Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/06/2016, a pag. 29, con il titolo "La danza elettronica di Emanuel Gat alla Biennale delle tante generazioni", l'analisi di Sergio Trombetta.
Sergio Trombetta
Emanuel Gat
Non è perché la sua patria è Israele e neppure perché la sua famiglia ha origini nordafricane, terre baciate dal sole, che Emanuel Gat ha intitolato Sunny, proprio come il vecchio hit di Bobby Hepp, il pezzo con cui venerdì sera a Venezia inaugura la Biennale Danza. «È un titolo nato per scherzo, un motivo che ci girava per la testa mentre con Awir Leon lavoravamo a questo nuovo progetto che coinvolge dieci danzatori. Però è vero: a un certo punto Awir canta un pezzetto di Sunny».
Un progetto con cui uno dei creatori più interessanti e richiesti del panorama contemporaneo, ma anche fra i più appartati (da otto anni lavora a Istres nel Sud della Francia), darà il via al festival veneziano in programma dal 17 al 26 giugno. E per il quale il direttore Virgilio Sieni ha riunito almeno tre generazioni di coreografi: dalla compagnia di Trisha Brown, di 79 anni, al giovane newyorkese Daniel Linehan di 34, insieme a molti altri trentenni e quarantenni. Un esercito di 25 coreografi con nove prime mondiali, nove nazionali oltre cento danzatori raccolti intorno alla Biennale College. Un ventaglio molto ampio che ha i suoi momenti forti nella «prima» di Gat, nel Leone d’Oro alla carriera a Maguy Marin, nella presenza di Anne Teresa de Keersmaeker, e che vede coinvolte non solo le sale veneziane ma anche dal mattino alla sera molti campi della città.
Una scena di "Sunny"
Estate di show in Italia
E intanto Gat, 47 anni, studi di direzione d’orchestra prima di appassionarsi alla danza con il coreografo Nir Ben Gal a Tel Aviv, è al lavoro per gli ultimi ritocchi a Sunny e per il secondo brano di 25 minuti che sta realizzando con gli otto ragazzi della Biennale College. Ma curiosa e intensa è sicuramente la collaborazione con Awir Leon, star della musica elettronica francese: «Il nostro è un modo di lavorare molto intimo, perché Awir oltre che cantante e musicista è stato mio danzatore per otto anni. Nessuno come lui conosce il mio lavoro. Per questo ho voluto che fosse in scena con le sue strumentazioni durante le prove e lo spettacolo».
Una danza, la sua, che sottende tutta una serie di legami profondi fra i ballerini: «Non penso alla danza come a qualche cosa di astratto. Perché i danzatori sono persone, esseri concreti: ci si guarda, ci si tocca. Dunque m’interessa molto l’aspetto degli individui che si mettono insieme. È proprio questo la coreografia: organizzare, creare un sistema di relazioni». Danza e musica, un rapporto molto speciale per Gat: «Hanno un rapporto organico, si compenetrano, nessuna delle due è al servizio dell’altra, sono due entità autonome ma che nascono, si sviluppano, dialogano secondo un disegno coerente. Sono frutto di un’unica creazione».
Questo anche quando si ispira alle Variazioni Goldberg di Bach nell’esecuzione di Glenn Gould per Gold che presenterà il 25 luglio a Bolzanodanza insieme alla sua versione della Sagra della primavera di Stravinsky che coreografa a ritmo di salsa. E qui il rapporto con la musica cambia: «In effetti per il Sacre ho seguito i ritmi con i passi della danza cubana, ma è un unicum nel mio lavoro di 25 anni».
Con i ragazzi della Biennale college il metodo è simile a quello con la compagnia: «Non impongo movimenti precisi né lavoriamo sull’improvvisazione. La danza nasce dalla collaborazione della nostra comune creatività: un lavoro di ricerca e costruzione».
Dopo Bolzano l’estate italiana di Gat prosegue al Festival di Ravello dove sempre con Awir Leon lavorerà, in residenza, per Estro, un brano per dodici danzatori campani in scena il 17 agosto: «È un gruppo di giovani molto entusiasti e bravi che ho scelto in base a delle audizioni fatte un paio di mesi fa».
Coreografo associato al festival Montpellier Danse dove presenterà Sunny dopo Venezia, Gat ha lasciato Israele per la calma del Sud della Francia, ma non perde d’occhio la scena coreografica israeliana. «È un Paese dal dinamismo artistico incredibile in questo campo, ma il fatto che abbia scelto la Francia spiega anche il mio punto di vista sulla politica del governo israeliano».
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