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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
16.05.2016 Svelato l'accordo tra Brigate Rosse e terroristi palestinesi. Ecco le prove
Davide Frattini intervista Abu Sharif, terrorista del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina

Testata: Corriere della Sera
Data: 16 maggio 2016
Pagina: 17
Autore: Davide Frattini
Titolo: «'Un mese prima del sequestro Moro ho dato l'allarme agli 007 di Roma'»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/05/2016, a pag. 17, con il titolo "Un mese prima del sequestro Moro ho dato l'allarme agli 007 di Roma", l'intervista di Davide Frattini a Abu Sharif, ex portavoce del gruppo terrorista Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina.

Con questo importante articolo di Davide Frattini viene fornita ulteriore prova dell'alleanza tra Brigate Rosse e gruppi terroristici palestinesi, a partire dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Un accordo che ha avuto come contraltare politico il Lodo Moro, rivelato da Francesco Cossiga, ovvero l'accordo tra Stato italiano e terrorismo palestinese con cui ai terroristi veniva consentito libero transito in Italia e il passaggio di armi, in cambio dell'assicurazione che l'Italia non sarebbe stata colpita da attentati (gli ebrei italiani venivano però esclusi!). Dietro agli attentati, rimasti irrisolti - stazione di Bologna, Ustica ecc.- c'era l'alleanza BR e Olp, ma quest'ultima ha goduto dell'immunità.

Ecco l'articolo:

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Davide Frattini

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Abu Sharif

Di dita ne ha perse quattro dopo averle appoggiate sulla copertina delle Memorie di Che Guevara , l’occhio destro è cristallizzato in uno sguardo di stupore. Quel regalo del Mossad serve a Bassam Abu Sharif per riordinare i ricordi, c’è un prima e un dopo il 25 luglio del 1972, «doveva essere passato un anno dalla bomba, sì era la fine del 1973», mormora sotto al gracidare elettrico dell’apparecchio acustico.

A 70 anni qualche nome l’ha dimenticato, le facce invece sono ancora lì davanti a lui, soprattutto il sorriso di quella bella italiana che bussa al suo ufficio a Beirut e chiede di parlare con George Habash, il leader del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Finito sulla copertina di Time come il «volto del terrore» durante i dirottamenti di Dawson’s Field, Bassam allora dirige la rivista Al Hadaf (il Bersaglio) e si occupa della politica estera dell’Fplp. «Mi dice di essere la moglie di un ufficiale italiano e di voler vedere il capo. Le spiego che se l’avevano mandata per conquistare Habash con la bellezza, non avrebbe funzionato, era un monaco. Mi ha risposto: no, sono qui perché sostengo la vostra causa».

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Il simbolo del fronte Popolare per la Liberazione della Palestina

La donna misteriosa si ripresenta il giorno dopo — «da bionda era diventata castana» — e nell’incontro chiede ad Habash dettagli sull’intesa siglata dal gruppo marxista-leninista palestinese con l’Italia, quello che sarebbe il Lodo Moro: nel 2008 Bassam ha già raccontato al Corriere dell’accordo che permetteva all’organizzazione di muovere uomini e armi lungo la Penisola. In quest’altro pomeriggio nella sua villa di Gerico, circondata dalle rocce del Monte delle tentazioni, rivela altri dettagli.

«Non ho mai capito a quale pezzo degli apparati appartenesse. Qualcuno a Roma voleva verificare i resoconti di Stefano Giovannone (capocentro del Sid e poi del Sismi a Beirut, ndr ): avevamo discusso i dettagli del patto con lui e con l’Ammiraglio. La signora voleva assicurarsi che l’avremmo rispettato, che non avremmo commesso attentati in Italia. In cambio ci offrì perfino di inviare istruttori dell’esercito per i nostri combattenti».

Avete avvertito dell’intesa le nazioni arabe che vi appoggiavano? «La Libia, lo Yemen, l’Iraq, l’Algeria, la Siria. Muammar Gheddafi si mise a ridere: “Ricordate agli italiani che ci sono debitori per l’epoca coloniale, il vostro accordo non risolve le faccende tra noi e loro”».

In Italia una commissione parlamentare sta indagando sul rapimento di Aldo Moro. È emerso un cablogramma del 18 febbraio 1978 spedito da Beirut, molto probabilmente da Giovannone. Scrive di aver incontrato «il suo abituale interlocutore» nel Fplp che lo ha avvertito: gruppi europei stanno organizzando «un’operazione terroristica di notevole portata» e potrebbe coinvolgere l’Italia. «L’allarme riguarda Moro?».

È quello che i parlamentari stanno cercando di capire. «Io lanciai un allarme: Moro era in pericolo. Credo un mese prima del sequestro (avvenuto il 16 marzo del 1978, ndr ). In quei giorni Giovannone non era a Beirut, incontrai un suo giovane assistente e gli riferii quel che mi aveva raccontato una delle ragazze di Carlos. Era tedesca e aveva partecipato a una riunione dov’era stata discussa l’idea di colpire Moro. Le feci capire che il Fronte lo considerava un errore: Moro era contro l’egemonia americana, non andava toccato».

Avevate influenza sui gruppi europei? «Fin dal 1968 in Giordania e poi in Libano il mio incarico è stato quello di gestire i campi di addestramento per gli occidentali, anche italiani. Lì ho conosciuto Andreas Baader e Ulrike Meinhoff (i fondatori della Rote Armee Fraktion, ndr ). Ho reclutato io Ilich Ramirez Sanchez e gli ho dato Carlos come nome di battaglia. Lo Sciacallo, quello ci è diventato da solo».

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