Michelle Mazel racconta come ha vissuto a Gerusalemme durante la guerra dei 6 giorni
'Come la maggior parte dei miei concittadini mi sono recata al lavoro'
(Traduzione di Angelo Pezzana)
L'articolo in inglese è stato pubblicato alla pagina http://www.jpost.com/Opinion/Jerusalem-Day-A-personal-recollection-455952
Gerusalemme riunificata: Moshe Dayan e Ytzhak Rabin entrano nella Città vecchia
Succedeva quasi mezzo secolo fa – 49 anni per la precisione – ma oggi ricordiamo con difficoltà le giornate di terrore che precedettero la riunificazione della città. Il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser aveva appena rafforzato il blocco degli stretti di Tiran sul Mar Rosso, così impedendo alle navi israeliane l’accesso verso Asia e Africa; in più aveva ordinato alle forze di pace dell’Onu di andarsene dalla Penisola del Sinai, dove si trovavano sin dal 1956, anno della guerra per il Canale di Suez. Il 5 giugno 1967, l’inizio della guerra dei 6 giorni, Israele aveva cercato in tutti modi di far sapere a Re Hussein di Giordania che la guerra era soltanto contro l’Egitto. Per questo non erano state prese misure per difendere la capitale da un attacco.
L’improvviso bombardamento dell’artiglieria giordana colse tutti di sorpresa. Come la maggior parte dei miei concittadini mi ero recato al lavoro come sempre. Le prime granate mi colsero nella tipografia del Governo, allora nel quartiere Baka. Nessuno sapeva che cosa fare... alcuni impiegati rimasero al loro posto, altri no. Mia figlia, di due anni, era a casa con una governante, ma temendo che fosse impaurita, decisi di raggiungerla. Una mia collega coraggiosa mi ha accompagnato per un pezzo di strada, faceva molto caldo, c’era un inteso odore di polvere da sparo e le strade erano deserte. Si udiva a intermittenza lo scoppio degli spari.
Arrivai a casa in tempo di vedere che i miei vicini si stavano recando in una specie di rifugio, una stanza a pianterreno dalle pareti molto spesse, con una porta in acciaio, di quelle che si usano per nascondere la spazzatura. Venne messa in ordine in fretta, anche se mancavano tutti i servizi, acqua compresa. Mancando la ventilazione, eravamo costretti a tenere socchiusa la porta la maggior parte del tempo. Nel palazzo abitavano sette famiglie, vi erano quindi bambini piccoli, ed eravamo senza materassi. Naturalmente gli uomini erano tutti stati richiamati. Ci sistemammo alla meglio per la note, ma tutti sapevamo che non ci saremmo addormentati.
Soldati israeliani presso il Muro occidentale il 7 giugno 1967
Le colline di Gerusalemme erano illuminate dal fuoco delle artiglierie. La radio ‘kol israel’ diffondeva messaggi incoraggianti, senza però dare informazioni precise. La radio egiziana, invece, trasmetteva in ebraico notizie di uno strepitoso successo, informandoci anche – senza alcun senso del ridicolo – che mentre gli israeliani soffrivano il loro primo ministro si nascondeva in un hotel di lusso “con la moglie, più giovane di lui di molti anni”. Man mano che il tempo passava, diventava sempre più difficile ascoltare barzellette. Aspettavamo da un minuto all’altro che gli egiziani bombardassero la città. Ma verso le due o le tre del mattino, Kol Israel annunciò che tutti gli aerei egiziani erano stati distrutti. Fu una gioia indescrivibile per tutti, alla fine riuscimmo persino ad addormentarci.
Intanto i rinforzi arrivavano a Gerusalemme, cancellando le postazioni giordane. Il 7 giugno, due giorni dall’inizio della guerra, un urlo pieno di gioia si sparse in tutto il mondo: “ Har habayt beyadenu”, il Monte del Tempio è nelle nostre mani. La Guerra per liberare Gerusalemme era finita, ma solo l’11 giugno ci fu un totale cessate il fuoco. Il governo israeliano prese una decisione di grande importanza, il muro che separava Gerusalemme ovest dall’est venne abbattuto.
Avvenne qualcosa di incredibile. Decine di migliaia di israeliani raggiunsero quel luogo fino ad allora proibito, mentre decine di migliaia di arabi fecero il percorso inverso, desiderosi di vedere la città nuova. Si mischiarono, fermandosi a scambiare qualche parola con i nuovi vicini. Un fiume senza fine di uomini, donne e bambini riempirono le strade della città riunificata. Si può affermare che tutti condividevano qualcosa di irreale. Non vi fu nessun incidente a segnare quel giorno straordinario, dove tutto lasciava sperare che un nuovo inizio di speranza fosse sorto per tutti. Non andò così. Vale la pena ricordare che se Re Hussein avesse dato retta a Rabin invece che a Nasser, la Giordania dominerebbe ancora sul West Bank e su Gerusalemme Est… né ci sarebbero territori disputati o coloni.
Michelle Mazel è una scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron”. Le sue recensioni sono pubblicate sull’edizione settimanale in lingua francese del Jerusalem Post.