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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Informazione Corretta Rassegna Stampa
26.06.2016 Ritratto di Gannouchi, il pericolo più grande per il futuro della Tunisia
Analisi di Valentina Colombo

Testata: Informazione Corretta
Data: 26 giugno 2016
Pagina: 1
Autore: Valentina Colombo
Titolo: «Ritratto di Gannouchi, il pericolo più grande per il futuro della Tunisia»

Ritratto di Rashed al-Gannouchi, il pericolo più grande per il futuro della Tunisia
Analisi di Valentina Colombo

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Valentina Colombo

“Siccome il termine islam politico è stato preso in ostaggio dal terrorismo di Al Qaeda e di Daesh, noi abbiamo il dovere di distinguerci da questi criminali. Per Daesh la democrazia è haram, vietata. Per noi è necessaria.”

Con questa dichiarazione si apre l’intervista a Rached al-Ghannouchi, leader del partito politico tunisino Ennahdha, pubblicata sul numero 26 (anno LXII, 30 giugno 2016) e firmata da Francesca Mannocchi, ecco il link per leggerla:http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=12&sez=120&id=62847 .

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Rasheed Ghannouchi

A seguito del decimo Congresso di Ennahdha - tenutosi in pompa magna il mese scorso e che ha visto un ingente investimento nella comunicazione, gestita dal 2013 da Burson and Marsteller, una delle principali agenzie di pubbliche relazioni a livello mondiale - il messaggio principale della nuova versione del partito islamista è stato il seguente: “Abbandono dell’islam politico e separazione tra politica e predicazione”.
Ebbene, l’annuncio della cesura con l’islam politico risulta quantomeno insignificante se pronunciato da Ghannouchi che nel 2013 dichiarò ad Al Jazeera quanto segue: “Movimento islamico (haraka islamiyya) è il concetto che noi privilegiamo a islam politico per indicare l’insieme delle attività e delle correnti che invitano all’islam in quanto parola divina, modo di vita globale e discorso universale. Noi siamo un movimento islamico.”

 Se a questa dichiarazione si aggiunge quella di Yusuf Qaradawi, teologo della Fratellanza molto vicino a Ghannouchi, che nel volume Min fiqh al-dawla fi al-islam (“Della giurisprudenza dello Stato nell'islam") in un capitolo dedicato all’islam politico, dopo avere illustrato che al termine islam non si può apporre alcun aggettivo, tantomeno l'aggettivo 'politico', scrive: "Il vero islam - così come lo ha ordinato Dio - non può che essere politico, poiché se allontanassimo l'islam dalla politica sarebbe un'altra religione, quale il buddismo, il cristianesimo o un'altra ancora, ma non certo l'islam."

 Secondo Ghannouchi, l’islam politico “è stato preso in ostaggio dal terrorismo di Al Qaeda e di Daesh, e noi abbiamo il dovere di distinguerci da questi criminali.” E’ importante notare però che, come afferma il tunisino Ahmed Manai, l’11 dicembre 2011 si tenne a Tripoli una conferenza cui parteciparono Ghannouchi, Qaradawi, Abdelhakim Belhaj e il ministro degli Esteri qatariota e che sancì la riconciliazione libica, ma anche l’addestramento e l’invio di giovani tunisini e libici a combattere in Siria.
Lo stesso Ghannouchi è tra i firmatari di un appello al jihad in Siria lanciato nel giugno 2013 dal Cairo, quindi ben prima dell’annuncio del ritorno al califfato da parte di Abu Bakr al-Baghdadi.

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Ghannouchi avrebbe altresì potuto condannare, senza se e senza ma, la strumentalizzazione della religione per fini politici sia nel caso dello Stato islamico sia in quello della Fratellanza musulmana.
Tuttavia nel volume Muqarabat al- ‘ilmaniyya (Avvicinamenti alla laicità, Dar al-Mujtahid, Tunisi 2011, pag. 33) non dà adito a dubbi sulla sua concezione di Stato: «Lo Stato islamico è uno stato di diritto per eccellenza ovvero l’autorità della sharia prevale su quella dello Stato».
Ed è probabilmente a questo che ha pensato nella sua risposta sulla laicità nell’intervista all’Espresso quando dichiara che “la Tunisia non è un paese laico, la laicità è un’esperienza che i tunisini hanno mutuato dalla Francia e non c’entra niente con il sistema di questo paese. La laicità è un modo per combattere la religione. E noi vogliamo che il governo tenda prima la mano alla religione, pur assicurando la libertà per tutti.”

