Gentilissima Redazione, spero di aver frainteso l'articolo odierno del prof. Panebianco, perché, se l'ho capito bene, allora dobbiamo preoccuparci davvero. Sancire noi stessi la fine della presenza cristiana in Siria ed Iraq, consentendo a che siano spazzate via comunità che sono le discendenti dei popoli indigeni, preislamici? Se lo faremo, se non ci opporremo, poi sarà il turno del Libano e un giorno verrà, Dio non voglia, il nostro turno, qui in Europa. Cedere terreno incoraggia le propensioni aggressive. Forse saranno necessari trasferimenti di popolazioni, per ottenere significativi accorpamenti di popolazioni culturalmente omogenee, ma i cristiani devono avere, in tal caso, la loro parte in Medio Oriente, non l'esilio in Europa, America, Australia e la perdita della loro identità linguistica e culturale. Lo stesso vale per l'idea di negoziare con associazioni e comunità islamiche. I nostri Stati sovrani dovrebbero negoziare il rispetto delle nostre leggi da parte di chi, cittadino o straniero, risiede nei nostri Paesi? Che cosa resterebbe della nostra sovranità e libertà? Molto cordialmente,
Annalisa Ferramosca
Non crediamo che Angelo Panebianco intendesse sostenere qualcosa del genere. In ogni caso non lo facciamo noi, da sempre attenti a denunciare le persecuzioni contro i cristiani in Medio Oriente - persecuzioni invece spesso ignorate dai media occidentali e persino da diverse Chiese.
IC redazione