Riprendiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 10/04/2016, a pag. 37, con il titolo "Ghetto per letterati", la recensione di Giulio Busi.
Giulio Busi
Umberto Fortis, L'attività letteraria nel Ghetto (Venezia 1550-1650), Livorno, Belforte, pagg. 505, euro 30
Toglierle la malinconia sarebbe quasi come portarle via l'acqua e i canali. Venezia si culla placidamente nella tristezza, in uno sciabordio di canzonette, foto ricordo con pioggia e di certe sere in cui, finalmente, le calli si svuotano d'anime e si popolano di rimpianti. Mito nel mito, la città malinconica si stende verso la laguna, e inghiotte anche il «serraglio degli ebrei» - così lo chiamavano quando la Maestra ancora regnava.
Il ghetto, istituito dell'anno di (poca) grazia 1516, compie cinque secolie li dimostra tutti. Bello non è mai stato, con quelle sue case che svettano sprorzionate, sbilenche sui rivi. Mervigliosamente malinconico, quello sì, e non solo da quando è caduto in catalessi turistica. Di un certo ghetto preso nella rete dei dubbi, languido, tormentato, dà notizia un'amorevole antologia della letteratura ebraica veneziana dei tempi passati, curata da Umberto Fortis, massimo conoscitore della materia.
Il ghetto di Venezia
Sono testi d'età barocca, scritti per lo più in un italiano dignitoso, un po' contorto nella grammatica, come un vecchio legno piegato. Prendete David de' Pomis, il medico che, nel 1572, dipinge a tinte cupe «L'humana miseria»; oppure sfogliate l'opera Leone Modena, rabbino, giocatore d'azzardo, alchimista. O sedetevi con le rime di Sara Copio, bella e cagionevole, tra le mani. La religione ebraica, che pure è ancora forte, vitale, per tutti questi figli del ghetto, si tinge di una nervosa problematicità. La scrittura mezzo di autodifesa, le polemiche letterarie e teologiche con gli intellettuali cristiani sono un modo per riaffermare la dignità.
Non è un caso se l'eroina a cui tanti dedicano i loro versi è Ester, avvenente salvatrice del proprio popolo. Uscire dal recinto della segregazione è quasi impossibile, rassegnarsi fa ammalare di tristezza. Le case in ghetto divengono sempre più alte, le sinagoghe più numerose, i libri, quelli letti e quelli scritti, aiutano a resistere. Malinconici? Vivi.
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