Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 02/06/2016, a pag.12, con il titolo "Stinger e armi ai ribelli in Siria. Erdogan e Putin guerra per procura" l'analisi dei rapporti Turchia-Russia di Giordano Stabile.
Giordano Stabile Erdogan/sultano e Putin/zar
Il video è apparso sul Web il 14 maggio scorso. Un guerrigliero con un lanciamissili a spalla appostato in una valle boscosa. L’elicottero turco che vola basso, ignaro. Il missile, un sofisticato Sa-18 di fabbricazione russa noto come Igla, parte e lo colpisce nella coda. Pochi secondi e l’elicottero si disintegra al suolo.
L’agguato dei combattenti del Pkk, avvenuto il giorno prima, segna una svolta nella guerra per procura fra Mosca e Ankara. Una partita che si gioca all’interno della guerra civile siriana e in quella, strisciante, fra esercito turco e insorti curdi nel Sud della Turchia. Con la variante dei curdi siriani appoggiati dagli Stati Uniti contro l’Isis, e in marcia su Raqqa, ma osteggiati da turchi.
In tutte e due i conflitti, ed è questa la svolta, hanno debuttato i missili anti-aerei portatili. In gergo militare sono chiamati Manpads. Il grande pubblico li conosce come Stinger, il modello che gli americani fornirono negli Anni Ottanta ai mujaheddin afghani e che alla fine costrinse i sovietici alla ritirata.
Nei terreni impervi, e nella guerriglia urbana, gli elicotteri hanno ruolo decisivo di sostegno alla fanteria. Nelle valli afghane, come in quelle dei territori curdi, è difficile entrare senza elicotteri. Ma i mezzi a pale sono vulnerabili ai Manpads, efficaci fino a 3 o 4 mila metri di quota. E lo stesso vale per i vecchi cacciabombardieri che devono abbassarsi per individuare gli obiettivi.
I missili portatili sono stati tenuti fuori dalla guerra civile siriana per decisione degli Stati Uniti. Troppo pericoloso fornirli a ribelli che combattono fianco a fianco con gli islamisti di Al-Nusra. Dopo lo scontro frontale con la Russia a partire dal 30 settembre scorso, però, la Turchia ha deciso di lasciarli filtrare agli insorti. E nel 2016, nel giro di un mese, tre jet dell’aviazione siriana sono stati abbattuti: il 13 marzo a Kafr Nabudah dal gruppo Jaysh al-Islam, il 5 aprile a Sud di Aleppo da Ahrar al-Sham, il 23 aprile a Est di Damasco dallo Stato islamico.
Sembra che in tutti e tre i casi siano stati usati modelli cinesi FN-6, meno sofisticati di quelli russi e americani ma facili da reperire sul mercato nero. A Mosca è scattato l’allarme. E’ probabile che il ritiro dei cacciabombardieri Su-24 e Su-25, vecchiotti e vulnerabili, sia legato alle nuove armi. Sono stati sostituiti dai moderni elicotteri Ka-52, dotati di sistemi elettronici in grado di sviare i missili.
Il Cremlino è passato al contrattacco. Il 27 aprile un portavoce del governo ha detto pubblicamente che Mosca avrebbe potuto fornire missili a spalla al Pkk, se Ankara continuava a lasciare passare quelli diretti ai ribelli siriani. L’Igla russo che abbattuto l’elicottero turco il 13 maggio, un Ah-1 W Super Cobra, potrebbe essere il primo avvertimento.
La guerra civile in Siria si intreccia sempre più con quella fra Ankara e i curdi. Erdogan ha evocato più volte un intervento di terra in Siria contro l’Isis, ma anche contro i guerriglieri dello Ypg, alleati del Pkk. In Iraq blitz con aerei e truppe di terra colpiscono regolarmente i rifugi del Pkk. Lunedì il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha intimato ai turchi di “ritirarsi” dall’Iraq: “E’ una posizione inaccettabile”.
Il rischio di escalation è dietro l’angolo. Lavrov è di nuovo tornato a chiedere “scuse” per l’abbattimento di un Su-24 russo da parte degli F-16 turchi lo scorso 24 novembre, e un “processo” per i ribelli filo-turchi che uccisero uno dei piloti. La guerriglia del Pkk è stata sostenuta dall’Unione sovietica fino al 1990 e dal padre di Assad, Hafez, fino al 1998, quando Ankara minacciò di invadere la Siria. Assad cedette e cacciò il leader del Pkk Abdullah Ocalan, ora in prigione. Adesso si ricomincia.
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