Riprendiamo da LIBERO di oggi, 29/05/2016, a pag.12, con il titolo "E' il web la nuova trincea d'Israele" il terzo articolo di Carlo Panella da Israele.
Carlo Panella Udi Sommer Gilad Erdan
«Il socialmedia è la nuova moschea radicalizzata e jihadista». Udi Sommer, esperto di cybersecurity dell'Università di Tel Aviv parafrasa così la consegna pronunciata da Hillary Clinton nella SIlicon Valley: «Togliere ai terroristi l’agibilità sul loro terreno virtuale, significa togliergli il loro terreno reale,concreto,materiale».Un terreno su cui Israele siimpegna a tal punto che il 20% degli investimentimondiali nella ricerca cyber è israeliano, con centro a Beersheba, nel Negev. Una ricerca, diretta dal 2015 dalla National Cyber Agency e dalla Special Entity che dipende direttamente dal primo ministro, che ha prodotto gli straordinari risultati di Iron Dome (ogni sua batteria costa 50milionididollari),cheintercetta missili e razzi lanciati dai 3 ai 72 chilometri (nemmeno gli Usa erano stati capaci di un tale risultato) e che oggi sviluppa i sistemi David Slim e Arrow, che intercetteranno missili a medio e lungo raggio. Progetti che si realizzano anche grazie a una situazione unica: i ricercatori Cyber di Israele sono personalmente, individualmente, anche i soldati di Israele e formano un cerchio formidabile tra forze armate, università e industria. Sul piano sociale e politico poi, laRete comemoltiplicatore del terrorismo è un dato di fatto concreto e devastantein Israele comein un nessun altro paese. Gilad Erdan, ministro della Sicurezza, ma anche e non a caso degli Affari Strategici e dell’Informazione, mi illustra con una slide i dati sui costi umani di quella che in Europa, erroneamente, chiamiamo Intifada dei coltelli: dall’ottobre 2015 al maggio 2016 190 attacchi di palestinesi a israeliani, 110 col coltello; 30 i civili israelianiuccisi,anche bambini,donne e vecchi; 2 turisti uccisi; 320 israelianiferiti; 98assalitoripalestinesi uccisi prima o dopo l’attacco; 74 catturati; il 21% degli assalti da parte di donne palestinesi. Questa ondata di attentati terroristici nel nuovo format -praticato anche in Inghilterra, in Europa e negli Usa,vedi San Bernardino- spiega Gilad Elan, «non è affatto promossa da organizzazionipalestinesi,ma èeccitata dalla Rete. Israele, come sempre, reagisce facendo conto sulla sua grande capacità di resilienza.Ma anche denunciando le incredibili falle dellaRete quanto a sicurezza,a partire dal rifiuto di Facebook di chiudere le pagineeisitidichi,usando un criptico lessico religioso islamico, incita a uccidere gli ebrei». Udi Sommerfa parte della folta rete di esperti di anti terrorismo che in Israele, per la prima volta, sente il bisogno urgente di una collaborazione internazionale per una regolamentazione della Rete che contrasti il suo ruolo di coordinamento del terrorismo e del jihadismo e anche di incitamentoa compiereattidi terrorismo: «Il terrorismo nuota nell’immenso arcipelago di Facebook, col suo miliardo e mezzo di users. Si pone quindiuna questioneinderogabile: la comunità internazionale può imporre o no alle Companies della Rete di eliminare-contrastare l’anonimato e di segnalare alle autorità ed eliminareimessaggicriptaticheincitano alla violenza politico-religiosa? È evidente che è indispensabile trovare un equilibrio tra le ragioni della sicurezza e la indispensabile difesa della privacy. Compito complesso. Ma sfidaindispensabile per Israelee per tutte le nazioni con cui siamo pronti a lavorare di concerto». Lo stupore di sentire per la prima volta tutti gliespertidicybersecurity israeliana che incontro parlare dicontemperare sicurezza e privacy,moltiplica quello per il ribadito e corale riferimento alla collaborazione di Israele col contesto internazionale per garantire la propria sicurezza. Mai, nei decenni passati, ma proprio mai, ho sentito un esponente israeliano che non subordinasse rigidamentela difesa della privacyalla sicurezza.Orail tema è reso ancora più scottante dal veicolo culturale, ideologico e lessicale che diffonde il proselitismo e il messaggio terrorista: la religione, l’islam. Israele, prima nazione del mondo, e sola, ha compreso la profonda natura religiosa e islamica del rifiuto arabo alla sua stessa esistenza. Dopo essersi illuso per decenni che il conflitto con arabi e palestinesi fosse essenzialmente legato alla «terra», dal 2000, con le stragi dell’Intifada di al Aqsa, Israele ha preso atto dell’irremovibile nodo religioso che motiva i suoi nemici. Gilad Erdan tocca quotidianamente con mano l’essenza coranica della rivolta palestinese perché al centro dellepreoccupazionidelsuoministero è la gestione della Spianata delle moschee e del Muro, presidiate da ben 3.500 agenti israeliani. Da qui, dal 1929 a oggi, è partita ogni sommossa palestinese nel nome di un dogma che ha dell’incredibile: non è vero che sulla Spianata delle moschee sorgeva il Tempio degli ebrei. Unanegazione della Storia,chemotiva il rifiuto a riconoscere il diritto storico degli ebrei al loro Stato.
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