Il focolaio dell'odio
IC7 - Il commento di Davide Romano
Dal 20 al 26 marzo 2016
Terrorismo e media: un binomio notevole per lo Stato islamico
Ogni volta che c'è un attentato qualche esperto ci ricorda che la vera guerra in atto è interna all'islam. Alcuni di questi lo dicono come per rassicurarci. Iniziamo allora a riconoscere che costoro hanno ragione, ma la cosa è tutt'altro che rassicurante. Anzi. Se è vero che la stragrande maggioranza delle vittime del terrorismo sono musulmane, è perché l'odio all'interno delle diverse comunità islamiche è molto diffuso è spietato. Dirò di più, anche se può apparire assurdo e perfino offensivo: per i jihadisti il terrorismo in Europa e in Occidente in generale, è un'attività secondaria. Essendone noi le vittime, è un concetto difficile da digerire. Ma se guardiamo i dati, i numeri, così è. Questo non deve farci dimenticare le persecuzioni che le minoranze religiose hanno vissuto in molti Paesi arabo-musulmani, facendole andare via (spesso scappare a gambe levate, dopo secoli di convivenza in terra d'islam) nel corso dell'ultimo secolo. Di solito ad andarsene via toccava prima agli ebrei, e poi ai cristiani. Proprio come recita un agghiacciante detto jihadista: "prima il sabato, poi la domenica".
Ma torniamo al terrorismo in Occidente, e andiamo fino in fondo al ragionamento iniziale: se l'odio tra musulmani è così forte perché colpiscono anche noi in Occidente? E' terribile a dirsi: ma per i terroristi colpire uno o più "infedeli" è spesso una forma di spot pubblicitario. Serve cioè a dire: "vedete cosa siamo capaci di fare? vedete che noi non scherziamo? noi siamo i veri duri!! Unitevi a noi dunque, se volete fare parte della squadra migliore!". Non è un caso se da Al Qaeda a New York, a Hamas in Israele, passando per l'Isis a Parigi e Bruxelles, le stragi sono rivendicate e pubblicizzate con orgoglio da queste organizzazioni. Contrariamente ai massacri nazisti o comunisti, che furono nascosti per non alienarsi le simpatie del mondo civile, i jihadisti si rivolgono a un pubblico che evidentemente ha una mentalità diversa e gusti diversi. Mentre il regime sovietico non raccontava ai comunisti nostrani le torture, i gulag o o i processi farsa per paura di alienarsi le loro simpatie, i fanatici islamici operano diversamente. Loro sono orgogliosi della morte che somministrano. Confezionano infatti video che diffondono loro stessi, dove vengono illustrate le esecuzioni di prigionieri innocenti a cui viene mozzata la testa. Sanno che al loro pubblico piace la morte. Nella loro ottica, più cristiani o ebrei o musulmani "traditori" uccidi, e più ti distingui.
Il problema vero dunque, è la massa di persone che risponde a questa pubblicità regresso. Lo stesso spot sanguinario infatti non avrebbe successo nella comunità cristiana o ebraica. E qui sta il punto vero: esiste un odio che gira all'interno della comunità islamica, pronto a essere raccolto. Ieri da Al Qaeda, oggi dall'Isis e domani da qualcun altro. E' inutile dunque andare "solo" a colpire gli attentatori, i pesci piccoli. Costoro si muovono in un contesto sociale che simpatizza per loro. Esattamente come le Brigate Rosse in Italia negli anni '70, che godevano di un sostegno morale a sinistra. Se dunque ci limitiamo a combattere gli effetti di questo odio e non le cause (l'integralismo islamico e l'odio che ne deriva), non riusciremo mai a fermarli.
Davide Romano
Portavoce della sinagoga Beth Shlomo di Milano, conduttore televisivo, scrittore, autore di opere teatrali, collabora con La Repubblica - Milano