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La montagna ha partorito il topolino. Ora badiamo alle cose serie a destra: photo opportunity del fallimento Cari amici, vi ricordate della conferenza di Parigi sul Medio Oriente? Preannunciata da sei mesi, sostenuta personalmente da Hollande, preparata da due giri nella regione da parte del Primo Ministro francese Valls (che a differenza del suo presidente è una persona perbene, un nemico vero dell’antisemitismo) e del ministro degli esteri, rappresentava il progetto francese di sostituirsi agli Stati Uniti come grande burattinaio mediorientale (http://www.jpost.com/Breaking-News/French-FM-Goal-is-to-get-Israelis-and-Palestinians-to-negotiating-table-455819 :( ah, la grandeur! Dopo il disastro libico, un altro “vasto programma”, come avrebbe detto De Gaulle) e insieme il progetto di dare all’Europa una nuova credibilità internazionale attraverso il suo stato più interventista. E in effetti Mogherini l’ha appoggiata pienamente (http://www.jpost.com/Breaking-News/World-powers-have-duty-to-revive-Middle-East-peace-talks-455817 ), come del resto anche il segretario dell’Onu Ban Ki-Moon (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/UN-chief-Israelis-and-Palestinians-must-show-commitment-to-two-state-solution-455820 ). L’America era molto entusiasta, se non altro per ragioni di concorrenza e Kerry si è fatto parecchio pregare e ha preteso di spostare la data della conferenza per intervenire. I francesi avevano comunque scelto un tono trionfalista, dichiarando che la convocazione in sé era una “vittoria” (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/213218 ) e facendo girare una bozza del documento finale della conferenza (http://www.lastampa.it/2016/06/03/esteri/a-parigi-la-conferenza-di-pace-sul-medio-oriente-senza-israele-e-i-palestinesi-xV5peZ1qs5zSeNoe4vGwfJ/pagina.html ) in cui si stabiliva che sarebbe stata la “comunità internazionale” a stabilire i termini dell’accordo fra Israele e Anp, e che ci sarebbe stato un calendario preciso e molto stretto per questo accordo (http://www.timesofisrael.com/paris-peace-confab-set-to-end-with-call-for-clear-timetable-for-talks/ ). Bene, a quanto pare la montagna ha partorito il classico topolino. I trenta ministri o segretari generali o potenti del mondo convocati da Hollande per risolvere la questione sotto la sua guida sono arrivati a Parigi in mezzo a un iradiddio (non fatemi più teologico di quel che sono, ma un’alluvione della Senna che minaccia perfino il Louvre, agitazioni sociali con scioperi e scontri che non si vedevano da anni, blocco dell’energia elettrica e dei rifornimenti di benzina e anche uno sciopero devastante dei controllori del traffico aereo - che altro sono?). E chi potrebbe dire il contrario? Ma come direbbe di nuovo il generale De Gaulle, “vaste programme”. Il Jerusalem Times, meno icastico, ha commentato: “Not exactly revolutionary stuff”, una dichiarazione non proprio rivoluzionaria (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Israel-can-sigh-relief-at-parve-Paris-communique-455822 ). Ciao Hollande, alla prossima. Torniamo alle cose serie, al di là del velleitarismo del povero Hollande (che probabilmente ha della politica la stessa etica e la stessa estetica che ha deliziato i giornali di gossip nelle sue vicende sentimentali, quando si è fatto beccare mentre in motorino, pensando di non essere riconoscibile sotto il casco, lasciava la sede della presidenza della Repubblica e la fidanzata in carica per andare dall’amante... http://www.cameroun24.net/photo-cameroun-Le_Pr_C3_A9sident_Fran_C3_A7ais_Fran_C3_A7ois_Hollande_surprit-33.html ). Una prima domanda vera è perché la Francia, che è stata spesso insanguinata dal terrorismo islamico ed è tormentata dalla microcriminalità e dal rifiuto degli immigranti dopo aver perso una guerra in Algeria che sarebbe tutta da ripensare fuori dagli stereotipi comunisti e terzomondisti degli Anni Cinquanta, sia diventata così antisraeliana - ma solo dopo quella guerra, e ad opera di chi sancì la sconfitta, cioè De Gaulle. Forse è un caso in grande di sindrome di Stoccolma, l’amore e la gratitudine per i propri nemici (e non sarebbe il solo caso, anche in Gran Bretagna, in Olanda e in Belgio operano correnti culturali simili). Forse è l’illusione di riuscire a cavarsela salendo sul carro dei vincitori, per quanto scassato e sanguinoso. Comunque sia spera di ottenere un appeasement, di affidarsi alla buona volontà dei nemici, bastonando chi si ostina a resistere (http://www.gatestoneinstitute.org/8172/france-appeasement ). Più seria ancora e complicata è la questione dell’affollarsi dei tentativi di “pace” in Israele (cioè contro Israele) in questo momento. Le iniziative si moltiplicano, c’è quella di Al Sissi in coordinamento coi sauditi, che Israele non può non prendere sul serio; ma ci sono anche sgangherate riproposizione dei vecchi concetti strategici come “terra in cambio della pace”, di cui la storia ha mostrato la falsità (http://www.jpost.com/Israel-News/Former-Israeli-and-US-officials-unveil-security-based-proposals-for-two-state-solution-455818 ). E tutti aspettano di vedere se Obama cercherà di approfittare degli ultimi mesi della sua presidenza non per cercare di lasciare un segno nella storia risolvendo di forza il conflitto - è troppo furbo per illudersi che una cosa del genere sia possibile e ha anche dichiarato di non sperarci più -, ma per prendersi la sua vendetta su Netanyahu danneggiando Israele con qualche azione per esempio all’Onu. Il problema è che nessuna persona sensata può pensare in questo momento che un accordo o magari solo una trattativa fra Israele e Autorità Palestinese possa calmare il grande carnaio mediorientale, che ha tutt’altre ragioni, essenzialmente il ritiro americano e la delega dell’amministrazione Obama all’imperialismo iraniano di prendere il posto degli Usa nell’egemonia regionale, che accende un conflitto all’ultimo sangue con gli stati sunniti della regione ( vi consiglio di leggere qui l’analisi di Caroline Glick su questo punto, che merita di essere molto meditata http://www.jpost.com/Opinion/Column-One-Irans-chess-board-455779 ). Israele è naturalmente alleato dei sunniti, per la prima volta da sempre; non solo, si dà il caso che in questo momento l’Arabia Saudita e l’Egitto abbia molto più bisogno di Israele dell’inverso. E’ illogico che Israele faccia concessioni radicali per ottenere questa alleanza, che è già nelle cose. Può fare dei gesti di buona volontà, come non opporsi alle cessione da parte dell’Egitto all’Arabia delle isole strategiche che chiudono il golfo di Eilat; ma non si vede perché, per avere il privilegio di aiutare l’Arabia contro l’Iran, dovrebbe porre le premesse della propria distruzione, trasferire di forza il 10% della sua popolazione o prendersi i terroristi a distanza di tiro a mano da Gerusalemme, Tel Aviv e dall’aeroporto. La fretta sta qui, non nel bisogno urgente di una situazione che è stabile abbastanza da aver retto i tentativi di innescare un’”intifada dei coltelli” da parte dei nostalgici del terrorismo; ma nel problema di schierarsi bene nella partita a scacchi che ha come posta niente di meno dell’invasione persiana della Mesopotamia, o la rivincita della battaglia di Karbala dove gli antenati degli sciiti persero la speranza di dominare sull’islam mille e trecento anni fa. Ugo Volli |
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