Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/06/2016, a pag.1/ 21, con il titolo "Sirte, la battaglia nel grande gioco del mediterraneo", l'analisi di Maurizio Molinari
Maurizio Molinari
La battaglia di Sirte contro i jihadisti dello Stato Islamico (Isis) è la cartina tornasole di una Libia che rischia di spaccarsi per l’effetto convergente di rivalità interne e opposti schieramenti di nazioni europee ed arabe. A Sirte ciò che resta di Isis è assediato da una coalizione di forze libiche guidate dalle milizie di Misurata, dotate di carri armati ed artiglieria, coordinate da un centro operazioni situato 190 km a Ovest del campo di battaglia. A Misurata sono presenti consiglieri militari britannici - affiancati da americani - e i leader tribali locali godono del consistente sostegno, finanziario e politico, dell’Emirato del Qatar. Il governo di unità nazionale libico, guidato da Fayez Serraj, fa parte della coalizione che sta per completare l’espulsione dei jihadisti dall’ex roccaforte del colonnello Muammar Gheddafi, ma la leadership militare è nelle mani dei misuratini. Ad appena 150 km a Sud-Est di Sirte sono attestate le forze del generale Khalifa Haftar, espressione del governo di Tobruk e alla guida della principale forza armata della Cirenaica. Haftar ha il proprio quartier generale a Bengasi, dove sono presenti consiglieri militari francesi, e gode del sostegno economico e finanziario di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. La sua intenzione era di partecipare alla battaglia di Sirte e contribuire alla demolizione dell’enclave del Califfato, ma sono state alcune unità fedeli alle milizie misuratine a bloccare le sue unità, nell’evidente tentativo di escluderlo dalle operazioni in corso. L’assalto a Sirte contro i jihadisti di Abu Bakr al-Baghdadi - in gran parte di origine tunisina e sub-sahariana - avrebbe dunque potuto trasformarsi nella genesi di un’alleanza fra le due maggiori fazioni libiche - governo Farraj-misuratini e Haftar - ma sta avvenendo l’esatto opposto. A suggerire la necessità di un coordinamento fra tutte le forze libiche anti-Isis era stato il governo italiano, confermando la scelta strategica di operare per il mantenimento della Libia come Stato unitario. Ma a prendere il sopravvento sul terreno sembrano essere spinte politiche e religiose, che tendono alla disgregazione. Si spiega così il fatto che Sheikh Sadiq Al-Gharyani, grande imam di Tripoli, ha lanciato dagli schermi della Tanasuh tv un appello alla «coalizione rivoluzionaria» guidata dai misuratini chiedendogli di «non fermarsi a Sirte» bensì di «arrivare fino a Derna e Bengasi» ovvero nel cuore della Cirenaica per sconfiggere anche Haftar. Ed al tempo stesso Haftar adopera le armi più efficaci a sua disposizione - aerei ed elicotteri del disciolto esercito di Gheddafi - per bombardare a Derna le forze del Consiglio islamico locale sostenute da Tripoli, ovvero le stesse milizie che hanno contribuito ad allontanare dalla città costiera i jihadisti di Isis. Ciò che ne esce è il quadro di una rivalità fra Misurata ed Haftar che rischia di portare nel migliore dei casi ad una separazione fra Tripolitania e Cirenaica, e nel peggiore ad uno scontro armato aperto. E’ uno scenario che fa riflettere perché evidenzia la sovrapposizione fra il conflitto in corso in Libia e le rivalità fra gli attori regionali, ognuno dei quali segue una propria agenda: l’Egitto ha interesse a trasformare la Cirenaica in una regione-cuscinetto per proteggersi dai jihadisti del Sahara, sauditi ed emiratini vogliono a loro volta consolidare il ruolo del Cairo come argine anti-terrorista nel Nord Africa mentre il Qatar vede nei successi militari dei misuratini la conferma della propria statura di potenza regionale araba. E la presenza di britannici e francesi sui fronti opposti suggerisce la volontà di Londra e Parigi di sfruttare il processo di decomposizione degli Stati nazionali arabo-musulmani per creare proprie sfere di influenza all’ombra di un consenso politico di maniera per iniziative internazionali di assai difficile realizzazione. Se a ciò aggiungiamo che la Russia di Vladimir Putin sta tentando, a sua volta, di affacciarsi a Tripoli con mosse tanto abili quanto riservate non è difficile arrivare alla conclusione che la partita in atto in Libia va ben oltre l’esito dell’assalto finale dei misuratini agli ultimi 5 kmq di Sirte presidiati dai cecchini jihadisti. Ciò che si sta consumando è il Grande Gioco degli equilibri di potenza nello scacchiere del Mediterraneo.
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