Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/05/2016, a pag. 25, con il titolo "La Spezia ricorda l'esodo ebraico con un premio a Napolitano", il commento di Stefano Stefanini.
Stefano Stefanini
Ebrei sul molo del porto della Spezia, in attesa di essere imbarcati verso la Palestina mandataria, il futuro Stato di Israele
Nel 1961 il film Exodus di Otto Preminger, Oscar per la colonna sonora, tenne per tre ore attanagliati al grande schermo gli spettatori italiani. Al cinema Goldoni di Lerici, il proiettore cigolava, e ogni tanto s’inceppava, come nell’indimenticabile Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, premiato a Cannes e a Los Angeles quasi trent’anni dopo. Sulle sgangherate sedie di legno, nella nebbia delle sigarette, un’indisciplinata platea pendeva dalle labbra doppiate di Paul Newman e Eva Marie Saint. Il cinema era la finestra sul mondo.
Il Goldoni non è andato a fuoco; l’edificio ospita oggi una banca. Il tempo passa. Per fortuna la memoria rimane. Anzi, resuscita. Quando il film Exodus arrivò alla Spezia e poi a Lerici, quasi nessuno volle parlare dell’Exodus reale di cui la città era stata teatro una quindicina d’anni prima. Dal molo Pirelli (oggi Pagliari), a pochi chilometri in linea d’aria, l’8 maggio 1946 erano salpate alla volta della Palestina le navi Fede e Fenice, stipate all’inverosimile di profughi. A Portovenere dall’altra parte del Golfo dei Poeti, il cantiere dell’Olivo che ristrutturò il vero Exodus.
Nell’800 Lord Byron nuotava attraverso il braccio di mare per venire a trovare Percy Shelley a San Terenzo (impresa ripetuta annualmente da qualche centinaio di appassionati). Ma, si sa, il passato remoto si ricorda più facilmente del passato prossimo. Nel 1961 La Spezia aveva rimosso dalla memoria il ruolo della città e della popolazione nel sostenere l’emigrazione ebraica verso la Palestina, tanto fuga dagli orrori dell’Europa dei campi di sterminio e dell’antisemitismo quanto anelito verso la «terra promessa». Solo qualche decina di migliaia (23.000 da tutta l’Italia) arrivò, ma fecero la differenza nel gettare i semi internazionali dello Stato d’Israele.
Il legame di civiltà, cultura e umanità che unisce Israele all’Italia e all’Europa nasce allora. Nasce dai gesti di generosità, di riscatto e di solidarietà di un’Italia prostrata dalla guerra, indecisa fra monarchia e repubblica, con le cicatrici della Resistenza ancora aperte, col rimorso sotterraneo delle complicità antisemite (ce le ricorderà molto più tardi un altro Oscar, La vita è bella di Roberto Benigni). Un’Italia francescana, che non aveva gli occhi per piangere, eppure sapeva aiutare disinteressatamente il prossimo. La speranza nel futuro avrebbe premiato entrambi: con l’Italia del miracolo e con lo Stato d’Israele.
Nel 1961, in piena Italia del miracolo, la memoria si è fatta corta. Le ferite, rimarginate dal successo, sono ancora tenere. Rimessasi in piedi, l’Italia guarda avanti, non indietro. Il conflitto arabo-israeliano bolle in pentola, i venti di guerra soffiano in Medio Oriente, a metà strada fra la crisi di Suez del 1956 e la guerra dei Sei Giorni del 1967. La Guerra fredda spacca il mondo, e l’Italia, in due. È una guerra di culture e d’intellettuali, non solo di divisioni e testate nucleari. Israele galleggia sulle sabbie mobili della «correttezza politica» del tempo. Meno se ne parla, meglio è. Solo nell’autunno del 1999, Carlo Azeglio Ciampi effettuerà la prima visita di Stato italiana in Israele.
La Spezia non è sola nello stendere un velo di silenzio su una pagina di storia cittadina di cui avrebbe tutti i motivi per andare orgogliosa. Lo solleva solo agli albori del nuovo secolo. L’8 maggio 1996 (cinquantenario) il Comune pone una lapide sul molo Pagliari; nel 2000 istituisce il Premio Exodus per «celebrare la straordinaria pagina civile» di cui è stata protagonista e che (nell’ignoranza di molti spezzini) le è valsa l’appellativo «Porta di Sion». Nel settantesimo anniversario, Exodus va al Presidente emerito, Giorgio Napolitano. Nel consegnarglielo, oggi a Roma, il sindaco della Spezia, Massimo Federici, assieme il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche in Italia (Ucei), Renzo Gattegna, chiude anche la parabola cittadina di recupero della memoria.
Giorgio Napolitano ha lasciato un’impronta profonda, in Italia, in Europa, in campo internazionale, e non solo nei nove anni di Presidenza della Repubblica. Lo testimonia il Premio Kissinger assegnatogli quasi un anno fa a Berlino «per la difesa della democrazia in Italia». Fu il primo non americano e non tedesco a riceverlo. La città della Spezia tocca oggi un altro tasto. Exodus non premia tanto la dimensione politica quanto quella civile, intellettuale e culturale. Da politico come da massima carica istituzionale, Giorgio Napolitano ha sempre saputo nobilitare la prima con la seconda.
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