Tre lezioni da Harvard
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
A destra: Tzipi Livni
Cari amici,
immaginatevi una discussione ufficiale, una tesi di laurea, un convegno, una conferenza di una personalità. A un certo punto si apre il dibattito, il pubblico può porre domande. Si alza qualcuno e domanda all’oratore principale: “Mi spieghi per favore perché lei puzza così tanto.” Impossibile? Surreale? Comico? No, semplicemente offensivo. E, se rivolto a un ebreo, clamorosamente antisemita. Infatti fra le molte sanguinose infamie contro gli ebrei, accusati nel mondo cristiano e in quello islamico, fra il Medioevo e la modernità di avvelenare i pozzi, ammazzare i bambini per impastarne il sangue nel pane azzimo, dissanguare il popolo con l’usura e massacrati di conseguenza, vi sono anche alcune diffamazioni semplicemente disonorevoli, come il baciare il sedere dei maiali (immagine frequente in molte stampe “religiose” cristiane di quei tempi) o per l’appunto l’essere affetti da una caratteristica puzza, chiamata foetor judaicus (http://www.f169bbs.com/bbs/news/95965-foetor-judaicus-the-stench-of-the-jew-medieval-early-modern-concept). Non sono solo storie antiche: una persona generalmente considerata rispettabile che parlò spesso del foetor judaicus nel bel mezzo dell’Ottocento è Schopenhauer, generalmente considerato un saggio filosofo (http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=1857).
E’ successo anche oggi. Cioè una settimana fa. Non in una riunione di pazzi nazisti, ma a Harvard, alla scuola di scienze politiche che forma l’élite americana, da cui sono usciti la metà dei presidenti americani dell’ultimo secolo, fra cui Obama. Non a una persona qualunque ma a Tzipi Livni, che si è considerata e qualcuno ha anche considerato l’alternativa “buona” a Netanyahu, ed è oggi il numero due del maggior partito d’opposizione del parlamento israeliano. Non in un’ascensore affollato, dove qualcuno può anche sentire una zaffata di sudore e irritarsi contro la persona sbagliata, ma nella parte delle domande di un pubblico dibattito dove Livni si confrontava con l’ex inviato di quattro presidenze in Medio Oriente, David Ross, e gli interroganti erano certamente fuori dalla portata olfattiva. La domanda dunque non era vera, ma un tentativo deliberato di offenderla (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/211187). Ne è seguita una protesta di qualche dirigente delle organizzazioni ebraiche, un editoriale del giornale del campus, una presa di distanza di un vicerettore dell’università dagli insulti definiti come “imbarazzo per l’istituzione” (http://www.algemeiner.com/2016/04/20/dean-of-harvard-law-school-denounces-antisemitic-smelly-tzipi-livni-comment-as-an-embarrassment-to-this-institution/), la quale però fino all’ultimo ha protetto il protagonista degli insulti nascondendone l’identità. Poi il nome è uscito comunque per opera delle indagini personali di un attivista: si tratta di un tal Husam El Qulaq, arabo, fanatico antisraeliano, impegnato nel movimento di boicottaggio (https://canarymission.org/individuals/husam-el-qoulaq/). Questo personaggio ha fatto poi delle ambigue dichiarazioni (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/211219#.VyBhx6iLTIU), dicendo che non intendeva fare una considerazione antisemita e che gli dispiace se essa è stata accostata a stereotipi che non condivide (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/211219), ma non ha affatto chiesto scusa a Livni, né naturalmente agli ebrei o agli israliani, e neppure ha spiegato quale fosse il senso "non stereotipico" della sua domanda (http://libertyunyielding.com/2016/04/21/best-question-harvard-law-student-come-panel-discussion-israeli-pol/). Ultima notizia significativa: non sono mancate figure e organizzazioni ebraiche "per la pace" che hanno cercato di giustificare il povero El Qulaq dagli "attacchi" che ha subito. Dopotutto la colpa è sempre dell'"occupazione" e chiunque lotti contro di essa può anche avere un comportamento un po' sbadato (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/211429).
Harvard
Fin qui i fatti. Val la pena di trarne in maniera schematica alcune conseguenze. La prima è che l'odio per Israele ha raggiunto nelle università anglosassoni una totale legittimità, paragonabile a quella che aveva nelle università tedesche quando il rettore di Friburgo si chiamava Heidegger. In Gran Bretagna, per citare solo un altro fatto, è stata eletta presidente dell'associazione nazionale degli studenti una tal Malia Bouattia, studentessa proveniente dall'Algeria, apertamente razzista contro gli ebrei (http://www.algemeiner.com/2016/04/20/britains-national-student-union-elects-open-racist-as-president-jewish-groups-in-uproar-over-antisemitic-past-video/). Siamo a un passo, veramente a un passo, dalla caccia all'uomo, proprio nelle università dove si rifugiarono gli ebrei perseguitati dal nazismo. Bisogna insistere, spiegare, far capire che i nemici di Israele e degli ebrei non sono "combattenti per la libertà" o "progressisti", ma al contrario i nuovi nazisti.
La seconda conclusione è che non basta essere di sinistra, progressisti, appartenere al "campo della pace", come Livni pretende, per sottrarsi all'odio antisemita. E' una cosa che gli ebrei di sinistra, da Cambridge/Boston dove ha sede Harvard, fino in Italia, ignorano. Non si sono salvati dalla Shoà gli ebrei fasciti, non si sono salvati dalle persecuzioni dell'Urss gli ebrei comunisti, non si salveranno dall'islamismo gli ebrei palestinisti.
La terza conclusione è che malgrado questo non mancano, nelle università americane come nei giornali e nei teatri (più che negli atenei) italiani, gli ebrei che odiano non se stessi (perché usano la loro posizione per ottenere soldi e potere) ma Israele e il popolo ebraico. Sono i peggiori nemici, perché forniscono pretesti e giustificazioni ai nuovi nazisti, permettono loro di ingannare il pubblico, vantando l'appoggio di questi ebrei antisemiti. Non ci dev'essere nessuna comprensione nei loro confronti.
Ugo Volli