entrava. E' semmai la Turchia a impegnarsi -se così sarà davvero- a impedire la ripresa del terrorismo di Hamas.
Ecco il pezzo:
Dopo sei anni di aperta e dichiarata crisi bilaterale, Turchia e Israele si preparano a firmare un importante accordo di normalizzazione, il cui annuncio è previsto questo pomeriggio da parte del premier israeliano Benjamin Netanyahu e la cui firma definitiva sarà formalizzata da entrambe le parti entro la fine di luglio. Il lavoro diplomatico si è fatto più serrato negli ultimi due giorni, e il luogo scelto per mettere a punto i dettagli è stata la sede dell’Ambasciata turca a Roma, la stessa da cui, qualche giorno fa, è partito un appello all’Italia da parte del ministro turco degli Affari Europei Omer Celik per iniziative comuni sulla crisi dei migranti. La capitale italiana si conferma così uno snodo decisivo per le emergenze del Mediterraneo: in almeno tre occasioni ha ospitato incontri segreti fra gli inviati dei due Paesi. La crisi tra Israele e Turchia – che prima di allora avevano una cooperazione molto stretta – risale al 2010 quando un commando israeliano, nel tentativo di fermare la nave Mavi Marmara che stava violando il blocco su Gaza imposto dallo Stato ebraico, provocò la morte di dieci cittadini turchi. Dal 2013, anno in cui Israele presentò scuse ufficiali per la morte degli attivisti, si sono susseguiti più tentativi di ripristinare le relazioni, ma ogni volta con un nulla di fatto. Ieri per la prima volta, dopo gli incontri romani tra le due squadre negoziali, lo scenario è cambiato, e le prime dichiarazioni rilasciate dai due governi non lasciano dubbi: «Si sta arrivando alla fine di un lungo processo.», ha detto Ibrahim Kalin, portavoce del presidente turco Erdogan, e di un «prossimo riavvicinamento» ha parlato Yaakov Nagel, capo del Consiglio di Sicurezza di Israele. Ad essersi sbloccata è la controversa questione di Gaza: i turchi chiedevano la fine dell’embargo da parte di Israele; il compromesso raggiunto prevede - secondo indiscrezioni - l’invio da parte di Ankara di aiuti illimitati a Gaza, a condizione che il passaggio avvenga attraverso il porto israeliano di Ashdod. Alla Turchia sarà inoltre concessa la costruzione di un ospedale, di una centrale elettrica e di un impianto di desalinizzazione nella Striscia. La Turchia si impegna a impedire a Hamas di condurre attività terroristiche, ma ne consentirà le attività diplomatiche dalla sede di Istanbul, così come si impegnerà a facilitare il recupero dei resti di soldati israeliani caduti a Gaza.Se le fonti turche hanno salutato il passaggio come un progresso nei confronti del popolo palestinese, alcuni funzionari di Hamas, in un’intervista al quotidiano arabo con sede a Londra Rai al-Youm hanno osservato che la decisione è stata presa «più che altro nell’interesse della Turchia». Gli altri punti dell’accordo prevedono, oltre la riapertura delle rispettive sedi diplomatiche e il risarcimento già avviato alle famiglie delle vittime, la ripresa di esercitazioni militari congiunte e l’avvio di investimenti comuni nel settore energetico. Il raggiungimento dell’accordo è stato facilitato da un miglioramento, negli ultimi tempi, delle relazioni tra Turchia e Russia, paese tradizionalmente vicino a Israele, miglioramento che in questa fase aveva bisogno di un’ulteriore spinta per consolidarsi. La comune diffidenza nei confronti dell’Iran ha fatto il resto, e la cornice di Roma, capitale che ha con Teheran rapporti stretti e cordiali, ha fatto in modo di coronare un’alleanza senza causare attriti di sorta. Il Mediterraneo è un’area caratterizzata da mille e una sensibilità, e il fatto che Roma si sia mostrata luogo ideale per non urtarne alcuna, è un dato politico da considerare e di cui coglierne il potenziale strategico .
