Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/04/2016, a pag.13, con il titolo " A Baghdad la faida sciita complica la lotta al Califfo ", il commento di Rolla Scolari sulle guerre civili fra islamici in Iraq.
Rolla Scolari Moqtada al-Sadr
Sono volate bottiglie d’acqua contro il premier iracheno Haider al-Abadi nel Parlamento di Baghdad. Se le tensioni settarie continuano ad attraversare l’Iraq, la crisi politica che scuote in questi giorni il Paese racconta una fronda tutta interna al blocco sciita, che rallenta la lotta allo Stato Islamico e preoccupa per questo l’alleato americano. Il vice presidente Joe Biden è volato a sorpresa in Iraq giovedì, pochi giorni dopo le visite del segretario di Stato Kerry e del ministro della Difesa Carter. «Non valido», hanno gridato martedì alcuni deputati in Parlamento. Quasi 200 su 328 ostacolano da settimane i tentativi del leader di sostituire attraverso un voto parte dei ministri con un gruppo di tecnocrati, per accontentare le richieste di riforma e lotta alla corruzione che da mesi arrivano pressanti dalla popolazione. Alcune sostituzioni sono state fatte, e si attendono nuove votazioni. Oltre gli alti muri di cemento armato e il filo spinato che separano la capitale dalla Zona Verde delle istituzioni, delle ambasciate e delle abitazioni dei politici, migliaia di persone radunate dal controverso leader sciita Moqtada al-Sadr hanno manifestato martedì in favore di un rimpasto di governo. Hanno minacciato di irrompere nella penombra dei viali alberati di quell’area, per molti iracheni simbolo di una corruzione impunita. Lo Stato Islamico, che controlla parte del Nord e dell’Ovest, non è l’unico problema dell’Iraq. La crisi economica è esacerbata dal crollo del prezzo del greggio, in un Paese che affida il suo equilibrio per il 90 per cento alla rendite petrolifere. La disoccupazione è salita dal 15,1 per cento del 2013 al 17,6 per cento del 2015. La scarsità di servizi, la mancanza di liquidità che blocca la ricostruzione di aree strappate a Isis (secondo il «Wall Street Journal» ricostruire Ramadi costerà dieci miliardi di dollari), le spese di guerra e la corruzione aumentano il malcontento. Il premier Abadi - sciita - tenta sotto pressione di implementare riforme e licenziare ministri accusati di usare le loro poltrone per mero clientelismo. Una parte dei deputati sciiti blocca i suoi sforzi. In piazza, è il populismo di un altro sciita, protagonista delle più sanguinose faide settarie ai tempi dell’invasione americana dell’Iraq, Moqtada al-Sadr, a farsi portavoce delle frustrazioni popolari. Sadr, secondo media iracheni, ha chiesto mercoledì ai suoi sostenitori di ritirarsi dalle strade, lanciando ad Abadi un ultimatum di 48 ore per agire. A lato, l’ex premier Nuri al-Maliki, vicino all’Iran e all’ombrello di milizie sciite al-Hashd al-Shaabi, Forze di Mobilitazione Popolari attive contro lo Stato Islamico, punta a un ritorno. Né le parole della più alta autorità spirituale sciita irachena, l’ayatollah Ali al-Sistani - sostenitore nel 2014 di Abadi, oggi non soddisfatto dei suoi risultati - né l’intervento dell’influente vicino iraniano sono serviti. Secondo il giornale panarabo al-Hayat, Teheran avrebbe addirittura spedito da Sadr il comandante delle Guardie rivoluzionarie, generale Qasem Soleimani. Nulla sembra però essere cambiato in Parlamento. Le visite ravvicinate a marzo di Kerry e Carter, e giovedì di Biden raccontano un’America preoccupata dall’instabilità dell’alleato Abadi e dalle tempistiche della crisi: si prepara l’operazione dell’esercito iracheno, sostenuto dall’aviazione americana, per riprendere la città di Mosul allo Stato Islamico. La crisi politica «è una enorme distrazione dalla principale lotta contro Isis», ha spiegato al «Wall Street Journal» il parlamentare Mowaffak al-Rubaie: truppe sarebbero state richiamate dal fronte per garantire la sicurezza alle istituzioni della Zona Verde.
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