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Bet Magazine Rassegna Stampa
09.06.2016 Lealtà e tradimento: il caso del romanzo 'Borderlife' di Dorit Rabinyian
Commento di Angelo Pezzana

Testata: Bet Magazine
Data: 09 giugno 2016
Pagina: 6
Autore: Angelo Pezzana
Titolo: «Che cosa significa oggi in Israele parlare di 'lealtà' e 'tradimento'? A proposito di Grossman, della Lista Araba e di 'Borderlife', il libro di Dorit Rabinyian vietato nei licei»

Riprendiamo dal BOLLETTINO della Comunità ebraica di Milano di giugno 2016, a pag. 6, con il titolo "Che cosa significa oggi in Israele parlare di 'lealtà' e 'tradimento'? A proposito di Grossman, della Lista Araba e di 'Borderlife', il libro di Dorit Rabinyian vietato nei licei", il commento di Angelo Pezzana.


Angelo Pezzana

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L'autrice Dorit Rabinyian con il suo romanzo "Borderlife"

Vengono definiti ‘delicati’ quegli argomenti difficili da inquadrare, non sono di destra né di sinistra, non esiste una pubblica opinione tutta bianca o tutta nera, chi esprime un giudizio definitivo, privo di sfumature, in genere ragiona in modo piuttosto che in altro in base a una ideologia dai confini rigidamente chiusi. Una parola entrata da qualche tempo nel vocabolario della politica israeliana, suscitando prese di posizione che non prevedono confronti è ‘lealtà’, contrapposta –anche se meno citata- a ‘tradimento’. Tutto è nato intorno dalla decisione del ministro della cultura Miri Regev di non inserire fra i libri da consigliare per le scuole superiori il romanzo di Dorit Rabinyian “Borderlife”, una storia d’amore tra una ebrea israeliana e un arabo palestinese, la cui relazione nasce e si svolge per alcuni mesi a New York, prima di finire quando la loro vita riprende normalmente dopo il ritorno al paese d’origine.

Amarsi lontano dalla realtà quotidiana è un conto, sarà anche stato coinvolgente, ma le differenze tra due società, costumi, relazioni, prende poi il sopravvento. La vita vera per tutti e due riprende, la storia d’amore è finita, tutti e due ritornano alle proprie culture separate. Qual è stata l’accusa lanciata contro Miri Regev ? L’aver giudicato il romanzo ‘non formativo’, nel senso che qualsiasi studente può leggerlo se vuole, ma altra cosa è giudicarlo, appunto, formativo, tanto da finanziarne l’acquisto per ogni biblioteca di classe.

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Miri Regev

Una decisione che si può condividere oppure no, ma sicuramente non un atto di censura, perché il romanzo è da mesi in testa alle classifiche dei più venduti, di certo grazie anche alle polemiche che ha suscitato,il che non vuole automaticamente qualità, ma successo sì, essendo il tema poco comune nella narrativa contemporanea d’Israele. È uscito anche in italiano, dove l’editore, fiutando uno stimolo alle vendite, l’ha presentato con una fascetta sulla quale troneggiava la scritta ‘il romanzo messo all’indice in Israele’, cosa del tutto falsa ma giudicata vantaggiosa dal punto di vista economico.

La mancata adozione nelle scuole è stata etichettata come se fosse stata decisa da parte della Ministra come un atto impositivo di una ‘lealtà culturale’, da respingere in quanto ‘fascista’. Così l’ha definita David Grossman in una intervista a Euronews, la stazione plurilingue finanziata dall’Unione Europea, cioè da tutti noi stati membri, che si distingue per i virulenti attacchi che sin dalla sua fondazione conduce contro Israele. Poter definire ‘fascista’ un atto del governo è un’occasione che Grossman non si lascia certo sfuggire, infatti dopo aver definito fascista la ministra, ha subito attaccato Netanyahu, accusandolo di voler nascondere agli israeliani i pericoli veri richiamandosi ai tempi passati, allontanando così l’arrivo della pace.

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I deputati della Lista Araba Unita alla Knesset

Ma alla parola ‘lealtà’ si contrappone ‘tradimento’, ignorata anche se dovrebbe essere invocata in molti casi della vita politica parlamentare, ad esempio nel comportamento dei deputati della Lista Araba, che non si limitano a criticare il governo, cosa più che normale per un partito d’opposizione, ma agiscono spesso contro l’interesse nazionale, diventando di fatto complici di movimenti e stati stranieri che si propongono la distruzione di Israele. Altro esempio, certe iniziative delle Ong auto-definitesi pacifiste, che si comportano spesso in modo tale da mettere in pericolo la sicurezza delle forze di difesa nazionali. Aspettiamo con ansia il momento in cui qualcuno, non necessariamente un ministro, pronuncerà la parola ‘tradimento’ nei confronti di chi mina la sicurezza dello stato.

Sarà una domanda scomoda, contro tutte le regole del politicamente corretto, ma prima o poi anche chi sta comodamente dalla parte di chi dimentica che Israele difende il proprio diritto a esistere sin dal primo giorno della proclamazione dello Stato, dovrà porsela. Mettere in pericolo il futuro del paese nel quale si vive significa tradirlo.

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