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La Stampa Rassegna Stampa
07.06.2016 Oggi il 'piano sui profughi' dell'incompetente Mogherini, che apre ancora alla Turchia
Intervistata da Alberto Simoni

Testata: La Stampa
Data: 07 giugno 2016
Pagina: 19
Autore: Alberto Simoni
Titolo: «La sfida della Mogherini: 'Gli Stati Ue rispettino gli impegni sui profughi'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/06/2016, a pag. 19, con il titolo "La sfida della Mogherini: 'Gli Stati Ue rispettino gli impegni sui profughi' ", l'intervista di Alberto Simoni a Federica Mogherini.

Federica Mogherini, ancora una volta, non esprime nessuna proposta concreta per fronteggiare la questione dei rifugiati e dell'immigrazione massiccia dal mondo islamico verso l'Europa, preferendo utilizzare slogan vuoti e frasi fatte. L'incompetenza di Mogherini, responsabile della politica estera dell'Unione Europea, è sotto gli occhi di tutti. Attendiamo di registrare il "piano sui migranti" che illustrerà oggi all'Onu, certi che sarà un'ulteriore conferma della sua incapacità.

La sua risposta all'ultima domanda, inoltre, apre alla Turchia nell'Unione Europea: Mogherini, in altre parole, vorrebbe che un regime dittatoriale, illiberale e sempre più islamista come quello di Erdogan consolidasse "la via dell'integrazione europea". 

Ecco l'intervista:

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Alberto Simoni

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Federica Mogherini

Federica Mogherini ha avanzato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu la richiesta di una condivisione globale della gestione dei flussi migratori. Il tempo dell’incontro a Palazzo di Vetro, poi un volo la riporterà in Europa. Oggi è il giorno in cui presenta agli europarlamentari il piano Ue sui migranti e sulla partnership con l’Africa al quale ha lavorato insieme al collega Frans Timmermans. Il numero uno della diplomazia Ue è ottimista, sa però che ostacoli sono nascosti anche nelle pieghe del funzionamento della Ue.

Crede che troverà consensi il suo piano?
«C’è accordo sostanziale fra i ministri degli Esteri sulle politiche esterne sulle migrazioni. Quanto presenteremo domani (oggi, ndr) è un passo avanti, speriamo che al consenso politico seguano i fatti».

In che modo?
«Al summit di La Valletta ci fu lo stanziamento di 1,8 miliardi per progetti di sviluppo. L’Africa Trust Fund si arricchirà di 500 milioni, si tratta quindi di poter impiegare 2,3 miliardi di euro di fondi comunitari. Una cifra che ci consentirebbe di stringere legami e avviare progetti con l’Africa».

Per frenare i flussi di migranti?
«Per governare insieme i flussi migratori, migliorare la vita delle persone nei Paesi di origine e l’accoglienza nei Paesi di transito. A questo serviranno i fondi del Trust Fund, e anche quelli che mobiliteremo con una grande piano di investimenti che vale miliardi di euro basato su un mix di risorse comunitari, privati e garanzie di istituzioni finanziarie internazionali».

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Un campo di raccolta di profughi siriani

A quali Paesi guarda?
«Giordania e Libano in Medio Oriente, che già ospitano milioni di profughi. In Africa i destinatari sono Nigeria, Senegal, Mali, Etiopia e Niger».

Da Niger e Mali ci sono le rotte che portano migliaia di disperati verso il Mediterraneo.
«Con il Niger in particolare stiamo mettendo in atto un piano per il controllo delle frontiere nel Nord, quelle con la Libia. Il 17 giugno a Bruxelles terremo un summit con i ministri del Sahel e con il ministro degli Esteri libico proprio sul controllo dei confini meridionali della Libia».

Riesce a lavorare con il governo libico? Al Sarraj qualche problema di rappresentanza e di effettivo potere sembra averlo.
«Gli ho parlato due giorni fa, Sarraj sta lentamente prendendo il controllo della macchina amministrativa, ha richiesto alla Ue sostegno per la formazione della Guardia costiera e della Marina. È importante che i libici possano controllare le loro coste e contribuire alla lotta agli scafisti. Ma questo non basta».

Cosa serve?
«Controllare i flussi di entrata, ecco perché la Ue lavora con il Niger. Siamo ad Agadez per sostenere e migliorare la loro capacità di pattugliare i confini, sappiamo che l’85% delle persone che approdano in Libia arrivano da Sud e il confine nigerino è chiave. Per noi europei e per gli africani».

Abbiamo assistito al “balletto” delle quote, le redistribuzioni dei migranti. Solo l’1% è stato ricollocato. Non un gran successo. Non teme frenate anche per il piano africano?
«La dimensione esterna delle nostre politiche ci ha sempre visti uniti e coerenti e lavoriamo affinché continui a essere così».

L’accordo era stato trovato anche sulle quote...
«Sì, e il Consiglio europeo lo aveva adottato formalmente. Poi è rimasto non realizzato».

Sono prevalsi gli interessi nazionali. In questo momento, fra Brexit, Grexit e crisi dei migranti, l’Unione rischia di implodere?
«Abbiamo leadership politiche in alcuni Paesi europei che investono più in slogan che sanno non risolveranno mai i problemi, anziché in risposte vere, comunitarie».

Cosa bisogna fare?
«Anzitutto prendersi la responsabilità di raccontare ai cittadini la verità e dire che il fenomeno migratorio è enorme e complicato e che non sparirà ma che può essere gestito. Ci sono 70 milioni di rifugiati nel mondo, non spariranno d’incanto. È miope non vedere questo, chi si rinchiude nel proprio recinto è del tutto fuori dalla realtà».

Anche capi di governo sembrano avere posizioni sempre più euroscettiche. Juncker, pur con una battuta ha invitato lo slovacco Fico a guidare la Ue non da euroscettico almeno per sei mesi. Curioso...
«Curioso, ma ci tocca vivere in questo mondo».

La governance europea non aiuta a rinfocolare il sogno e la forza europea, non trova?
«L’unico modo per investire nel sogno europeo è avere il coraggio del cambiamento in Europa. La contrapposizione fra chi difende la Ue così come è e chi vorrebbe distruggere tutto, è uno schema che appartiene al passato. Il punto vero è come si riesce a riformare l’Unione».

Un’Europa a 28 ha messo insieme diversità evidenti, molte si sono apertamente scontrate proprio sul tema migranti. Non teme che arrivi qualcuno e dica, ok rifacciamo tutto su altre basi?
«Mi pare che ci sia qualcuno che sta già proponendo non di ricostruire su altre basi ma solamente di distruggere. Invece serve – come ho detto – riformare, cambiare. La nostra Unione ci serve, è l’unica dimensione che ci offre reali soluzioni ai tanti problemi del nostro tempo. A volte è più facile rendersene conto dall’esterno. La diversità e l’unità sono la nostra forza e la nostra grandezza. Il nostro modello d’integrazione è invidiato da tutti».

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Il sultano Erdogan trascina la Turchia verso la sharia

Tiene l’accordo con i turchi?
«Dipende dalla leadership turca, me lo auguro. Perché il nostro rapporto va oltre la gestione dei rifugiati. Il vero tema è consentire che ad Ankara e all’interno della società turca si consolidi la via dell’integrazione europea a partire dai nostri valori fondamentali.

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