Riprendiamo da LIBERO di oggi, 18/05/2016, a pag. 5, con il titolo "L'islamica dei dem: mio marito odia Israele solo quando è turbato", il commento di Andrea Morigi; dalla STAMPA, a pag. 16, con il titolo "Nadia, ecco la donna eletta leader dei giovani musulmani", la cronaca di Barbara Cottavoz.
LIBERO - Andrea Morigi: "L'islamica dei dem: mio marito odia Israele solo quando è turbato"
C'è chi, quando è turbato, prende una pastiglia; e c'è chi odia Israele. Questione di gusti? Non proprio, soprattutto se a odiare lo Stato ebraico è il marito di Sumaya Abdel Qader, islamica candidata con il Pd alle amministrative di Milano. Futili le giustificazioni accampate dalla moglie, incandidabile anche perché legata alla Fratellanza musulmana, l'organizzazione estremista di cui fa parte anche Hamas e che vuole la creazione di un Califfato e l'imposizione universale della sharia.
Ecco l'articolo:
Andrea Morigi
Sumaya Abdel Qader. Il simbolo in basso è quello della Fratellanza musulmana
Suo marito è al centro di un'aspra polemica sul diritto all'esistenza di Israele, ma Sumaya Abdel Qader, la musulmana candidata nel Pd al comune di Milano, nega tutto: «Io penso che non si possa prescindere dall'esistenza di Israele come Stato. E ha il diritto di continuare ad esistere. Ora però ci vuole la pace». Anzi, quel «post pubblicato di getto, sull'onda dell'emozione» due anni fa, si giustifica «perché c'erano i bombardamenti e morivano donne e bambini e civili. Però mio marito non inneggia alla distruzione di Israele».
Magari le frasi sul profilo Facebook di Abdallah Kabakebbji, ripubblicate ieri da Libero, potranno rappresentare uno scandalo per l'elettorato di centrodestra. La reazione di Paolo Grimoldi, deputato della Lega Nord e segretario della Lega Lombarda, e di Davide Boni, segretario della Lega Nord Milano, mette in luce le contraddizioni nel campo avversario: «Giuseppe Sala si è accorto che nella sua coalizione è candidata una signora vicinissima ai fondamentalisti dei Fratelli Musulmani, Sumaya Abdel Kader, il cui marito su Facebook appena due anni fa, non due secoli fa, inneggiava alla distruzione di Israele e alla sua cancellazione dalle carte geografiche? Questo non è antisemitismo?», si chiedono.
Per quanto riguarda il popolo di sinistra, invece, il cavallo di battaglia filopalestinese e antisionista morde il freno. Fra i musulmani, è un tema condiviso. Tutta pubblicità, insomma. Anche perché dalla dialettica fra estremisti e moderati, l'aspirante consigliere comunale può trarre vantaggio. Dopo aver affermato di aver sfilato il 25 aprile con la Brigata ebraica, si era trovata bollata come apostata dagli ultrafondamentalisti che l'accusano «perché è entrata in politica con l'esplicito intento di tutelare i musulmani, ma si candida con un partito sionista e difende apertamente le unioni gay. Già il solo fatto di partecipare alla democrazia non è accettato dall'Islam, figuriamoci allearsi con i Giudei e difendere i diritti dei sodomiti!».
Ora, proprio grazie alle dichiarazioni del marito, potrebbe recuperare un po' di consensi nelle frange più estremiste dell'islam. Kabakebbji, dal suo profilo Facebook, prova a smorzare i toni: «Non voglio né penso che bisogna cancellare Israele. Quel post non dice che voglio cancellare Israele. Quel post criticava Israele in un momento in cui bombardava anche la popolazione di Gaza. Ctrl Alt Canc vuol dire un avvio del sistema. Riavvio del processo di Pace, ripensare questa vicenda storica». Lo incalza uno storico esponente radicale milanese, Alessandro Litta Modignani: «Eppure qui c'è scritta, chiara e tonda, un'altra cosa. Che Israele è un errore. E che gli errori si cancellano».
A gettar benzina sul fuoco nei rapporti fra religioni e culture diverse, arriva infine l'annuncio della tournée di Tariq Ramadan, che il 3 giugno sarà a Milano, invitato da Islamic Relief, organizzazione fondata da esponenti dei Fratelli Musulmani. In una nota la comunità ebraica di Milano esprime la propria «preoccupazione» per la tendenza in atto «in questi tempi di tensioni interreligiose», nei quali «in Italia e in Lombardia in particolare», sono «così spesso chiamate a parlare personalità dell'islam più controverso invece che autorità nel campo del dialogo e del rispetto reciproco. Ricordiamo che è solo di un paio di mesi fa l'invito all'imam fanatico e antisemita Al Suwaidan, bloccato dal ministro Alfano». Quanto alle posizioni di Ramadan, gli ebrei milanesi ricordano che «sono state recentemente condannate dalla Conferenza degli imam di Francia». Del resto Ramadan aveva messo «in dubbio il carattere antisemita della strage del museo ebraico di Bruxelles del 2014». L'arrivo dell'intellettuale Ramadan, previsto per festeggiare l'inizio dell'omonimo mese sacro ai musulmani, fra l'altro precederà di poco anche le elezioni comunali. Perciò la comunità ebraica lancia un appello affinché «i partiti e le istituzioni della Città di Milano prendano posizione su questo incontro, che non è d'aiuto al clima positivo che tutti assieme stiamo cercando di costruire».
