Riprendiamo dal DOMENICALE del SOLE 24 ORE di oggi, 08/05/2016, a pag. 40, con il titolo "Speranza ebraica", la recensione di Giulio Busi.
Giulio Busi
La copertina (Giuntina ed.)
Amiche-nemiche come lo sono notte e giorno, speranza e disperazione si contendono i cuori e le menti. Calore che rincuora è la speranza, umido manto di buio è la sua sorella germana, la disperazione. Yosef Hayyim Yerushalmi, il grande maestro scomparso nel 2009, si è chiesto perché l’ebraismo, nutrito di esilio e di sconfitte, abbia sperato per millenni. Se lo è domandato da storico, quale era, e non da teologo. Nelle lunga durata dello sperare di Israele, la fede è ingrediente importante, certo, ma non unico. Yerushalmi ha raccolto le prove documentarie di una speranza che entra in conflitto col divino, di un perdurare nell’attesa nonostante e al di là di Dio stesso.
«Non esiste nessuno come Te fra i silenziosi, muto e costantemente silenzioso verso chi ci tormenta». Così si rivolge al Signore un poeta liturgico, ai tempi dei massacri di ebrei che accompagnano la prima crociata. Iddio è il Grande Silenzioso, che distoglie lo sguardo. Come sperare? Un altro poeta, davanti all’espulsione dalla Spagna, scrive: «Dal Dio della Compassione è venuto l’ordine di distruggere, uccidere, annientare l’intera casa d’Israele». E, si badi, il periplo nel negativo non si avvale della testimonianza di atei, miscredenti, eretici. Sono gli uomini di religione a dubitare, vacillare, disperare.
Il contributo fondamentale di Yerushalmi a questa storia della speranza, ancora tutta da scrivere, è l’averla posta sotto il segno del “nonostante”. Nonostante lo sconforto, a dispetto delle persecuzioni, sebbene la sopravvivenza del gruppo sia minacciata, il singolo spera in Israele. “In” vale qui sia l’oggetto della speranza sia il suo luogo. L’identità collettiva, l’esistere assieme sono alfa e omega dell’attesa e della fiducia. Poiché dispera collettivamente, di se stesso come popolo e del proprio futuro, Israele può anche sperare di sé, per sé. Riuscite a immaginare una notte senza giorno? Se non ce la fate, pensate alla speranza ebraica, fuoco che dura di generazione in generazione. Nonostante tutto.
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