 Nel suo saggio fondamentale al-Hurriyat al-‘amma fi al-dawla al-islamiyya (Le libertà generali nello Stato islamico, Markaz Dirasat al-Wahda al-‘Arabiyya, Beirut 1993, p. 48), nel paragrafo dedicato a “La questione dell’apostasia” scrive: “L’apostasia è la miscredenza, in modo consapevole e per propria scelta, dopo avere abbracciato l’islam. Questo attraverso la rinnegazione, oppure una forma simile, dei fondamenti dell’islam, quali gli articoli di fede, le leggi divine o simboli. Ad esempio attaccare la dignità divina o della profezia, oppure autorizzare ciò che è vietato dalla religione oppure negare i doveri religiosi e così via".

I versi coranici hanno enunciato più volte la ripugnanza di questo reato e minacciato chiunque se ne renda colpevole di un castigo cocente, senza però esplicitare una pena precisa nella vita terrena. Invece la tradizione islamica identifica la pena nella condanna a morte: “Uccidete chiunque cambi religione. Tutti i Compagni – Dio si compiaccia di loro – concordano sulla condanna a morte degli apostati.

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 Sempre nello stesso volume a pagina 54 affronta il tema della sharia come fonte di legislazione: “Come non stipulare l’islamicità di un capo (di Stato), il cui compito essenziale è quello di mettere in pratica la religione, orientare la politica dello Stato nei limiti dell’islam, di educare la nazione islamica secondo i precetti dell’islam, di esserne la guida nella preghiera, di predicare [...] e di essere un esempio da imitare? Il Corano è chiaro. Ha stabilito che il sovrano debba essere musulmano: ‘“Obbedite a Dio, all’Inviato e a coloro tra di voi che detengono l’autorità” (Corano, IV, 59).
E’ assurdo, impossibile chiedere a un non musulmano di assumere il potere, vigilare sulla religione e la gestione degli affari terreni. Il pensiero di Ghannouchi è in continua evoluzione e il fallimento di Mohamed Morsi in Egitto è servito d’insegnamento. I

l tunisino Mohammed Haddad, professore di teologia comparata, ha definito i Fratelli musulmani, e affini, “islamisti pragmatici” e quanto sta accadendo in Tunisia lo dimostra. Nell’immediato post-rivoluzione, Ennahdha non ha saputo governare, ha creato un clima di violenza politica e sociale e non si è nemmeno dimostrata immune dalla corruzione.
Per questa ragione, nel gennaio 2014 Ghannouchi ha pragmaticamente deciso di indietreggiare e lasciare il governo, ma non è scomparso e sin dalle elezioni parlamentari dell’ottobre 2014, alle quali Ennahdha è stata sconfitta dalla coalizione Nidaa Tounes, ha alacremente operato per proporre un volto nuovo più tunisino e meno islamista. Il decimo congresso di Ennahdha è stato il momento conclusivo di questa ennesima trasformazione che per ora è più mediatica che concreta. E’ difficile credere alla separazione tra aspetto politico e religioso in seno a Ennahdha quando alla data odierna, sia Ghannouchi che l’altro membro del direttivo del partito Abd al-Majid al-Najjar, sono ancora membri dell’International Union of Muslim Scholars, guidata da Yusuf al-Qaradawi e che è la principale istituzione religiosa della Fratellanza contemporanea.

 E’ difficile credere alla separazione tra aspetto politico e religioso quando Ghannouchi, nell’intervista a Espresso, da un lato afferma che le moschee non devono più essere “dei luoghi di propaganda politica, ma che siano solo un luogo di unione per tutto il popolo tunisino” e che il governo si propone di ripulire le moschee dai salafiti, quindi non dagli imam legati alla Fratellanza, e dall’altro afferma di volere “ripartire dall’educazione, dalle piccole cose che possano raccontare ai ragazzi e alla gente che cos’è l’islam” e di mettere quindi in pratica il paradigma di Hasan al-Banna che vedeva nell’educazione il gradino essenziale della re-islamizzazione dal basso della società.

Solo il tempo rivelerà se il cambiamento annunciato è sostanziale oppure di facciata, per il momento, quello di Ennahdha, sembra un cambiamento lessicale, il frutto di un abile pragmatismo e di una costosa campagna mediatica.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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