Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 08/05/2016, a pag. 3, con il titolo "Un sindaco musulmano nella City è un messaggio forte agli europei", l'intervista di Francesca Paci a Hanif Kureishi.
Per capire come è stata possibile la vittoria di Sadiq Khan rimandiamo alla Cartolina di Ugo Volli di oggi. Non dobbiamo stupirci, Londra aveva già eletto Ken Livingstone, noto per posizioni antisemite. Kureishi è scrittore dotato, e sa esprimere bene e chiaramente le proprie opinioni; scrive infatti "tabù islamofobo" quando chiunque conosca i contenuti dell'islam sa che si tratta di una ben motivata fobia. "Londra è una città, multiculturale, dinamica, la più vitale d’Europa con la sua miscela di razze e fedi": così scrive Kureishi, dopo di che parte all'attacco del sistema capitalistico, secondo lui ciò che impedisce il raggiungimento di qualsiasi cambiamento accettabile. Il suo pensiero è riassumibile quando scrive che in Europa "più immigrati ci sono meglio è". Sulla storia d'Europa, poi, scrive che alcuni Paesi "dopo aver archiviato il comunismo si sono tuffati nel capitalismo senza sapere che è duro, lascia la gente indietro". Vorremmo chiedergli quale giudizio dà delle società muslmane governate da sistemi teocratici: forse ritiene che la gente non venga "lasciata indietro" senza alcun diritto civile?
Lascia stupiti che il pensiero di Kureishi venga presentato come modello di una società integrata. L'islam, che significa sottomissione, non può integrarsi ma solo sottomettere. Dimenticarlo significa consegnare l'Europa nelle mani di un sistema, questo sì, duro e dittatoriale.
Ecco l'articolo:
Francesca Paci
Hanif Kureishi
Il primo musulmano a conquistare in Europa un posto chiave come quello di sindaco di Londra ha il volto amico di Sadiq Khan e non quello sinistro di Mohamed Ben Abbes, il protagonista dell’ultimo romanzo di Houellebecq che eletto presidente passa a «coranizzare» la Francia. Il ragionamento di Hanif Kureishi mira al tabù islamofobo, poi va oltre. «La capitale britannica non è Parigi e il suo modello d’integrazione rende meglio» spiega l’autore anglo-pachistano che, da «My Beautiful Laundrette» a «L’ultima parola», ha descritto la dialettica sociale e generazionale all’ombra della Union Jack. Khan è un simbolo, dice: «Ma oggi i simboli possono poco».
Tutti brindano al successo di Khan. Quanto durerà?
«È un’importante vittoria simbolica: Londra è una città, multiculturale, dinamica, la più vitale d’Europa con la sua miscela di razze e fedi. Temo che al di là di questo il peso dell’elezione di Khan vada misurato come quello di Obama. Cosa può fare il sindaco di Londra per i problemi reali della città, il costo delle case, i trasporti? Poco, perché come quello di Obama il suo potere è limitato, specie in un sistema capitalistico. Siamo tutti felici, il successo di un musulmano è un messaggio forte nell’Europa scossa da islamofobia e razzismo. Ma non credo Khan impatterà sulla riduzione delle diseguaglianze».
Perchè lui vince e il Labour no?
«Vince Londra, una città che come New York è unica nella sua apertura mentale e diversa dal resto del Paese. Credo che i londinesi votino per Londra, in fondo anche nel caso di Boris Johnson scelsero la persona».
Quanto pesa l’eccezione Londra nel Regno Unito tentato dal Brexit e dal freno ai migranti?
«Londra è una città d’immigrati decollata negli Anni 80 grazie agli stranieri, vive di melting pot. L’immigrazione suscita un dibattito opposto a quello del resto d’Europa: più ce n’è e meglio è. Il Regno Unito è mediamente più conservatore e sottosviluppato, dovremmo estendere il modello Londra».
Che esito avrà la Brexit?
«Se ne discute tanto ma il Regno Unito voterà per restare nell’Ue. L’idea Brexit si basa su un modello old fashion, la Little England super capitalista non funzionerebbe più. Dobbiamo rifondare l’Europa sui bisogni della gente».
Ancora ieri il Brennero è stato teatro di scontri e tensioni. L’Europa cadrà sui migranti?
«Ci sono Paesi come l’Ungheria e la Polonia che, diversamente dalla Gran Bretagna, hanno un forte retaggio fascista. Dopo aver archiviato il comunismo questi Paesi si sono tuffati nel capitalismo senza sapere che è duro, lascia la gente indietro. L’Europa deve reagire, i migranti sono il futuro. Il meglio dell’Italia, mi duole dirlo, si è trasferito a Londra e l’Italia è rimasta un Paese-museo interessante solo per i turisti».
Khan parla d’integrazione compiuta. Nei suoi libri però c’è anche marginalità, conflitto, un’altra Londra. La verità è a metà?
«Non è la razza che divide la gente ma l’accesso all’educazione e al lavoro. L’integrazione incompiuta dipende dalle diseguaglianze. Per essere una città capitalistica però, Londra ha integrato abbastanza, le comunità stanno tra loro ma camminano insieme. Parigi è una città nervosa, il modello francese ha fallito perché forzare all’assimilazione chi vuole la propria cultura non funziona. La mia compagna è italiana e, per quanto sia diventata londinese, quando sta con gli italiani parla italiano, resta italiana».
Cosa si aspetta da Khan?
«Londra ha bisogno di più case, trasporti migliori e scuole. È una città in cui si muovono milioni di lavoratori. Ho paura che il sindaco Khan sia un po’ come la regina, simbolo amato ma di impatto limitato. È importante che il suo essere musulmano abbia segnato un punto contro il razzismo, la sfida è aperta».
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