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Il ghetto di Venezia: una polemica. Risponde Ugo Volli 02/04/2016

La risposta di Volli è la riprova che la sua conoscenza della storia veneziana e di quella delgi ebrei a Venezia sia piuttosto abborracciata, specialmente per ciò che riguarda i loro rapporti con la Serenissima. Tutto ciò che riguarda il ghetto lagunare e la sua regolamentazione era frutto di negoziazione tra gli ebrei e le istituzioni pubbliche, non di mere imposizioni di queste ultime nei confronti dei primi come accadeva negli altri ghetti. Non per nulla gli ebrei europei vedevano nella Serenissima una sorta di porto sicuro rispetto ai rischi a cui incorrevano in altri Stati europei. Al riguardo, esiste abbondante letteratura anche recentissima. Con un minimo di umiltà, è sempre bene documentarsi eed eviutare chiché stereotipati e di maniera.

Maurizio Del Maschio

 Risponde Ugo Volli:

 In questa replica il lettore ripete quasi senza modifiche le stesse parole della lettera precedente, compreso uno sgradevole attacco ad personam, che non è un argomento. Da che cosa deduce io abbia non abbia letto abbastanza su Venezia se non dal nostro dissenso? E' difficile discutere in queste condizioni, ma comunque ci provo. In primo luogo, i “negoziati” fra gli ebrei e la Serenissima: la possibilità di una minoranza disarmata e perseguitata di trattare con un potere duro e autoritario come fu la Serenissima non potè che essere solo formale, anche se i documenti registrano degli “accordi” e non solo degli ordini. Del resto questa non è affatto una specificità veneziana: gli ebrei hanno sempre negoziato (o tentato di negoziare) con tutti i poteri cui furono sottoposti, per quanto nemici, da Assuero ai Romani ai papi, come racconta molto bene Yoseph Yerushalmi in "Servitori di re".Perfino coi nazisti vi furono molti tentativi di comprare un po' di sopravvivenza in più. Il “porto sicuro”: certamente Venezia nel Cinquecento era uno dei luoghi dove gli ebrei cercarono di sfuggire alla morte o alla conversione, come del resto altri stati non necessariamente tolleranti come il Nordafrica, i domini ottomani in Europa, la Boemia o la Polonia. Ma già a partire dall'ultimo quarto del Cinquecento i Paesi Bassi erano un luogo assai più libero e sicuro per gli ebrei di Venezia e dal 1590 lo divenne Livorno, che non conobbero ghetti. Dal Seicento in poi Venezia non fu più un luogo di accoglienza privilegiato. In generale naturalmente non penso affatto che Venezia fosse particolarmente inospitale per gli ebrei, come lo furono fra il Cinquecento e la fine del Settecento la Spagna, il Portogallo, la Francia, la Gran Bretagna. A me sembra però francamente un po' grottesco presentare la prima prigione obbligatoria per gli ebrei ufficialmente istituita da uno stato come un luogo di libertà e di tolleranza, da ricordare con gratitudine. Che vi siano degli studi apologetici sulla Serenissima non mi meraviglia affatto, ancora oggi è un tema politico, segnato dall'ideologia. Del resto oggi vi sono anche coloro che sostengono che lo stato di sottomissione degli ebrei nell’Islam fosse splendido, sempre per ragioni ideologiche. Ma non bisogna esagerare, come si fa ricordando il ghetto (o la dhimmitudine sotto l’Islam) come fosse stato una libera scelta e un aiuto e non come una misura repressiva che costrinse gli ebrei veneziani a durissimi disagi e a una grave perdita della libertà di movimento.


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