La Repubblica-Fabio Scuto: " Israele e Turchia fanno la pace"
Attivisti pro-Hamas mentre attaccano i soldati israeliani
a bordo della Mavi Marmara
i soldati aggrediti con mazze di ferro
Il catenaccio sotto al titolo, ci fa capire quanto sia difficile immettere equilibrio all'interno di un giornale che risente sempre della ostilità verso Israele. Recita infatti " L'annuncio sei anni dopo il sanguinoso assalto alla Freedom Flotilla che portava auiuti a Gaza". Due menzogne in una riga: 1) l'imbarcazione non mirava a portare aiuti a Gaza, l'obiettivo era rompere il blocco navale voluto da Israele per impedire l'arrivo di armi. 2) invece degli aiuti, la Marmara trasportava gente armata, in pieno assetto di guerra. Invece di accettare il controllo della polizia marittima israeliana, aggredirono i soldati con l'intenzione di eliminarli fisicamente. Da qui la reazione, che, per fortuna, non produsse vittime fra i soldati israeliani che si limitarono a difendersi.
Nella cronaca di Scuto non poteva mancare il pistolotto finale sul "governo più a destra della storia di Israele " . Se i colloqui con i palestinesi sono interrotti la colpa è di Israele, se l'opzione 'due stati' non gode più di nessun credito, è colpa di Israele. Che nell'Anp ci sia un dittatore che risponde al nome di Abu Mazen, il quale dichiara di non volere più confrontarsi con Israele su tutti i palcoscenici, dall'Onu alla UE, questa è una non-notizia. C'è qualche gioranle che la riporta ?
Ecco il pezzo:
GERUSALEMME. Sei anni dopo aver interrotto le relazioni diplomatiche e congelato i proficui rapporti economici, Israele e Turchia riallacciano le loro relazioni. Lo scontro seguito al caso della Mavi Marmara – il traghetto turco che cercò di forzare il blocco navale di Gaza e venne assaltato dai commandos israeliani con un tragico bilancio: 9 cittadini turchi uccisi. L’intesa è data per fatta dalle tv israeliane che hanno anticipato la notizia ieri sera e l’annuncio ufficiale verrà dato oggi dallo stesso premier Benjamin Netanyahu a Roma dove è volato per incontrare il segretario di Stato degli Stati Uniti John Kerry e Matteo Renzi. Gli sforzi per riavviare i negoziati con i palestinesi erano nel menù ieri sera a cena a Villa Taverna con il segretario di Stato John Kerry - anche lui nella capitale, prima di andare a Bruxelles e Londra per fare il punto sui rapporti degli Stati Uniti con una Europa scossa dal referendum sulla Brexit - e lo saranno nell’incontro di oggi con il premier Matteo Renzi. Ma la tappa romana di Netanyahu segna soprattutto la normalizzazione dei rapporti con Ankara a sei anni dalla vicenda Mavi Marmara. L’intesa - che sarà annunciata oggi nella conferenza stampa di Netanyahu - è stata limata fino all’ultimo ieri pomeriggio a Roma dal sottosegretario agli Esteri turco Feridun Sinirliolu, e per Israele dal capo negoziatore Joseph Ciechanover, che ha seguito la vicenda sin dall’inizio, e dal vice consigliere per la sicurezza nazionale, Jacob Nagel. Secondo le anticipazioni della stampa turca e israeliana, l’accordo prevede l’indennizzo da parte di Israele ai parenti delle nove vittime – un’intesa già raggiunta con le famiglie quasi due anni fa - e la possibilità che Ankara invii aiuti alla popolazione della Striscia di Gaza (attraverso il porto israeliano di Ashdod), materiali per costruire infrastrutture per acqua, elettricità e ospedali. Non ha ottenuto nulla di più il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che invece chiedeva a gran voce la rimozione totale del blocco israeliano a Gaza e il ricorso alla Corte penale internazionale contro i militari israeliani protagonisti del blitz in mare aperto. A Roma, alla vigilia della visita del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon in Israele, Netanyahu cercherà di ammorbidire le conclusioni dell’imminente rapporto del Quartetto sullo stallo dei negoziati, apparentemente piuttosto duro con Israele. La soluzione internazionale finora sostenuta - quella dei 2 Stati – non trova più in Israele sostegno sufficiente per andare avanti. La realtà sul terreno è molto cambiata in questi ultimi tre anni e Netanyahu guida il governo più a destra della storia di Israele con la maggioranza dei ministri nettamente contrari a questa soluzione. Nel consiglio dei ministri solo 4 sono favorevoli a questa soluzione negoziale, ben 9 si sono dichiarati apertamente contrari, gli altri 5 preferiscono un riserbo (imbarazzato). Con questa maggioranza è impossibile per Netanyahu impegnarsi in maniera credibile in un negoziato vero.
