Riprendiamo da DOMENICA del SOLE24ORE di oggi, 17/04/2016, a pag.29, con il titolo "Variazioni ashkenazite", la recensione di Gilberto Corbellini al libro di Baroukh Assael " Il gene del diavolo".
Gilberto Corbellini
Continua a esser vero, quel che diceva Spinoza,criticando la dottrina teologica del popolo eletto, cioè che gli ebrei non hanno assolutamente nulla che possano attribuire a se stessi, ma non ad altripopoli». Non di meno la loro storia è costellata di situazioni, molto uniche e molto tragiche, che hanno lasciato tracce determinanti nel loro pool genico. Per questo motivo la loro genetica è ricca di insegnamenti biologici, medici e morali sulla storia della nostra specie. In particolare, quando si tratta di affrontare malattie ereditare, che per esempio sono più comuni tra alcune comunità ebraiche, come gli ashkenaziti.
Fu Rabbi Simeon ben Gamliel a capire nei primi anni dell'era volgare che l'emofilia è ereditaria e si trasmette per via materna, per cui raccomandò di non praticare la circoncisione se anche il quarto figlio moriva per emorragia.
Circa settecento anni fa, poi, la popolazione di ebrei ashkenaziti attraversò un drammatico collo di bottiglia, trovandosi in poche generazioni ridotta da quasi 3omila individui, a meno di 350. Ciò a causa principalmente delle persecuzioni cristiano-medievali. Da quella piccola comunità discendono gli oltre 10 milioni di ashkenaziti nel mondo, e nel corso delle generazioni in cui la popolazione tornò a crescere, sempre con la tradizionale pratica dell'endogamia, si selezionò in parte casualmente (deriva genetica) e in parte per vantaggi adattativi in quei contesti (es. pressione delle malattie infettive), una batteria di mutazioni genetiche presenti con una frequenza molto più elevata, rispetto alle altre popolazioni umane o alla media generale. Per esempio la malattia di Tay Sachs, fibrosi cistica, disautonomia familiare, malattia di Gaucher, ecc
Variazioni genetiche che in alcuni casi probabilmente potevano potenziare alcune funzioni biologiche. Come l'intelligenza. Questo se fosse confermata l'ipotesi, al momento basata solo di dati circostanziali, che si possa spiegare geneticamente il fatto che il quoziente intellettivo degli ebrei ashkenaziti è più elevato (soprattutto per capacità verbale e di pensiero astratto) della media, ovvero che malgrado solo il 2% di tutti gli statunitensi discendano da ebrei ashkenaziti, lo sono il 25% dei premi Nobel agli Stati Uniti, il 25%deivincitori di Field Medal, ben 9 su 19 campioni del mondo di scacchi.
Le comunità ebraiche sono avanti al resto del mondo nelle strategie di comunicazione e uso etico dei dati genetici per ridurre l'incidenza delle malattie ereditarie.
Come racconta Assael nel suo bel libro sulla medicina genetica pubblica, negli Stati Uniti e in Israele si fa leva su programmi con forti connotazioni comunitarie e ultraortodosse,come Dor Yesharim,che raccoglie e usa dati genetici per prevenire, mediante consulenza prematrimoniale, la nascita di bambini con gravi malattie genetiche.
Il programma, insieme ad altre iniziative medico-sanitarie meno religiosamente connotate, ha portato alla quasi eradicazione della malattia di Tay Sachs e alla riduzione di diverse altre malattie: un po' come è accaduto in Italia con la talassemia.
Asseal racconta anche il successo del programma di prevenzione della fibrosi cistica in Veneto, di cui è stato protagonista come direttore del Centro Fibrosi Cistica di Verona.
Le questioni in discussione sono di rilevanza sanitaria, culturale, etica e politica.
Asseel ha posizioni sensate sulle diverse controversie, facendo capire che le politiche volte a prevenire le malattie ereditarie nulla hanno a che fare con l'eugenica storica, nelle sue varie derive totalitarie o illiberali. In alcuni passaggi il libro concede forse troppo a certe filosofie che discutono la "biopolitica"con strumenti inadattie dissonanti, affrontando questioni maledettamente serie sul piano antropologico, ma usando categorie come stato/comunità, biologia/cultura, etc nell'accezione largamente obsoleta della filosofia tradizionale.
Fino a qui abbiamo parlato di medicina geneticadi comunità. Quanto clinicamente utilizzabile la strumentazione genetica o genomica oggi nella ricerca sulle cause genetiche delle malattie e nei servizi sanitari? Esaminare i circa 255mila geni di un malato, costa oggi circa 1,500 euro. Poiché per capire meglio serve conoscere anche i geni dei genitori, il costo ammonta a 4.500 euro . Ma niente si sa su larghe parti del genoma, e un'equipe eccellente risolve il problema una volta su due. Se si va a guardare ai servizi di genetica clinica, i più efficienti risolvono il problema solo per un quarto dei bambini interessati da una condizione patologica ereditaria. L'ingresso della genetica nella clinica è indispensabile e inarrestabile, ma bisogna fare qualche calcolo su costi/efficacia e attendere che la scienza migliori e le tecnologie diventino ancora più efficienti e icosti ancora più ridotti.
II genetista e medico francese Arnold Munnich è una figura molto presente nel dibattito su questi temi nel suo paese, sia perché ha fondato e dirige Départment de génétique del-l'Hopital universitaire Necker — Enfant Malades, sia perché è stato per 6 anni consulente del Presidente Sarkozy. La sua preoccupazione è il determinismo genetico.
I malintesi della genetica sarebbero l'incapacità di capire come sia possibile che siamo determinati dai nostri geni, ma allo stesso tempo liberi. Anche se non proprio trasparente sul piano epistemologico, il libro è un elogio della conoscenza e della responsabilità che da questa deriva Il "non senso"più autentico e tragico della vita, l'aveva intuito Qohèlet, quando dettava: «ho applicato il mio cuore a conoscere la sapienza, come pure a conoscere la follia e la stoltezza; e ho compreso che anche questo è un cercare di afferrare il vento. Poiché dove c'è molta sapienza c'è molto affanno e chi aumenta la conoscenza, aumenta il dolore».
Però, una storia del Talmud che vede protagonista Rabbi Eliezer, racconta di una riunione di saggi che rifiutava in maggioranza di dargli ragione, contestando la pertinenza delle miracolose dimostrazioni che egli portava per affermare la propria "opinione" nello stabilire la legge.
Alla fine, il celeberrimo rabbino del primo secolo, chiama in causa "il cielo", e una voce celeste dice «perché ce l'avete con Rabbi Eliezer, mentre la legge è ovunque secondo la sua opinione».
Alche Rabbi Yehoshua risponde che «la legge non sta in cielo», per cui non ha senso dar retta a voci celesti, dato che la stessa Torà afferma che si deve seguire «l'opinione della maggioranza».
Interrogato sulla reazione di Dio, il profeta Elia rispose: «egli ha riso dicendo: i miei figli mi hanno sconfitto, i miei figli mi hanno sconfitto!» L'uomo può e deve cavarsela da solo, usando prove che sono alla portata della sua ragionevolezza e intelligenza. Qualunque scorciatoia porta dritta a un inferno.
Per inviare a Domenica/IlSole24Ore la propria opinione, telefonare: 02/30221, oppure cliccare sulla e-mail sottostante
sulla e-mail sottostante