Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 03/05/2016, a pag. 34, con il titolo "La Brigata ebraica alla liberazione dell'Italia", l'analisi di Manuela Consonni.
Manuela Consonni
La Brigata ebraica
Le polemiche che si sono scatenate intorno alle cerimonia del 25 aprile sull’opportunità della presenza della Brigata ebraica con la propria bandiera rendono opportuno precisare e spiegare il ruolo svolto non solo dalla Brigata ebraica, ma anche, e forse di più, dagli ebrei italiani nella guerra di liberazione. La loro presenza nella storia italiana e nella storia della Resistenza è indispensabile ed è la condicio sine qua non per capire l’Italia di ieri e certamente di oggi.
La partecipazione ebraica attiva nelle file della Resistenza non solo aveva contato su un numero elevato, circa duemila tra uomini e donne, ma era stata condotta all’interno del movimento di liberazione senza dare origine a organizzazioni separate. Questa condizione ebraica di resistenza antifascista è stata spesso testimoniata da Leo Valiani, dirigente del Clnai (Comitato di Liberazione Alta Italia): «Gli ebrei in quanto tali avevano particolari ragioni per militare nelle file partigiane [...]. E perciò non vi fu un antifascismo specificamente ebraico, non vi fu una lotta partigiana specificamente. Tutti si battevano per l’avvenire della comune patria italiana, sapendo che il destino degli ebrei era inseparabile da quello dell’Italia libera e democratica». Soltanto una vittoria della Resistenza avrebbe creato le condizioni perché gli ebrei potessero non solo sopravvivere, ma anche vivere come liberi cittadini: perciò gli ebrei rivendicarono la propria appartenenza a essa come singoli e come gruppo.
Franco Cesana
Il più giovane caduto
Espressione di questa sintesi fra appartenenza nazionale, antifascismo ed ebraismo è la figura di Franco Cesana, staffetta portaordini presso la formazione Scarabello della Divisione Garibaldi, il più giovane partigiano italiano caduto in combattimento all’età di 14 anni. Gli ebrei scelsero consapevolmente di aderire al modello eroico resistenziale e favorirono una memoria ebraica di combattenti per la libertà, di caduti in battaglia nella guerra di liberazione. Così si espresse Dante Lattes, al XXII Congresso sionista del 1946 con un riferimento di chiaro sapore antifascista: «Sei milioni di morti. È questo il nostro contributo alla lotta contro il fascismo».
Nel 1947 usciva il libro Blessed is the Match: the Story of the Jewish Resistance di Marie Syrkin. Figlia di Nachman Syrkin, l’ideologo del sionismo socialista, e di Bassya Osnos Syrkin, attivista rivoluzionaria e femminista, l’autrice trattava specificamente delle formazioni partigiane ebraiche e dell’attività della Brigata ebraica nell’Europa orientale.
A differenza che in Italia - dove il movimento di liberazione aveva visto tra i suoi capi riconosciuti figure importanti dell’ebraismo italiano (Raffaele Cantoni, Leo Valiani, Emilio Sereni, Vittorio Foa) e aveva contato martiri come Emanuele Artom e Leone Ginzburg, tra i più noti, ma anche altri caduti per la libertà come Gilberto Cohen, Angelo Finzi, e Luciano Servi - nell’Europa orientale il movimento partigiano ebraico, a causa dell’antisemitismo presente nelle formazioni partigiane e della forte ostilità delle popolazioni, aveva incontrato particolari difficoltà, ottenendo risultati importanti ma limitati nella propria lotta.
Il paradosso croato
Nella lunga e dettagliata recensione al volume, Giandomenico Cosmo, sulle pagine della rivista Movimento di liberazione (Mdl 5, 1950) sottolineava il carattere di isolamento in cui avevano operato le formazioni partigiane ebraiche, a tal punto che si giunse a paradossi, addirittura a livello linguistico, come quando all’arrivo di un gruppo di paracadutisti dalla Palestina - tra i quali Enzo Sereni, fratello di Emilio - fu raccontato ai partigiani croati che quei soldati parlavano il gaelico, perché altrimenti, se fossero venuti a conoscenza che si trattava di ebrei palestinesi, avrebbero visto in ciò la conferma della tesi nazista che gli ebrei comandavano l’Inghilterra e il mondo: pertanto ai partigiani croati i palestinesi vennero presentati come gallesi. Vale la pena di ricordare la Brigata Bielski, la formazione partigiana ebraica che, dall’aprile del 1942, operò nella zona di Grodno in Bielorussia vicino a Nowogródek e Lida, salvando circa 1200 ebrei e vivendo e combattendo, per due anni, nella foresta di Naliboki.
Sulla Linea gotica
Ma allora cosa fu e quando cominciò a operare la Brigata ebraica? Tentiamo una breve ricostruzione. Dopo molte esitazioni - e dopo lunghe trattative diplomatiche in cui svolse un ruolo fondamentale Chaim Weizmann, l’allora presidente dell’Organizzazione sionista mondiale, che già all’inizio della guerra aveva fatto pressioni su Winston Churchill per creare un’unità delle forze armate composta da ebrei -, solo con l’assenso del presidente americano Franklin D. Roosevelt, il 20 settembre 1944 fu costituita la Brigata ebraica, come unità militare dell’esercito britannico, il cui comando militare fu dislocato in Egitto.
Nel corso della guerra vi aderirono circa 30 mila volontari ebrei provenienti dalla Palestina Mandatoria che inizialmente furono tenuti lontano dalla linea del fronte, operando soprattutto a livello di intelligence. Ma nell’ottobre del 1944 venne formata una brigata di cinquemila uomini che operò in Italia e in Austria sotto il comando del generale Ernest Frank Benjamin. Sbarcata a Taranto, nel novembre del 1944 la Brigata ebraica fu unita all’VIII Armata britannica che combatteva in Italia con il XV Battaglione alleato. Il 27 marzo 1945 la Brigata ebraica combattè a fianco dei Gruppi di combattimento Friuli, le unità militari dell’esercito cobelligerante italiano attive assieme alle forze alleate nella campagna d’Italia, con i quali fu protagonista nello sfondamento della Linea gotica nella vallata del Senio, contro la IV Divisione Paracadusti del Reich comandata dal tenente generale Heinrich Trettner.
Il 3 aprile a Brisighella fu consegnata alla Brigata la sua bandiera: azzurra e bianca con la Stella di Davide. La Brigata ebraica fu assegnata alla zona di Alfonsine, dove partecipò alle operazioni militari per la liberazione dell’Emilia Romagna, da Cuffiano a Riolo Terme, a Imola, passando a Ossano e Monte Ghebbio, arrivando fino a Bologna. Nel 1946 la Brigata ebraica fu smobilitata insieme con il resto dell’esercito britannico.
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