Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/04/2016, a pag. 11, con il titolo "L'anno del boia: nel 2015 record di esecuzioni", il commento di Enrico Caporale.
Escludendo la Cina e la Siria, in cui i dati sulla pena di morte sono segreti o impossibili da raccogliere per via della guerra, tutti i Paesi che nel 2015 hanno comminato ed eseguito più condanne a morte sono musulmani. Al primo posto, con quasi 1000 esecuzioni (tre al giorno in media) c'è l'Iran, riammesso a pieno titolo nel circuito delle relazioni diplomatiche ed economiche dallo sciagurato accordo voluto da Obama. All'Iran, un Paese fondato sull'integralismo dell'islam sciita, seguono i sunniti Pakistan e Arabia Saudita: sempre di Paesi islamici, però, si tratta.
Ecco l'articolo:
Enrico Caporale
Esecuzioni capitali nelle pubbliche piazze: accade ancora in Iran, leader mondiale per la pena di morte
Nel 2015 almeno 1634 persone sono state messe a morte in 25 Paesi tramite decapitazione, impiccagione, iniezione letale e fucilazione. Secondo Amnesty International si tratta del numero più alto di esecuzioni dal 1989 (sul 2014 è stato registrato un incremento del 54 per cento). Escludendo la Cina (dove le informazioni sulla pena di morte restano segreto di Stato) e la Siria (dove non è stato possibile raccogliere dati a causa della guerra), quasi il 90 per cento delle esecuzioni si è verificato in Iran (977), Pakistan (326) e Arabia Saudita (158). A Riad e Teheran il numero di pene capitali è aumentato rispettivamente del 76 per cento e del 31 per cento. Tuttavia, a creare allarme è soprattutto il Pakistan. Qui nel 2014, dopo l’attacco taleban contro una scuola di Peshawar, il governo ha sospeso una moratoria durata sei anni e nel 2015 Amnesty International ha registrato il maggior numero di esecuzioni in un anno.
Ma non tutto è negativo. Nonostante i passi indietro, il mondo continua a marciare in direzione dell’abolizione del boia. Quattro Paesi (Figi, Madagascar, Repubblica del Congo e Suriname) hanno rinunciato alla pena capitale, portando il totale dei Paesi completamente abolizionisti a 102. Quanto alle nuove condanne a morte, lo scorso anno ne sono state registrate 1998 in 61 Paesi, un dato in netta diminuzione rispetto a quello di 2466 registrato nel 2014. Bene negli Stati Uniti dove le condanne sono scese da 72 nel 2014 a 52 nel 2015, il numero più basso registrato dal 1977, anno della ripresa delle esecuzioni (nel 2015 ferme a 28).
Anche altri Paesi hanno fatto registrare progressi: a dicembre la Mongolia ha approvato un nuovo codice penale che entrerà in vigore quest’anno e che abolisce la pena di morte; il governatore della Pennsylvania ha istituito una moratoria sulle esecuzioni; Cina e Vietnam hanno ridotto il numero di crimini punibili con la pena capitale; e la Malesia ha annunciato riforme per rivedere le leggi che riguardano il boia.
Come ha commentato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International, «il 2015 è stato un anno di estremi. Abbiamo assistito a sviluppi inquietanti ma anche a passi avanti che ci hanno dato speranza. Nel lungo periodo la tendenza resta chiara: il mondo si sta liberando del boia. I Paesi che ancora eseguono condanne a morte devono rendersi conto che si trovano dal lato sbagliato della storia».
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