La Stampa-Giordano Stabile: "Dietro l'intesa c'è l'Arabia: più forte l'alleanza anti-Iran"
La nuova leadership arabo-saudita va tenuta d'occhio. Chissà se cambierà qualcosa nell'utimo stato feudale esistente sulla terra, staremo a vedere. Per ora qualche segnale c'è, da attribuirsi certamente dalla paura dell'Iran, le cui mire espansionistiche, unite alla prossima disponibilità dell'arma nucleare, preoccupa tutta l'area mediorientale.
In questa prospettiva sottolineiamo la difficile situazione nella quale si trovano i Fratelli Musulmani, ai quali rimarrà quale territorio di conquista soltanto più l'Europa.
Mohammed Bin Salman con Putin
Ecco il pezzo:
Venti milioni a un fondo umanitario, le scuse alla famiglie, e l’allentamento del blocco a Gaza, sono un prezzo ragionevole quando parliamo di recuperare il miglior alleato possibile in Medio Oriente, per Israele. Un Paese di 80 milioni di abitanti, un Pil da 800 miliardi di dollari. Il secondo esercito della Nato, 350 mila uomini, con gli stessi mezzi made in Usa delle forze armate israeliane, dai tank ai jet di quinta generazione F-35. La Turchia è un Paese musulmano ma laico, nonostante la svolta sempre più conservatrice impressa dal presidente Recep Tayyip Erdogan. Ed è ancora la più potente nazione sunnita nell’area, per economia e capacità militari. La “ricostruzione” della Regione nel dopo-Isis, e dopo disimpegno americano, non può essere concepita senza Ankara, per lo meno dal fronte anti-sciita. Teheran sogna, dopo il Califfato, un’autostrada senza ostacoli Baghdad-Damasco-Beirut. Gli sviluppi militari gli stanno dando ragione. L’accordo con Ankara salda l’alleanza Israele-potenze sunnite, in grado di bilanciare l’Iran rafforzato dalla fine delle sanzioni. E’ il progetto che la nuova leadership saudita porta avanti da un anno. L’intesa per la restituzione delle isole nel Mar Rosso dal Cairo a Riad, con l’assenso dello Stato ebraico, ha creato un effetto a catena. La questione palestinese è stata riaperta nei termini accettabili dall’attuale governo israeliano: una mediazione fra potenze confinanti, che preveda un qualche riassetto regionale per compensare il ritiro dai Territori. Ma l’Arabia deve farsi affiancare da un campione dell’islam politico credibile, dopo che i Fratelli musulmani sono stati annientati nel rogo della Primavera araba. La Turchia è il partner indispensabile. Per Riad come per Israele. Il road show del vice principe ereditario Mohammed bin Salman negli Usa, senza turbante e in abiti occidentali, serve anche ad accreditare il blocco sunnita come quello più moderato all’interno dell’islam, nonostante la feroce aggressività dei jihadisti salafiti. Ora all’Arabia saudita manca un ultimo tassello. La riconciliazione fra Turchia ed Egitto. Erdogan, sostenitore di un islam politico che si è ispirato molto ai Fratelli musulmani, non ha perdonato al presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi l’implacabile repressione della Fratellanza. Ma di fronte alla possibilità di tornare arbitro, anche se in coabitazione, del Medio Oriente, il Sultano potrebbe cedere, come ha ceduto su Hamas.
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