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La Stampa Rassegna Stampa
09.04.2016 Egitto-Arabia Saudita, è l'ora del ponte sul Mar Rosso
Commento di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 09 aprile 2016
Pagina: 17
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Egitto-Arabia: un ponte sul Mar Rosso per collegare le due potenze sunnite»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 09/04/2016, a pag. 17, con il titolo "Egitto-Arabia: un ponte sul Mar Rosso per collegare le due potenze sunnite", il commento di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

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Un ponte di 32 chilometri attraverso il Mar Rosso unirà l’Egitto all’Arabia Saudita e diventerà la principale via d’accesso ai Luoghi santi musulmani per i pellegrini dal Nord Africa. Ma soprattutto unirà via terra le due principali potenze sunnite e arabe. È questo il risultato più vistoso della missione di Re Salman in Egitto cominciata ieri. Il sovrano si fermerà per cinque giorni e cementerà il suo rapporto con il presidente Abdel Fatah al-Sisi con aiuti e progetti di sviluppo per 22 miliardi di dollari. L’asse Riad-Il Cairo torna a modellare il Medio Oriente e fra dieci anni si potrà viaggiare fra le due capitali in auto.

Attraversare il Mar Rosso, oltre a dare suggestioni bibliche, avrà un forte impatto sull’economia. Prima di tutto per il flusso di visitatori verso la Mecca. Gli stranieri che ogni anno fanno i due pellegrinaggi (Umrah e Haji) sono quasi dieci milioni. La maggior parte di quelli nordafricani compiono il viaggio via terra e con traghetti inaffidabili. Il ponte potrebbe raddoppiare i flussi. I Paesi arabi dell’Africa e dell’Asia, poi, saranno di nuovo uniti da una via terrestre, dopo che la nascita di Israele nel 1948 li aveva separati.

Come sarà
Nell’altro senso, le località turistiche del Sinai, prima di tutto Sharm el-Sheikh, saranno collegate alle ricche città della costa arabica del Mar Rosso e la clientela saudita potrà in parte sostituire quella europea. Il primo progetto del ponte è del 1998 e stava per essere finalizzato da Hosni Mubarak nel 2011. Poi la Primavera araba ha bloccato tutto. Ora il progetto Al Sisi-Re Salman dovrebbe ricalcare quello originario: la via d’accesso saudita sarà a Ras Hamid, il ponte poggerà su piloni nelle acque basse fino all’isola di Tiran, poi proseguirà, con parti sospese sopra i punti più profondi degli Stretti di Tiran, fino alla città egiziana di Ras Nasrani.

Il costo è stimato in 5 miliardi di dollari, ripagabili in 10 anni di pedaggi. Una delle sfide maggiori sarà la tutela dell’ambiente. Gli Stretti di Tiran sono un susseguirsi di acque basse dai fondali ricchi di pesce e barriere coralline, con tre «canali» naturali, profondi 290, 73 e 16 metri, che permettono il passaggio delle navi mercantili. Attraverso gli Stretti di Tiran arrivano gran parte delle merci dall’Asia verso Israele e Giordania, che hanno porti nel Golfo di Aqaba.
Per questo gli Stretti di Tiran sono strategici e sono stati la causa scatenante della guerra del 1967, quando Israele occupò il Sinai in sei giorni perché temeva fra l’altro la chiusura della via d’acqua. Ora il Sinai deve affrontare un’altra guerra. I combattenti dell’Isis occupano il Nord della Penisola. Nel Sud, dopo l’abbattimento dell’Airbus russo il 1° novembre scorso, gli arrivi turistici sono crollati. Il ponte dovrebbe ridare slancio al commercio e posti di lavoro ai giovani delle tribù beduine, bacino di mano d’opera per lo Stato islamico. Anche se, già nel 2011, gli ambientalisti avevano avvertito dei rischi per le barriere coralline.

Obiezione che difficilmente Al Sisi terrà in considerazione. Il raiss è indebolito dalla crisi delle relazioni con l’Italia per l’uccisione di Giulio Regeni, dal malcontento sociale e dalla sfida islamista. Per questo, nonostante il dissenso sull’intervento nello Yemen che Il Cairo non ha voluto sostenere con truppe di terra, l’alleanza con l’Arabia Saudita è vitale. Le due potenze sunnite, con la forza demografica dell’Egitto e quella finanziaria saudita, potrebbero formare un «Califfato anti-jihadista», e risollevare l’orgoglio arabo senza passare per la guerra all’Occidente.

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