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La Stampa Rassegna Stampa
24.05.2016 'Per sconfiggere il terrorismo islamico l'Europa controlli imam e moschee'
Yoram Schweitzer, esperto di antiterrorismo, intervistato da Francesca Sforza

Testata: La Stampa
Data: 24 maggio 2016
Pagina: 9
Autore: Francesca Sforza
Titolo: «'L'Europa controlli imam e moschee per sconfiggere il terrorismo'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 24/05/2016, a pag. 9, con il titolo "L'Europa controlli imam e moschee per sconfiggere il terrorismo", l'intervista di Francesca Sforza a Yoram Schweitzer, esperto di antiterrorismo e consulente di Benjamin Netanyahu.

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Francesca Sforza

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Yoram Schweitzer

Uomo di terreno e di accademia, Yoram Schweitzer ha fatto dell’antiterrorismo il centro attorno a cui ruota la sua vita professionale. Oltre a essere ricercatore all’Istituto Israeliano di Sicurezza Nazionale, è consulente per l’antiterrorismo del gabinetto del primo ministro israeliano Benjamin Nethanyahu e del ministro della Difesa Moshe Ya’alon.

Israele non ha ancora avuto attacchi da parte dell’Isis, si è chiesto come mai?
«Hanno così tanti nemici che ancora non sono arrivati in Israele, ma siamo nella loro agenda».

Come mai è così difficile coordinare i servizi di intelligence nei vari Paesi?
«La vita è complicata, ma le risposte a volte sono semplici. Se si ravvisa il bisogno di un maggiore coordinamento, allora io dico: coordiniamoci di più. È una cosa di cui abbiamo fatto esperienza in Israele. Spesso le barriere burocratiche sono forme di egocentrismo: ci si trincera dietro espressioni come “confidenziale”, “riservatezza”, “segreto di Stato”, ma così facendo si riducono le potenzialità di azione».

Cosa pensa del fatto che ci possano essere terroristi tra i migranti che arrivano in Europa?
«Nella nostra esperienza posso dire che sono molto pochi gli infiltrati che arrivano con i migranti. No, non è questo il maggior problema che abbiamo».

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L'Europa sotto attacco

Quanto è diffuso il rischio di nuovi reclutamenti in questa fase?
«Dieci anni fa abbiamo cominciato a interessarci del profilo del terrorista, e non ce n’è uno solo: quando le persone vengono reclutate, o quando si offrono volontarie, ci sono una serie di ragioni: Baghdadi ad esempio offre la fantasia del Califfato, e in assenza di altre prospettive, alcune persone possono sentirsene affascinate. Alcune dico, non tutte: con tutto il rispetto per Baghdadi ma qui non siamo di fronte a centinaia di migliaia di miliziani… La cosa su cui si deve lavorare in Europa è la de-mistificazione di questo presunto “vero Islam”. E come si fa? Attraverso il controllo delle moschee, degli imam, degli insegnamenti che vengono propagandati: è lì che bisogna agire».

Cosa fare di un potenziale terrorista, una volta arrestato?
«Le prigioni sono dei luoghi di radicalizzazione, addirittura si possono creare delle cellule che rafforzano la rete globale e in grado di dare indicazioni all’esterno. Bisogna stare molto attenti a tenerli separati».

Quali sono al momento i Paesi più pericolosi per il reclutamento e la nascita di nuovi focolai?
«Raqqa in Siria, Mosul in Iraq, Sirte in Libia sono gli hub da cui si diparte una rete che punta a molte altre aree: i Balcani in primo luogo, ma anche il sud est asiatico, lo Yemen, il Sud Africa. Adesso siamo nella fase di ricerca di altri hub, e l’Africa è forse il più a rischio».

C’è abbastanza cooperazione tra le intelligence dei Paesi del mondo arabo?
«Abbastanza cooperazione non è mai abbastanza, posso dire che i giordani sono eccezionali, gli egiziani aiutano, i libanesi a causa di Hezbollah meno. Soprattutto bisogna combattere di più sul fronte ideologico: la guerra è contro questa ideologia folle che misinterpreta l’Islam».

E con l’Iran, ci sono i margini per collaborare?
«Le persone tendono a dimenticare che l’Iran è stato il Paese che ha introdotto il terrorismo per realizzare la sua visione dell’Islam. Non facciamo l’errore di pensare che rispetto a Isis, reti come Al Qaeda o Hezbollah siano accettabili, e neanche quello di pensare che l’Iran sia diventato un Paese che lavora per la stabilità».

Torniamo al rischio attentati, quali sono secondo lei gli obiettivi più sensibili?
«Non vorrei mai dar loro un’idea, ma certo in questa fase i grandi eventi sportivi sono parte della loro agenda. Niente di nuovo: vogliono sempre la stessa cosa, stravolgere il nostro stile di vita».

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