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La Stampa Rassegna Stampa
11.04.2016 Sarebbe sbagliato chiedere scusa per Hiroshima. Ecco perché
Commento di Francesco Semprini

Testata: La Stampa
Data: 11 aprile 2016
Pagina: 12
Autore: Francesco Semprini
Titolo: «Perché Kerry non si scusa per Hiroshima»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 11/04/2016, a pag. 12, con il titolo "Perché Kerry non si scusa per Hiroshima", il commento di Francesco Semprini.

Bene ha fatto Barack Obama a non scusarsi per Hiroshima. Non perché lo sganciamento delle bombe atomiche nell'agosto del 1945 non sia stata una tragedia, ma perché grazie alle bombe atomiche gli Stati Uniti hanno ottenuto la fine della guerra con il Giappone, che se si fosse prolungata avrebbe provocato molte più vittime di quelle di Hiroshima e Nagasaki sia da parte americana, sia da parte giapponese. La scelta coraggiosa di sganciare le bombe atomiche sul Giappone, dunque, è da rivendicare come una scelta fondamentale per piegare la resistenza fanatica del Giappone di Hirohito e ottenere la cessazione delle ostilità. Se c'è qualcuno responsabile dell'accaduto, i giapponesi lo devono trovare nel loro imperatore, se si fosse arreso, l'America non avrebbe bombardato il loro paese.

Ecco l'articolo:

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Francesco Semprini

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Hiroshima, 6 agosto 1945

Nessuna scusa da parte dell’America per la bomba atomica di Hiroshima. La notizia arriva nel corso del vertice dei ministri degli Esteri del G7 in Giappone, e gela chi dava per certo il mea culpa degli Stati Uniti a 70 anni di distanza dall’estremo atto bellico. A rappresentare gli Usa in terra nipponica è John Kerry che a margine del summit ha visitato Hiroshima e deposto fiori al memoriale della tragedia del 6 agosto 1945. Al Parco della pace erano presenti anche John Roos e Caroline Kennedy (figlia del presidente Jfk) primo e secondo ambasciatore nominati da Barack Obama per la sede di Tokyo. Da parte del capo di Foggy Bottom non è giunta però alcuna scusa ufficiale: «Non ci sono richieste precise da parte del Giappone - avverte un alto funzionario Usa - e non è interesse di nessuno riaprire discussioni sugli eventi che hanno portato all’uso della bomba atomica».

«L’impegno di noi tutti - prosegue - è guardare al mondo che verrà e non a quello che ci siamo lasciati alle spalle». Un silenzio diplomatico che sottintende una tacita pacificazione definitiva tra Tokyo e Washington, senza bisogno di chiarimenti. Il tempo insomma ha fatto la sua parte, oltre 70 anni trascorsi da quando in Europa la Seconda guerra mondiale era ormai volta al termine e gli Usa impegnati ancora nel Pacifico contro le armate del Sol Levante decisero di chiudere la partita usando due ordigni nucleari. Mai era accaduto in un conflitto. La prima bomba atomica fu sganciata su Hiroshima e uccise 140 mila persone, la seconda tre giorni dopo su Nagasaki causò la morte di altre 80 mila persone.

Alcuni hanno parlato di «genocidio nucleare», altri lo hanno visto come un monito verso le mire espansionistiche dell’Unione sovietica, prologo alla Guerra fredda. In ogni caso si è trattato di una tragedia con conseguenze disastrose specie per i sopravvissuti, gli «hibakusha». Si riteneva così fosse giunto il momento delle scuse da parte di Washington anche alla luce del progetto di Obama di visitare lui stesso Hiroshima in occasione del G7 del 26 e 27 maggio a Ise-Shima. Mai un presidente Usa in carica si è recato al memoriale, e sarebbe un altro atto storico di politica internazionale dopo il viaggio a Cuba e l’accordo nucleare con l’Iran. Un modo per chiudere il percorso avviato nel 2009, appena insediatosi, col famoso discorso di Praga sul mondo senza armi nucleari che gli valse anche il premio Nobel per la Pace.

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