Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/04/2016, a pag. 11, con il titolo "Renzi investe sul nuovo Iran; Rohani: 'Roma torni ad essere il nostro primo partner in Europa' ", la cronaca di Fabio Martini.
A destra: Hassan Rohani, Matteo Renzi.
Quasi tutti i quotidiani di oggi dedicano spazio alla visita di Matteo Renzi in Iran. Comprendiamo le esigenze di realpolitik di qualsiasi governo e i forti interessi economici sottesi a ogni accordo politico. Comprendere, d'altra parte, non significa approvare: quello che viene celato da questa visita in pompa magna - Renzi è il primo capo di un governo europeo a volare a Teheran dopo l'accordo sul nucleare dell'estate 2015 - è lo stato della violazione dei diritti nel più grande Stato terrorista del mondo. Ma non sono soltanto le quotidiane sevizie che colpiscono omosessuali e oppositori politici a essere quotidiane in Iran e a meritare ben altra attenzione: che dire della sottomissione imposta alle donne, l'antisemitismo di Stato, le minacce di distruzione di Israele, il negazionismo, il finanziamento del terrorismo in tutto il Medio Oriente, la corsa al nucleare e (a proprosito di 'cultura') il festival delle vignette antisemite? Tutte domande che Renzi avrebbe potuto porre a Rohani, ma che si è ben guardato di fare.
Ecco l'articolo:
Una vignetta antisemita che ha ottenuto la benedizione degli ayatollah con cui l'Italia fa affari
Nascosta dietro un cespuglio, la banda di Stato iraniana prova e riprova (con qualche stecca) l’Inno di Mameli, in attesa dell’arrivo di Matteo Renzi. Due, tre, cinque volte e la sesta è la volta buona, perché finalmente il corteo degli italiani entra nella verdeggiante ex residenza estiva dello Scià, oggi luogo di rappresentanza del governo iraniano: dall’auto blu scende Renzi e stringe la mano a Hassan Rohani, presidente dell’Iran ma anche capofila dell’ala riformista. I due si rivedono dopo appena 75 giorni dalla visita del presidente iraniano a Roma, prima capitale europea ad aprirgli le porte dopo la fine delle sanzioni e ora il capo del governo italiano è il primo leader occidentale di peso a far visita a Teheran. Uno scambio di cortesie quasi da Guinness dei primati, ma anche il segnale che è scattato qualcosa di importante tra i due Paesi: sulla scorta di uno storico rapporto di amicizia, Italia e Iran si stanno reciprocamente ritagliando qualcosa che somiglia ad un rapporto privilegiato. Una svolta. Nei rapporti commerciali ma anche in quelli politici.
Rohani, politico consumato, non poteva essere più esplicito e nelle dichiarazioni finali ha detto: «L’Italia è un vecchio e prezioso amico dell’Iran», «anche durante il periodo delle sanzioni ha avuto la posizione più equa» e se nel passato «è stato il primo partner commerciale europeo dell’Iran, vorremmo che tornasse ad occupare questo ruolo».
Poiché, attualmente, il primo partner è la Germania, il presidente iraniano è arrivato implicitamente ma pubblicamente ad auspicare un «sorpasso» dell’Italia. Se Rohani, personaggio che misura le parole, ha detto di puntare sull’Italia, l’Italia investe decisamente sull’Iran, a sentire Matteo Renzi: «Nel passato la tradizionale amicizia è stata coltivata da personaggi come Moro, Andreotti, Prodi» e ora «c’è bisogno di un rapporto ancora più forte», perché «la fine delle sanzioni è un passaggio storico». E perché i due Paesi sono uniti nella lotta al terrorismo dell’Isis con una comune convinzione: «Ci sono persone che confondono fede nell’Islam e terrorismo, una follia da combattere a livello culturale» e, ha insistito Renzi, «spero che al G7, con presidenza italiana, accanto alla collaborazione economica ci sia anche una collaborazione culturale e religiosa: la grande famiglia dei figli di Abramo affermi che le religioni monoteiste vogliono pace e dialogo e non violenza». E poco prima parole simili le aveva dette Rohani, accostando Cristianesimo e Islam, unite, a suo dire, in un afflato di pace.
Questo è l'Iran
Dunque, interscambio commerciale (implementato con un accordo col quale le Fs realizzeranno due reti ad alta velocità), ma anche un reciproco investimento politico: «Servono maggiori consultazioni per contribuire a risolvere i problemi in Sira, Iraq, Libia, Afghanistan e Yemen», hanno detto all’unisono Rohani e Renzi, che successivamente ha incontrato sia il presidente del Consiglio del Discernimento, Hashemi Rafsanjani, che la Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. È presto per capire se la crisi del rapporto con l’Egitto possa spingere l’Italia ad appoggiarsi su un partner importante come l’Iran, che peraltro gioca le sue partite più importanti su un quadrante diverso da quello libico, quello che più interessa l’Italia. Certo, è sempre pericoloso investire su Paesi con un passato come l’Iran e con un presente di ostilità feroce nei confronti di uno Stato come Israele, amico dell’Italia (e di Renzi), ma il presidente del Consiglio ha deciso di puntare su Paesi (l’Iran, l’Argentina) in fase di «rinascita» e il 20 aprile sarà a Città del Messico, un altro Stato nel quale le prospettive per le imprese italiane sono ugualmente allettanti.
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