Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/04/2016, a pag. 27, con il titolo "Alla ricerca di Emanuele Artom", il commento di Paola Italiano.
«Via Artom» sarà presentato oggi alle 18 al Circolo dei Lettori di Torino. Con l’autore, Alberto Cavaglion, docente di Storia dell’Ebraismo all’Università di Firenze e Paolo Manera, direttore della Film Commission Torino Piemonte.
La copertina
C’è un nome, a Torino, che ha avuto uno strano destino. È quello di Emanuele Artom, eroe partigiano, giovane intellettuale ebreo catturato dalle Ss italiane, torturato e ucciso in carcere. Sepolto sulle sponde del Sangone, il suo corpo non fu mai ritrovato. Sul torrente passa la strada che la città gli ha intitolato, in una periferia che la migrazione dal Sud popolò a dismisura, con tutti i problemi che la rapida urbanizzazione si portò dietro.
Mirafiori Sud è diventata sinonimo di emarginazione e poi di criminalità, violenza, droga. E il nome dell’eroe ha perso la potenza evocativa del suo sacrificio per associarsi sempre di più alla fama del quartiere: dicevi «via Artom» e venivano in mente «le Torri», mostri di cemento generati dall’emergenza abitativa. Due sono state abbattute nel 2003: è stato il rito catartico con cui la città ha cercato di cancellare con la dinamite un passato che sentiva vergognoso. Da recuperare, tra le macerie, anche il ricordo del giovane Artom.
Emanuele Artom
Sulle tracce di quella memoria è andato Alessandro Musto, all’esordio letterario con il romanzo Via Artom, vincitore del premio La Giara per i giovani scrittori e pubblicato da Rai Eri. Nato e cresciuto a due passi dalla strada che per lui bambino era solo un posto da cui tenersi alla larga, Musto ha attinto ai diari del partigiano per ricostruirne gli ultimi anni. Ma ci sono altri protagonisti nel libro, altre gioventù. A partire da Fabio: trentenne, come Artom, 60 anni dopo Artom, all’inizio degli anni Duemila. Come l’autore, Fabio è di Mirafiori, e assiste dalla sua camera allo spettacolo della demolizione delle torri.
«E’ un personaggio in perfetta antitesi con quello di Emanuele – spiega Musto -: egoista, governato da desideri elementari e da un acuto spirito di rivalsa personale».
Il diario di Emanuele Artom (Bollati Boringhieri ed.)
Le narrazioni sono alternate, i piani temporali non si incrociano mai. Sono i luoghi i fili che legano le storie: oltre a via Artom, c’è l’appartamento in cui Emanuele abitava e in cui capita anche Fabio. «Per Emanuele – dice l’autore – quella luminosa casa di famiglia è solo una base di partenza che a un certo punto non basta più. Per Fabio, l’appartamento è solo un approdo, un rifugio dalla complessità della vita». Il confronto implicito tra i due è impietoso verso Fabio, incapace di quella «felicità perfetta, compiuta», che lo scrittore immagina per Emanuele in montagna, con il fucile, mentre gli scatta una foto inesistente a pochi mesi dalla morte, avvenuta il 7 aprile 1944.
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