LA STAMPA - Barbara Cottavoz: "Nadia, ecco la donna eletta leader dei giovani musulmani"
"All’assemblea che l’ha eletta a Piacenza le ragazze velate erano da una parte, i maschi dall’altra": nonostante questo, secondo Nadia Bouzekri, "l’Islam non limita la donna anzi la pone a un livello pari, se non superiore per alcuni aspetti, a quello dell’uomo". Se queste è una esponente dell'islam italiano "moderato", figuriamoci chi "moderato" non è...
Ecco l'articolo:
Nadia Bouzekri
«Noi Giovani musulmani siamo come le Acli, gli Scout. Persone religiose ma prima di tutto italiani impegnati nella vita sociale»: Nadia Bouzekri, 24 anni, studentessa universitaria di management nata a Sesto San Giovanni da un impiegato e una casalinga di origini marocchine, è la nuova presidente dell’associazione che riunisce i fedeli islamici tra i 14 e i 33 anni. I Giovani musulmani d’Italia sono in espansione: oggi contano 1200 soci e 51 sedi a cui nei prossimi mesi se ne aggiungeranno altre venticinque.
Nadia Bouzekri è la prima donna a guidare l’associazione. All’assemblea che l’ha eletta a Piacenza le ragazze velate erano da una parte, i maschi dall’altra; il ruolo femminile nel mondo islamico è spesso nel mirino: «Bisogna distinguere tra la religione e il retaggio culturale tradizionale - precisa Bouzekri -. L’Islam non limita la donna anzi la pone a un livello pari, se non superiore per alcuni aspetti, a quello dell’uomo. Anche in Italia le donne guadagnano meno degli uomini: c’è ancora tanto da fare indipendentemente dal credo».
Il «reclutamento»
L’associazione vuole crescere, è attivissima sui social, cura molto l’immagine e nel nuovo direttivo di Bouzekri c’è un consigliere incaricato del «reclutamento», cioè di avviare le nuove sedi, Mohamed Hamad. Come vi finanziate? «Ci sono le tessere dei soci, partecipiamo a bandi pubblici su particolari progetti e se necessario ci autotassiamo con l’aiuto delle famiglie. Finanziamenti esterni? Magari ne avessimo!» dice la neopresidente.
Che cosa desidera un ragazzo musulmano oggi in Italia? «Vorremmo non dover sempre dimostrare di essere davvero italiani, non dover ribadire a ogni strage che siamo contro gli attentati, che quella non è la nostra fede - risponde Nadia -. Credevamo che l’equazione islamismo e terrorismo fosse superata, invece sentiamo tanta diffidenza verso di noi. Il velo o i simboli islamici sono collegati ad aggressività, violenza o estremismo: niente di più sbagliato».
Bouzekri è nata in Italia ma ha ricevuto la cittadinanza solo alla maggiore età: «Quando ho aperto la lettera che mi chiedeva se sceglievo la nazionalità di questo Paese mi è venuto da sorridere perché io ero già profondamente italiana. Lo Stato deve fare un passo verso le seconde generazioni di immigrati. È assurdo che bambini nati qui debbano andare in questura per rinnovare il permesso di soggiorno».
Eppure negli altri Paesi europei dove l’immigrazione è cominciata prima che in Italia non sembra che l’integrazione sia un problema di cittadinanza: «No, è vero non basta - concorda Bouzekri -. Servono pari opportunità reali: ho amiche che avevano concordato stage che poi si sono viste rifiutare al colloquio, quando le hanno viste con il velo. Il modello italiano, però, resta migliore di altri, qui non ci sono quartieri-ghetto. Ma lo Stato deve stringere un’intesa con l’Islam riconoscendo i luoghi di culto: così ci saranno spazi di preghiera trasparenti. La lezione belga e francese ci insegna che i terroristi non frequentano centri islamici, hanno una visione distorta della religione, costruita su Internet».
Lei, single con la passione per la fotografia e per Marrakech (città della famiglia), ha le idee chiare: «Studio per la laurea magistrale a Reggio Emilia e in futuro mi vedo una manager. Desidero essere utile alla società. La politica? Mi interessa se è servizio alla comunità. Ma non di professione: voglio un’occupazione vera».
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